Riccardo Bottiroli, Co-Founder Foreverland
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Lo sapevate che esiste un cioccolato senza cacao?
Ebbene si Foreverland una startup pugliese ha inventato l’alternativa sostenibile al cioccolato dalla carruba e in questa puntata abbiamo intervistato Riccardo Bottiroli, l’inventore di questo cioccolato alternativo e co-founder di Foreverland.
Camilla ed io abbiamo assaggiato i loro cioccolatini e da chocolate addict cui siamo non avremmo mai potuto immaginare non ci fosse cacao dentro !
La domanda sorge spontanea, ed è un pò quello che ci ha incuriosite ad approfondire la storia di Foreverland: perchè produrre un cioccolato senza cacao? Noi non lo sapevamo, e forse neanche voi, ma i processi di produzione del cioccolato sono altamente inquinanti. Pensate che per produrre 1kg di cioccolata vengono utilizzati 24.000 litri di acqua, e dopo la carne e il formaggio è il settore alimentare che produce più co2. Foreverland quindi offre un’alternativa sostenibile ad un alimento consumato in tutto il mondo e in grandi quantità.
Fondata insieme a Massimo Sabatini, Giuseppe D'Alessandro e Massimo Brochetta, Foreverland è una startup foodtech che produce cioccolato sostituendo il cacao con la carruba, una pianta che cresce nel mediterraneo e che ha bisogno di pochissima acqua per crescere. Recentemente Foreverland ha chiuso un round di 3.4 milioni di euro, da un ampio gruppo di investitori, tra cui alcuni verticali sul food come Grey Silo Ventures, Eatable Adventures e Kost capital, ed altri come CDP, Exor Ventures, 2100 ventures, Ulixes capital partners, Newland Syndicate, Moonstone ed altri investitori strategici nel settore alimentare.
Questo nuovo finanziamento permetterà all'azienda di entrare nella sua prossima fase di crescita supportando l'espansione europea, lo sviluppo di nuovi prodotti, la realizzazione del primo impianto produttivo in Puglia.
Riccardo è un tecnologo alimentare che ha passato la maggior parte della sua carriera in Olanda, presso uno dei centri di ricerca alimentare più importanti in Europa. La sua innata curiosità lo ha sempre spinto alla scoperta del cibo del futuro anticipando le innovazioni che oggi tutti conosciamo ma che fino a poco tempo fa erano note solo a pochi, come i latti vegetali o le alternative alla carne a cui ormai siamo abituati. Durante la puntata abbiamo parlato delle prossime novità del settore food tech che Riccardo racconta ed approfondisce anche nella sua newsletter Edible Insights, che vi consigliamo di seguire se siete appassionati dell’argomento. Intanto vi invitiamo ad ascoltare la puntata per scoprire tante curiosità che forse ancora non conoscete.
TAKE AWAYS
Interesse di Riccardo per il cibo (00:03:17)
Riccardo parla della sua curiosità per i nuovi cibi e delle sue esperienze di viaggio.
Scelta del percorso di tecnologia alimentare (00:04:09)
Discussione su come Riccardo ha scoperto il corso di laurea in tecnologia alimentare. Cosa fa un tecnologo alimentare?
Lavoro in Ferrero e dottorato (00:07:20)
Discussione sul lavoro di Riccardo in Ferrero e il suo dottorato su prodotti senza lattosio.
Progetti di consulenza alimentare (00:09:04)
Riccardo descrive i progetti innovativi in cui è stato coinvolto come consulente.
Innovazioni nel food tech (00:10:32)
Discussione su progetti innovativi come cibo a base di insetti e agricoltura cellulare.
Newsletter "Audible Insights" (00:11:10)
Riccardo menziona la sua newsletter dedicata alle tecnologie alimentari emergenti.
Sponsor del podcast (00:14:02)
Inés introduce lo sponsor Startup Geeks, un incubatore per aspiranti imprenditori.
Stampa 3D della carne (00:15:14)
Riccardo spiega come funziona la tecnologia di stampa 3D applicata alla carne.
Utilizzo della stampa 3D in ospedale (00:16:28)
La tecnologia 3D è utilizzata per creare alimenti per pazienti con difficoltà di masticazione.
Trend dei prodotti plant-based (00:16:52)
Si discute se il boom dei prodotti vegetali sia un trend o un nuovo modo di consumare.
Sostenibