Marco Pavone, Direttore della Ricerca Sui Veicoli Autonomi di NVIDIA e Professore a Stanford

 

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Mi ha sempre colpito che alcune persone, e soprattutto alcuni imprenditori, non abbandonano mai i loro sogni di infanzia. Il nostro ospite di oggi e’ uno di loro: nel 1997 Marco Pavone, oggi Professore di Aeronautica ed Astronautica a Stanford e Direttore del Laboratorio di sistemi autonomi e il Centro di Ricerca Automobilistica, guardava uno dei primi robot atterrare sulla superficie di Marte. Questa immagine non lo ha mai lasciato ed ha trovato un modo di far parte del futuro dell'esplorazione spaziale. 

Dopo una laurea in ingegneria informatica all'università di Catania, Marco parte per gli Stati Uniti per conseguire un PHD in aeronautica e astronautica al MIT, una delle migliori università scientifiche al mondo, ed entra poi nel mitico team del Jet Propulsion Lab, JPL, il centro di ricerca della NASA dell'esplorazione robotica del sistema solare. 

Avrà una carriera eccezionale, coronata da premi come il NASA Early Career Faculty Award. Ha anche ricevuto dalla mano del Presidente Barack Obama il Presidential Early Career Award.

Oggi Marco è una delle figure principali che porta avanti la ricerca sui veicoli autonomi e le auto senza conducente a Stanford e ad NVIDIA, leader globale nel campo del AI computing. Camilla ed io siamo andate a trovare Marco a Stanford e ci siamo divertite a vedere le varie macchine che il team aveva trasformato in veicoli autonomi, tra cui la macchina di Back to The Future. In questa chiacchierata Camilla e Marco parlano di tutte queste innovazioni e del ruolo centrale che il mondo universitario gioca in Silicon Valley. Ascoltiamo. 

 

TRASCRIZIONE EPISODIO

Camilla Scassellati (00:00:00) - Come i nostri ascoltatori sanno perché siamo nel bel mezzo della nostra serie che abbiamo chiamato Made It in Silicon Valley in cui stiamo parlando con tantissime persone appunto in Silicon Valley, e ci stiamo interrogando molto sul ruolo che le università giocano nel promuovere l'innovazione negli Stati Uniti in generale ma in Silicon Valley, ovviamente, in particolare. E quindi ci fa molto piacere poter parlare con te anche per avere la visione di qualcuno che appunto sia insegna all'università più prestigiosa della Silicon Valley ma anche che ha un piede nel diciamo nel nell'innovazione proprio lavorando anche per una corretta. Volevo iniziare come al solito dal tuo percorso e ci piace iniziare dall'inizio sei un ingegnere con una laurea in Ingegneria dell'Università di Catania e un PhD in aeronautica e astronautica da MIT. Ne abbiamo già parlato di questa università. Ci puoi prima di cominciare per noi diciamo ignoranti, ci puoi spiegare di cosa parliamo quando parliamo di aeronautica e astronautica?

 

Marco Pavone (00:01:03) - Sì, l’astronautica è il campo che studia i sistemi aerospaziale, quindi sia sistemi aeronautici, aeroplani, sia sistemi spaziali nel senso puro, quindi sostanzialmente satelliti o sistemi spaziali per esplorare altri corpi nel sistema solare, come la Luna, Marte o asteroidi e così via.

 

Camilla Scassellati (00:01:26) - Pensavo che fosse un buon modo di cominciare per avere una base di, diciamo, comprensione sul tuo percorso. E quindi come ti sei appassionato a queste materie? E mi ricordo che ci avevi raccontato che in realtà hai una formazione al liceo classico e poi però hai deciso di seguire Ingegneria che così a vedersi non è la cosa più ovvia. Però mi ricordo che c'era una connessione sul perché.

 

Marco Pavone (00:01:49) - Sì, la mia formazione umanistica ha fatto il liceo classico, è piaciuto molto, però insomma, sin da bambina sono sempre stato appassionato di argomenti aerospaziali, esplorazione planetaria e proprio durante la fine del mio percorso scolastico un robot atterrato, forse più precisamente appartato su Marte e quello mi aveva colpito molto. Al punto, insomma, da decidere di dedicare la mia carriera professionale a quell'argomento. Quindi da quel momento ho deciso di compiere tutti i passi, a partire dalla laurea in Ingegneria che alla fine mi hanno condotto poi un po'di anni dopo a diventare un impiegato della NASA, cioè Propulsion Lab che è il centro della NASA che si occupa appunto del programma di esplorazione del sistema solare con sistemi robotici.

 

Marco Pavone (00:02:41) - Quindi in quel modo, chiudendo un po’ il cerchio rispetto al sogno che avevo da bambino.

 

Camilla Scassellati (00:02:46) - È interessante che almeno in modo anche anecdotally, so che tantissime persone che hanno un percorso dell'astronautica nell'aeronautica iniziano con un sogno da bambino, quindi vedi una missione su Marte, vedi un articolo, vidi qualcosa legato allo spazio e ti rimane dentro e diventa quasi un motore per appunto seguire tutti i passi complicati, complessi e complicati che servono per arrivare. Poi avere una carriera in questo mondo secondo te perché c'è? Ti ricordi un po’ cosa in realtà ti ha mosso? Perché dovevi essere abbastanza piccolo quando hai letto questo primo articolo.

 

Marco Pavone (00:03:21) - E vedere che la maggior parte dei bambini in realtà sono per lo meno affascinati dallo spazio, dalle stelle, dai pianeti. Anche perché lo spazio un po’ incarna, esemplifica il concetto di esplorazione, di curiosità che penso sia innato nell'essere umano. Quindi secondo me la differenza non è tanto fra i bambini cui piacciono le materie spaziali a cui non piacciono, ma più che altro fra tutti i bambini. Qui secondo me, in un modo o nell'altro piacciono le materie non spaziali, quelle che poi eventualmente alla fine deciderà di rendere alla propria professione.

 

Camilla Scassellati (00:03:57) - Abbiamo detto appunto che è una formazione classica, penso che ti abbia preparato adeguatamente, poi a seguire degli studi scientifici so che c'è un po’ di a volte preconcetto che uno non possa fare uno e poi cambiare passare all'altro che comunque si ritrova poi molto indietro.

 

Marco Pavone (00:04:13) - Secondo me è preparato benissimo, nel senso che chiaramente i primi tre quattro mesi del percorso di laurea c'è un po’ un cosiddetto gap di conoscenza fra chi viene dallo scientifico o comunque da istituti scientifici professionali e chi viene dal classico ma in realtà da un punto di vista di conoscenze si colma nel giro dei primi tre quattro mesi, quindi, non è un gap eccessivo. D’altra parte, da un punto di vista di forma mentis secondo me aiuta molto, soprattutto ad esempio la lingua greca. Secondo me è un'ottima preparazione per le materie scientifiche, nel senso che è una lingua molto complessa in cui ciascun ciascuna parola può significare dieci cose diverse e quindi quando. Sia una frase da tradurre, le combinazioni dei vari significati è enorme e quindi lo sforzo è cercare di ridurre lo spazio di tutte le possibili combinazioni a cinque sei combinazioni plausibili e poi selezionare quella che ha più senso per quelle più o meno un processo che si fa in ambito ingegneristico a partire da un numero di possibilità vastissime.

 

Marco Pavone (00:05:25) - Ridurre il problema alle sue parti più fondamentali e poi, sulla base di quella comprensione costituire un sistema quindi da un punto di vista di processo secondo me molto bene, per questo io devo dire che mi sono trovato molto bene quando poi ho avuto una transizione nelle facoltà di Ingegneria.

 

Camilla Scassellati (00:05:42) - Sia una bellissima lettura e mi ricordo che appunto ce l'avevi raccontato quando ci siamo conosciuti. Di questa connessione tra il greco e le materie scientifiche o l'ingegneria che effettivamente non è non è così ovvia per perché appunto non c'ho pensato ma mi è piaciuta moltissimo e come ho detto hai fatto un PHD a TMT che è ovviamente ehm una delle università scientifiche, se non l'università scientifica, più prestigiosa al mondo. Quindi ti vogliamo chiedere che.

 

Marco Pavone (00:06:11) - La prima era Stanford

 

Camilla Scassellati (00:06:15) - Attenzione! Diciamo le top 2, quindi ti sei mosso dalla numero uno al numero due, che sono sempre in combattimento quindi per nulla togliere a Stanford e volevo chiederti come ci sei arrivato e mi ricordo che all'inizio non avevi non avevi tanta voglia di partire per l'America e lasciare l'Italia andare ma avevi addirittura quasi rifiutato la prima la prima proposta che avevi avuto di trasferirti lì per studiare.

 

Marco Pavone (00:06:42) - Esatto. Come dire capita spesso nella vita ci sono diciamo le cose si sono realizzate in maniera un po’ casuale, ma intenzionale, nel senso che avevo intenzione di proseguire il mio percorso ingegneristico indirizzandolo sempre di più verso l'argomento aerospaziale, ma non sapevo esattamente come e quindi avevo cominciato a parlare con diverse persone dell'Università di Catania di quali potessero essere le possibilità per continuare il percorso. Non necessariamente all'interno dell'università però all'interno del campo aerospaziale. Durante una di queste conversazioni un professore con cui ho parlato mi ha menzionato di un suo amico alle medie che lui aveva incontrato quando aveva fatto un postdoc elementi che poteva essere interessato ad assumere studenti e quindi insomma per farla breve mi ha messo in contatto con questo professore abbiamo cominciato a interagire ho fatto la mia tesi di laurea con questo professore negli Stati Uniti e poi le cose sono andate bene e quindi c'è stato l'interesse di proseguire con un dottorato. Nel contempo era ancora un po’ titubante se lasciare l'Italia o meno, quindi all'inizio avevo un po’ congelato questa possibilità. Avevo preso un lavoro a Milano nel campo della consulenza aziendale, però dopo tre quattro mesi si è che mi si era rivelato chiaro che il mio percorso era più proprio nella ingegneria pura, per così dire, piuttosto che nella consulenza.

 

Marco Pavone (00:08:24) - Allora a quel punto ho deciso di dedicarmi al dottorato.

 

Camilla Scassellati (00:08:28) - E ci sono lezioni di vita. Ovviamente non ti chiedo di tutto quello che hai imparato a livello tecnico. E proprio di sapere appunto lezioni di vita che hai imparato a MIT e che ti porta ancora dietro. So che è un posto abbastanza magico, mistico e leggendario.

 

Marco Pavone (00:08:47) - Non so se chiamarla lezione di vita e chiaramente moltissime esperienze che mi hanno formato. Probabilmente una lezione, quella sostanzialmente di essere umile. Ad esempio all'Università di Catania ero sostanzialmente uno dei più bravi. Una volta andato ammette chiaramente ci sono tantissime altre persone molto brave quindi sempre essere consapevoli che sebbene si possa essere molto bravi nel proprio campo, ci sono tantissime altre persone brave quindi essere sempre umili e non diciamo boriosi altre lezioni di vita che sicuramente metti in stile quello ma questa è una cosa insomma anche l'educazione italiana è stile quello di essere sempre consapevoli che si impara nel corso di tutta la propria vita, quindi non si finisce mai di imparare con la laurea non si finisce di imparare con il dottorato. È interessante notare che nel mio campo la maggior parte degli argomenti che tratto attualmente non esistevano neanche quando ho fatto il mio dottorato e quindi la lezione di vita è che sì, imparare le materie è importante, ma la cosa più importante è imparare ad imparare.

 

Camilla Scassellati (00:09:59) - Un altro ospite che abbiamo dato sul podcast, che è andato a MIT, ci ha raccontato che di base tutti hanno quella che si chiama imposter syndrome, perché tutti pensano di essere finiti lì per sbaglio, di essere assolutamente… A un tratto ti ritrovi che ti senti nella media, quindi c'è un po’ di, un po’ di Se sei fortunato, se sei nella media si dice un po’. In un certo senso.

 

Marco Pavone (00:10:20) - Devo dire io personalmente non importa in realtà può essere anche un problema, fortunatamente che hanno vissuto come sindrome, più che altro come una realizzazione, anzi una spinta. Focalizzarmi e concentrarmi di più.

 

Camilla Scassellati (00:10:33) - E dopo MIT sei andato a lavorare al famoso Jet Propulsion Lab della NASA, ti chiedo di nuovo di raccontarci cos'è. JPL si chiama anche così e se ci puoi raccontare qualche aneddoto di questo posto e appunto quali sono le missioni del  laboratorio.

 

Marco Pavone (00:10:51) - La NASA ha vari centri negli Stati Uniti dalla costa est fino alla costa ovest. Alcuni centri si focalizzano più sulla esplorazione umana del sistema solare in particolare della Luna dell'orbita terrestre.

 

Marco Pavone (00:11:09) - Il Jet Propulsion Lab, il centro della NASA ubicato a Pasadena, che è vicino a Los Angeles, che si occupa dell'esplorazione robotica del sistema solare, quindi senza astronavi e il JPL ha sostanzialmente mandato nel corso degli anni tonde robotiche più o meno in tutti i corpi principali del sistema solare. Probabilmente le missioni più note sono quelle su Marte, su cui non sono mandato sonde che orbitano o passano vicino al corpo solare, ma anche a mandato Rover robot, sostanzialmente macchine robotiche che guidano stunt che si muovono sulla superficie marziana. E da ultimo ha anche inviato un piccolo elicottero che assiste il rover nella esplorazione marziana. Ci sono molte motivazioni chiaramente dietro all'esplorazione robotica del sistema solare, giusto per citarne alcune. Capire chiaramente meglio come si è formato il sistema nel nostro sistema solare e se magari in passato ci sono state forme di vita, aneddoti, ce ne sono molti. Ad esempio un aneddoto secondo me simpatico è che c'è un clipper a JPL che è molto particolare, nel senso che ci sono i vari pianeti che sono dei magneti che girano e uno deve fare il diciamo lanciare la pallina in maniera tale da utilizzare la spinta dei vari pianeti per arrivare in un target.

 

Marco Pavone (00:12:45) - Diciamo una rivisitazione molto alla JPL del concetto di flipper però diciamo in maniera più seria. Sicuramente una delle cose più affascinanti è che il giorno della mia interview. Mi hanno portato a vedere la base in cui costruivano il robot che poi alla fine è stato mandato su Marte. Quindi è molto affascinante vedere tutto il processo. E come ultimo aneddoto, il primo giorno di lavoro. Io mi aspettavo che come training, come addestramento mi facessero chissà che. Una delle cose principali è stata cosa fare nel caso in cui ci si trovi un serpente a sonagli nel proprio ufficio oppure un orso nel proprio ufficio? Perché viene fuori che JPL è molto vicino alle montagne che sono solito al nord di Los Angeles e quindi di notte spesso vengono giù e quindi sono tutti gli animali selvaggi, ed è abbastanza comune in realtà trovare serpenti o.

 

Camilla Scassellati (00:13:39) - Semi terrestri anziché terrestri.

 

Marco Pavone (00:13:43) - Una mattina ho ricevuto un messaggio sul mio cellulare “Non venire assolutamente in ufficio che c'è un orso nel tuo edificio. Dobbiamo ancora catturarlo”. Anche questo aspetto.

 

Camilla Scassellati (00:13:53) - È una cosa che uno si aspetta da persone che pensano a Marte o allo spazio per il 90% della giornata.

 

Camilla Scassellati (00:14:02) - E ci puoi raccontare, appunto. Poi volevo dire il progetto, ma l'articolo è sul past finder che è andato a Marte che hai letto da ragazzo, immagino fosse un progetto del JPL, quindi praticamente al momento per te di essere veramente arrivato nel posto che sognavi e ci puoi raccontare appunto al progetto qualche progetto a cui hai lavorato quando eri libero.

 

Marco Pavone (00:14:26) - Hai lavorato a vari progetti, ma due progetti fondamentali uno al programma marziano quindi sostanzialmente la parte di cosiddetti algoritmi decisionali che permettono a un robot di atterrare sulla superficie marziana e dell'altro parte gestivo un programma di esplorazione di corpi molto piccoli del sistema solare quindi sostanzialmente asteroidi e comete. E la differenza principale fra un asteroide e Marte che chiaramente una strada molto più piccola e quindi la gravità è molto molto più bassa che su Marte. Quindi sostanzialmente se ti dovessi prendere alzare a due metri d'altezza e farti cadere ci metteresti circa 1 minuto prima di toccare la superficie per farti capire come è debole la gravità su quei due corpi? Ora, qual è l'impatto sull'esplorazione robotica e quindi sul disegno dei robot? È che siccome la gravità è così bassa, c'è poca attrazione.

 

Marco Pavone (00:15:28) - Quindi sostanzialmente una ruota, che è uno dei meccanismi principali per muoversi è slitta e quindi non permette. Il robot non permetterebbe al robot di muoversi e quindi ho disegnato un nuovo sistema di mobilità che si basa su un concetto di mobilità completamente diverso rispetto a quello classico, ad esempio, che si trova su Rover marziane che sostanzialmente consiste sul muovere delle masse interne che danno vita a dei saltelli sulla superficie. Un sistema di locomozione che sulla Terra non avrebbe molto senso, non funzionerebbe bene, ma che è proprio un fit perfetto per ambienti in cui la gravità è così bassa. Comunque questo è un progetto che ha avuto molto successo ed è continuato nel corso degli anni. Ha portato sostanzialmente a disegnare una delle piattaforme più sofisticate che gli Stati Uniti hanno per l'esplorazione dell'asteroide le comete.

 

Camilla Scassellati (00:16:20) - Finalmente, dopo il JPL il 6 è stato chiamato a Stanford se è entrato come assistant professor di Aeronautica Astronautica, appunto. E come ti dicevo all'inizio, abbiamo parlato un po’ di Stanford con alcuni dei nostri ospiti del ruolo che gioca in Silicon Valley come motore di innovazione.

 

Camilla Scassellati (00:16:37) - Ci potresti dare il tuo punto di vista su questo punto? Quindi quanto è importante secondo te Stanford per poi tutto quello che succede anche appunto a livello di innovazione in start up e in Corporate intorno all'università.

 

Marco Pavone (00:16:51) - Chiaramente sempre stata una parte integrale dello sviluppo della Silicon Valley però è difficile trovare un elemento unico che riassuma l'impatto di stampo nella Silicon Valley ci sono molti diversi canali tramite i quali una università come Stanford impatta l'ecosistema circostante. Il primo è chiaramente la generazione delle idee e quindi per prossimità aver accesso alle idee più innovative che alcune delle quali poi possono essere rese un prodotto. In secondo luogo, la formazione di studenti che chiaramente diventano poi impiegati nelle aziende circostanti, che quindi permettono un canale di trasferimento di idee molto, molto rapido. In terzo luogo, i professori stessi e soprattutto nel campo ingegneristico, tipicamente hanno un ruolo molto attivo nell'ecosistema della Silicon Valley o tramite consulenze per le varie start up o, come nel mio caso, lavorando direttamente in alcune delle aziende o fondando start up. Quindi ci sono vari canali di trasferimento di idee, ma quello che è il minimo comun denominatore è sostanzialmente il trasferimento di idee.

 

Marco Pavone (00:18:06) - Ora le idee devono essere fresche al fine di effettivamente essere utili in un contesto di start up. Uno dei vantaggi di Stanford in realtà ha anche una delle caratteristiche peculiari di molte delle città americane, che anche menzionavo prima come media e così via è le capacità di riposizionarsi molto velocemente sia da un punto di vista di ricerca sia da un punto di vista di corsi sulle tematiche che sono più promettenti al momento nel senso che ad esempio, i corsi universitari sono sostanzialmente gestiti individualmente da diversi professori. Quindi se io domani penso che ci sia un argomento nuovo che sia particolarmente promettente, smetto di insegnare quello che ho insegnato fino ad ora e insegno con l'argomento senza dover chiedere particolari permessi o particolari autorizzazioni. A meno che non sia, diciamo non smetto di insegnare un corso base. È così per la ricerca. Se domani vedo che c'è un argomento molto più promettente, riesco a riposizionare il mio gruppo di ricerca molto velocemente, velocemente, perché ci sono anche molti fondi interni che danno questa flessibilità di riposizionamento.

 

Camilla Scassellati (00:19:18) - Cosa dovuto a questa velocità. Insomma, ci sono delle linee guide dall'alto dal basso che permettono tutte queste cose di succedere così velocemente come ci spiegavi, perché no? Insomma, senza andare nel merito dell'università italiana è diversa Però ovviamente in Europa e in Italia in particolare le cose succedono molto diversamente.

 

Marco Pavone (00:19:38) - Direi che, almeno all'interno dell'università, è l'opposto, nel senso che non ci sono quelle dall'alto. Il sistema è quasi completamente decentralizzato e demandato a diversi professori, nel senso che è quello su cui decido di lavorare, deciso da me individualmente. È discusso con i miei studenti e chiaramente diversi professori collaborano, ma non c'è un diciamo un concetto di top down. Ed è un po’ quello che dicevo prima. Questi concetti di top down poi chiaramente ingessano un po’ il sistema e rendono un po’ più difficile il riposizionamento che effettivamente essenziale sta effettivamente, se si vuole avere la flessibilità di spostarsi sugli argomenti più promettenti in maniera molto veloce. Per esempio, penso che più o meno tutti conoscono oramai CPT che sostanzialmente ha rivoluzionato alcuni aspetti nel campo dell'intelligenza artificiale. Bene, nel giro di due anni si sono formati nuovi centri a Stanford sull'argomento di modeling, nuovi corsi e nuove linee di ricerca e quindi questo riposizionamento ha già dato vita a diverse start up perché alcuni studenti formati su questi argomenti ora lavoravano in start up oppure in aziende. Ma non è che diciamo questa direttiva di spostarsi è venuta dal Presidente di Stanford sono stati i professori che hanno detto forse conviene riposizionarsi.

 

Camilla Scassellati (00:21:09) - Se come dicevi appunto quando parlavi di ambiti non si smette mai di imparare le cose che magari tu hai studiato che insegnava anche cinque anni fa ormai non hanno non hanno più ragione di essere insegnate perché ci siamo per fortuna mossi sempre verso nuove cose quindi bisogna sempre stare un po’ al passo con quello che sta succedendo. Quindi è molto interessante questa decentralizzazione e come aiutare l'innovazione. E oggi sei anche il direttore del laboratorio. Lo trovi tradotto in italiano del Laboratorio di Sistemi autonomi e co-direttore del Centro per la ricerca automobilistica presso Stanford che si chiama Careers, in cui io ho avuto il piacere di fare un giro e vedere appunto tutte le macchine che avete lì che sono state modificate per diventare macchine autonome come hai fatto? Ovviamente c'è un una connessione nella robotica ma volevo che ci spiegasse un po’ appunto come hai fatto il passaggio da Marte alle macchine autonome.

 

Marco Pavone (00:22:06) - Beh diciamo in generale la mia il mio campo di ricerca è nel contesto della robotica autonoma quindi sostanzialmente di sistemi robotici che possono operare in ambienti molto diversi rispetto a quelli previsti in fase di disegno quindi sostanzialmente auto senza conducente che si trovano a interagire con situazioni di traffico completamente nuove e quindi quello richiede capacità di ragionamento da parte del veicolo.

 

Marco Pavone (00:22:39) - Chiaramente della robotica autonoma è un campo in rapida espansione e ha moltissimi domini applicativi. L'auto senza conducente è forse l'esempio più classico e più noto, ma chiaramente ci sono aerei senza pilota, anzi ci sono vari. Utile per aziende che studiano aerei in cui ad esempio c'è un solo pilota piuttosto che due piloti o addirittura nessun pilota, come nel caso dei droni o sistemi robotici per l'esplorazione spaziale, che sono sempre più automatizzate, o anche sistemi robotici per applicazioni biomedicali o anche per applicazioni di assistenza remota in casa. In questo contesto, il passaggio da un sistema robotico a un marziano a un sistema robotico terrestre è meno sorprendente di quanto possa apparire, nel senso che un sistema robotico su Marte o su un pianeta distante, su un campo solare distante, deve avere capacità di ragionamento per certi versi simile rispetto alla capacità di ragionamento che un’auto senza conducente deve avere sulle nostre strade. Chiaramente ci sono molte differenze in un altro corpo solare. Chiaramente non ci sono strade, quindi quello complica di molto la pianificazione delle traiettorie e anche il disegno meccanico del robot.

 

Marco Pavone (00:24:03) - Nel caso delle auto senza conducente ci si trova a interagire con altri esseri umani, come pedoni e ciclisti, che chiaramente complicano moltissimo il problema. Però con un aspetto del problema che sostanzialmente non abbiamo su Marte o su di un asteroide, quindi ci sono forti similitudini. Chiaramente ci sono anche differenze. Nel mio laboratorio a Stanford come domini applicativi o ancora sia il ramo aerospaziale in collaborazione con NASA, in aggiunta ad altri centri della NASA, è nel contesto delle auto senza conducente, aerei senza pilota.

 

Camilla Scassellati (00:25:22) - E tornando alle auto autonome, ci hai parlato appunto, hai fatto un po’ una lista di tutto quello che sta succedendo, ma se dovessi dire un po’ quali sono state le innovazioni più interessanti in questo mondo nell'ultimo anno e un po’ quali sono invece le sfide che dovremo affrontare nel futuro. E soprattutto, appunto, lo racconto perché in Italia ancora non si vedono tanto. Però a San Francisco e anche dove vivo in strada, ormai si vedono sempre più auto autonome che girano o sono dei test o comunque ci sono anche già dei minisistemi di taxi che si possono prenotare a San Francisco per farsi portare in giro con un'auto autonoma. Quindi, E siamo ora nell'era delle auto autonome che entrano nel mondo e stanno effettivamente già imparando a esistere insieme ai ciclisti, agli umani e tutte le cose che raccontavi, mentre prima eravamo ancora forse più in fase, adesso siamo già nella fase in cui si stanno introducendo nelle città.

 

Marco Pavone (00:26:20) - Rispondo subito alla domanda, però prima volevo collegare un commento che ho fatto riguardo al fascino dell'esplorazione spaziale, dicendo assolutamente sì. E un altro aspetto che forse un po’ meno noto, almeno ai non addetti ai lavori e che negli ultimi anni si sono sviluppate tecnologie che ci permettono di vedere in un certo senso pianeti al di fuori del sistema solare.

 

Marco Pavone (00:26:46) - Quindi orbitanti stelle che sono che non sono. Il sole è la parte la cosa.

 

Camilla Scassellati (00:26:52) - Ti faccio un'altra domanda su questo sullo spazio prima che noi parliamo di auto autonome io sono nel campo delle persone che fino ai miei 22 anni pensavo che esplorare lo spazio fosse completamente inutile e che fosse uno spreco di risorse. Poi ho fatto un all'università appunto negli Stati Uniti ho fatto un 180 su questo argomento e ora appunto mi è stato spiegato perché è così importante però mi chiedevo se potessi spiegarlo anche tu ai nostri ascoltatori se per caso ci sono persone che come me.

 

Marco Pavone (00:27:25) - Per concludere come ho detto prima quindi possiamo osservare in maniera più o meno diretta pianeti in altri sistemi solari e non solo quello, possiamo anche caratterizzare la composizione della loro atmosfera. E tu mi potresti chiedere che cosa ci interessa? Beh, caratterizzando la composizione dell'atmosfera si può dedurre che ci sono forme di vita sto su quel pianeta, perché chiaramente le forme di vita. Hanno un impatto sulla composizione dell'atmosfera e quindi la parte affascinante è che l'essere umano, per la prima volta nella sua storia, è oggigiorno in una posizione che potrebbe portare alla scoperta di altre forme di vita su altri sistemi.

 

Marco Pavone (00:28:14) - Per la prima volta, chiaramente, nella storia del genere umano si trova con una parte molto affascinante riguardo alla motivazione per l'esplorazione spaziale. È chiaramente un argomento molto complesso da un punto di vista pragmatico. La domanda è come si monetizza l'esplorazione spaziale? Chiaramente questo è un modo un po’, diciamo limitato di approcciare il problema, perché chiaramente la scoperta di nuovi fenomeni è sempre stata una parte un po’ caratterizzante della natura umana e in generale ha sempre portato al progresso della specie umana. Ma comunque, se ci focalizziamo sul ritorno economico, innanzitutto l'esplorazione spaziale costa relativamente poco rispetto a quello che costa e il resto delle infrastrutture non poco in termini assoluti, ma relativamente poco in termini relativi come ricaduta. Pratica e chiaramente ha dato luogo a tantissime tecnologie come il perfezionamento di pannelli solari quindi sostanzialmente energie rinnovabili sistemi di automatizzazione. Quindi ci sono vari studi che realtà dimostrano che anche da un punto di vista proprio di investimento è un investimento con un ritorno positivo ma però è comunque un po’ riduttivo vederlo in maniera puramente monetaria. C'è anche la parte di prestigio nazionale che è importante di dare una.

 

Marco Pavone (00:29:47) - Formazione e un obiettivo alle generazioni più giovani poi c'è tutta la parte motivazionale per come ad esempio la NASA che ha invogliato moltissime persone a intraprendere studi ingegneristiche. Molte di loro non sono andate a lavorare sul sistema spaziale ma almeno ha dato la motivazione per studiare materie scientifiche che poi ha portato loro a contribuire al PIL della nazione non in maniera diretta, come ricaduta tecnologica del sistema aerospaziale, ma una maniera indiretta come formazione della forza lavorativa. Quindi è un una domanda importante complessa ma sostanzialmente vari studi dimostrano che anche da un punto di vista prettamente finanziario c'è un ritorno significativo sull'investimento in una auto senza conducente.

 

Camilla Scassellati (00:30:38) - Esatto ti riporto lì ci torniamo su terra.

 

Marco Pavone (00:30:41) - E diciamo che negli ultimi due anni ci sono state molte innovazioni, sia da un punto di vista proprio tecnologico che da un punto di vista applicativo. Partendo dalla parte applicativa, come dicevi tu, i cosiddetti robotaxi, quindi auto senza conducente, senza nessun conducente a bordo, nemmeno un essere umano che monitori gli strumenti sono una realtà. Quindi se le persone vengono a San Francisco vedranno in continuazione taxi senza nessuno la guida con il passeggero che si siede ai sedili posteriori è a breve anche a Los Angeles ci sarà un servizio di robot taxi da parte di uomo, quindi quella è stata sicuramente una pietra miliare nello sviluppo di questa tecnologia.

 

Marco Pavone (00:31:28) - Siamo ancora distanti da avere una tecnologia che effettivamente profittevole nel senso che ancora il numero di veicoli che fanno servizio di taxi a San Francisco è abbastanza limitato, così come a Los Angeles e così via. Però perlomeno è una prova di esistenza. La tecnologia può funzionare. Ora il problema si sposta dalla prova di esistenza alla prova di scalabilità per arrivare alla prova del mercato che effettivamente questa è una tecnologia che può finanziare da un punto che può funzionare da un punto di vista finanziario. Tempo è collegato all'aspetto applicativo. Si parla molto di auto senza conducente, ma un'altra tecnologia molto importante è la cosiddetta auto semi autonoma. Quindi un'auto che ha un autopilota simile, per esempio, a quello che hanno i veicoli Tesla in cui il veicolo è sostanzialmente guidato da solo. Però l'uomo deve comunque monitorare gli strumenti. È comunque un servizio importante. Secondo me è utile, è anche molto conveniente e diciamo che questa parte di autopilota nel giro dei prossimi due anni sarà sempre più diffusa sulle macchine di serie. Quindi le persone vedranno che a parte Tesla, molte altre case automobilistiche avranno queste auto piloti molto avanzati che andranno molto al di là, ad esempio, del cosiddetto cruise control.

 

Marco Pavone (00:32:52) - Infine, dal punto di vista metodologico, c'è stata una spinta negli ultimi due anni molto forte a utilizzare sempre di più tecniche di intelligenza artificiale. Nel diciamo nel disegno del cervello che è all'interno dell'auto robotica quindi da un punto di vista tecnologico il modo in cui architetti chiamo questi sistemi autonomi oggi è molto diverso rispetto a come di architetti avevamo sei sette anni fa con molta più presenza di tecniche di intelligenza artificiale per le varie funzioni di un sistema autonomo.

 

Camilla Scassellati (00:33:24) - Se è così c'è anche una parte di apprendimento dalla parte del robot che può imparare dagli errori che fa. L'altra cosa che vedo spesso è che vedo anche San Francisco, ma che vedo spesso a Los Angeles, che fanno sempre sorridere tutti quelli che mi vengono a trovare sono dei mini robottini, credo che siano di Amazon o comunque ci sono di varie società che girano per fare le consegne, si incastrano sempre da qualche parte, quindi li trovi sempre arenati e ogni tanto li devi fare una mano.

 

Marco Pavone (00:33:55) - Attraversare sono incastrare, lavorare.

 

Camilla Scassellati (00:33:58) - Qualcos'altro da qualcuno che ha fatto una cosa sbagliata e che quindi loro però devo dire che li vediamo e diventano appunto parte della realtà e poi uno smette di meravigliarsi che esistono in molte vie di fatto vedere quando siamo venuti da te a Stanford una mappa che abbiamo di cui abbiamo parlato anche nel nostro intro episodio su questa serie che faceva vedere Stanford e la batteria e tutte le aziende che crescono come funghetti intorno a Stanford.

 

Camilla Scassellati (00:34:27) - Nel tuo caso ci hai fatto vedere la mappa su appunto è ricerca su veicoli autonomi, però immagino ne esistano molte altre su tutte le innovazioni che succedono intorno a Stanford. Quindi come dimostra questa mappa molte delle innovazioni nel campo delle auto autonome avvengono ovviamente anche in società private come Nvidia Tesla questo però alcune delle più grandi come avviene la collaborazione tra Stanford e queste e queste aziende c'è una relazione diretta.

 

Marco Pavone (00:34:59) - Di nuovo un sistema decentralizzato nel senso che la collaborazione avviene a livello di semplicemente trasferimento di idee. La gente parla è forse quella uno dei motivi principali per avere questa diffusione costante di conoscenza che poi porta alla formazione di nuove aziende e così via. È trasferimento di personale sia a livello di studenti che a livello di professori, come nel mio caso. Ad esempio, io per due anni sono stato in aspettativa parziale da Stanford per mettere su un nuovo programma di ricerca. Invidia che una delle aziende principali nel campo dell'intelligenza artificiale proprio nel campo dei sistemi autonomi quindi di nuovo non c'è una ricetta specifica è un insieme di canali sostanzialmente di diffusione delle conoscenze.

 

Marco Pavone (00:35:50) - Che permette questo trasferimento di idee più che trasferimento tecnologico fra il mondo universitario e il mondo delle aziende delle start up o anche delle aziende governative.

 

Camilla Scassellati (00:36:03) - E nel tuo caso quanto è importante avere l'opportunità di appunto fare il professore a Stanford quindi rimanere nel mondo accademico ma anche avere la possibilità come hai fatto di lavorare in società private come voi come il tuo ruolo da NVIDIA? Secondo te qual è il beneficio di poter fare entrambe le cose?

 

Marco Pavone (00:36:22) - Da un punto di vista personale, il beneficio che secondo me nel campo dell'ingegneria e soprattutto nel mio campo della robotica permette di diventare un ricercatore migliore, nel senso che avere contatto diretto con la parte più di innovazione è importante per capire quali sono effettivamente le tecnologie che possono avere un futuro rispetto a quelle che sulla carta sembrano promettenti. Ma poi per vari motivi, ad esempio il costo eccessivo, non hanno un futuro e quindi non hanno tanto tanto bisogno di essere sviluppate. Nel contempo permette anche di capire quali sono i problemi che magari in accademia si pensa che siano ancora importanti, ma di fatto sono stati già risolti dall'azienda.

 

Marco Pavone (00:37:11) - Quindi sostanzialmente un bagno di realtà che permette di capire meglio quali sono effettivamente i problemi che vanno risolti, quali sono le tecnologie più promettenti a quello scopo. Alla fine, ingegneria è un campo scientifico applicato, quindi l'obiettivo è sviluppare sì nuove conoscenze, ma nuove conoscenze. Che poi alla fine abbiano successo quando si scontrano con la dura realtà del mercato.

 

Camilla Scassellati (00:37:39) - E ti chiedevo questa domanda giusto per fare una parentesi perché effettivamente è un modello molto americano questa raccontarmi questa contaminazione tra il mondo del. Le aziende private chiamiamole così e le università spesso si lavora insieme o comunque ci sono tante relazioni tra i due come dicevi sembra essere un sistema che funziona nel creare innovazione. Avevo una domanda su appunto ci hai detto come nascono i funghetti intorno a Stanford?

 

Marco Pavone (00:38:09) - Ovviamente non è per niente americano, ma devo dire che si sta comunque diffondendo o comunque rappresentato anche in Italia ad esempio lavorano. Abbastanza con i due politecnici italiani e comunque anche due Politecnici hanno molte relazioni con il tessuto imprenditoriale. E la cosa più importante che queste relazioni stanno crescendo sempre di più come, ad esempio, a Milano c'è un nuovo mi piace chiamarlo parco scientifico che si chiama Mind, che avrà strettissime collaborazione con l'Università di Milano, con il Politecnico di Milano.

 

Marco Pavone (00:38:48) - È quello. Il CERN per certi versi è un modello che ha molte similitudini rispetto al modello che ho menzionato precedentemente di contaminazione fra università azienda americana.

 

Camilla Scassellati (00:38:59) - Sì, ne abbiamo. Siamo appena state a Milano e abbiamo fatto un giro di Mind abbiamo visto appunto tutto quello che si sta creando ancora in appunto in creazione in questo momento però molto interessante e parlando appunto di questo mi incuriosiva sapere non ti chiedo un numero esatto però per avere un'idea qua quanti dei tuoi studenti poi lasciano Stanford per creare la loro azienda quanto è importante l'imprenditorialità neanche nel tuo settore ma.

 

Marco Pavone (00:39:28) - Studenti di dottorato che lasci non ce ne sono particolarmente finiscono nel loro programma di dottorato. Detto questo, la maggior parte dei miei studenti va in azienda o aziende grandi come risorse o aziende più piccole come start up, quindi questo è un aspetto interessante. Però penso che finora avuto un 25 30 studenti dottorato uno solo professore universitario tutti gli altri sono o in azienda o in status poi chiaramente avuto molti posto OCSE tipicamente posto cioè quelli che fanno un percorso dottorale nell'università tipicamente lo fanno perché vogliono diventare professori.

 

Marco Pavone (00:40:13) - Sei sette. Che hanno fatto il posto come tutti sono diventati professori universitari ma degli studenti dottorato come dicevi tu sì la maggior parte. Alla fine, vanno in azienda è uno dei motivi per cui vanno in azienda è una la motivazione imprenditoriale ma due e questa è una cosa che è cambiata moltissimo negli ultimi dieci anni che si fa moltissima ricerca in azienda fino a qualche anno fa. Dieci anni fa aziende anche grandi come Google si facevano ricerca, sviluppo, ma ricerca di base, quella che proprio è più adatta a persone che non dottorato di ricerca si facevano ancora poco. Ora aziende come Invidia, Google, Microsoft, Facebook e così via hanno tutti centri di ricerca di base, ricerca che viene addirittura pubblicata e che richiede appunto persone con dottorato. E quello lì è diventato un uno sbocco lavorativo prevalente per molte persone che poi hanno un una laurea dottorato.

 

Camilla Scassellati (00:41:47) - Ti chiedo una domanda un po’ anche per curiosità dei nostri ascoltatori che molti di loro sono aspiranti imprenditori startupper innovatori dove pensi che ci sia spazio per start up che vogliono partecipare a questa rivoluzione nel settore della mobilità. Chiamiamola in modo più ampio.

 

Marco Pavone (00:42:07) - Diciamo che ad oggi ci sono molte nuove tecnologie nel settore della mobilità quindi sostanzialmente auto senza conducente, auto semi autonome, elettrificazione del veicolo, connessione dei vari veicoli. Però di fatto, a parte l'elettrificazione del veicolo che di fatto ha portato ad aziende profittevoli come nel caso di Tesla, ancora queste tecnologie stanno un po’ facendo fatica a trovare la quadra e diventare profittevole. Ad esempio, il concetto di ride eliche come quello di Uber solo recentemente è riuscito a tirare su un profitto auto senza conducente ancora non hanno profitto. Quindi tutto questo per dire che il settore mobilità moltissime tecnologie che sono. Proposto negli ultimi anni, ma ancora la killer app che effettivamente permette di avere la prova del mercato. C'è un profitto non c'è ancora.

 

Marco Pavone (00:43:00) - Quindi questo è proprio così tutto il design che è un campo ancora molto aperto a nuovi a diciamo a new entrance per esempio ad esempio in Cina negli ultimi tre quattro anni sono  nate moltissime nuove start up sull'auto senza conducente focalizzato però sulla parte semi-automatica ora stanno avendo moltissimo successo quindi c'è ancora molto spazio in tutte le diverse faces che caratterizzano il problema.

 

Camilla Scassellati (00:43:31) - Se anche nuovi modelli di business oltre che magari prendere innovazioni esistenti ma trovare applicazioni con nuovi modelli di business. Siamo arrivati alla fine della nostra intervista. Concludiamo sempre con la stessa domanda che faremo anche a te AM In che modo? Non abbiamo parlato molto di italianità in questa chiacchierata, ma in che modo pensi che la tua italianità ti abbia aiutato nel tuo percorso, anche, appunto, negli Stati Uniti?

 

Marco Pavone (00:43:57) - A parte chiaramente l'educazione universitaria che ho ricevuto che chiaramente mal posizionato bene per il mio percorso di studi successivo ma soprattutto il percorso scolastico nel mio caso di liceo classico lo considera un tratto abbastanza caratterizzante della educazione italiana e sicuramente mi ha dato una prospettiva dei problemi un po’ diversa rispetto a molte altre persone che non hanno quel tipo di educazione.

 

Marco Pavone (00:44:30) - Nel senso cercare di vedere i problemi da più prospettive diverse, anche da una prospettiva umanistica, una sensibilità magari un po’ maggiore rispetto anche l'impatto sociale di tutte queste tecnologie. Per esempio, nel mio sempre lavorato molto crisi mi occupo anche dell'impatto che i sistemi autonomi possono avere sulla società, come ad esempio displacement work oppure creazione di ineguaglianze sociali e così via. E penso che questo diciamo interesse che ho rispetto a questi argomenti più sociotecnici sono forse un po’ un retaggio della mia educazione umanistica che in un modo o nell'altro è un componente caratterizzante dell'educazione italiana anche in un contesto scientifico, cioè oltre lo scientifico. Si studia filosofia, per esempio, ma in generale comunque il sistema scolastico italiano ha una dimensione umanistica, a prescindere da corsi specifici, molto più spinta dell'equivalente nella maggior parte delle altre nazioni. Ecco, questo secondo me ha dato soprattutto la spinta in una ricerca aggiuntiva su argomenti sociotecnici in aggiunta a quelli più propriamente tecnologici.

 

Camilla Scassellati (00:45:48) - Questa domanda perché l'abbiamo fatta in 122 interviste riceviamo sempre una risposta diversa e sempre molto interessante. Quindi grazie di aver condiviso in tanti tuoi pensieri su questo ma soprattutto tutto il tuo percorso con noi e averci raccontato appunto di tutte le innovazioni alle quali hai lavorato e stai lavorando nel mondo della robotica, dei veicoli autonomi, dell'esplorazione terrestre e extraterrestre.

 

Camilla Scassellati (00:46:15) - È stata veramente una chiacchierata di grande ispirazione e, come ho detto, anche molto interessante capire meglio il l'ambiente accademico americano grazie anche la tua storia quindi grazie ancora piacere mio.

 

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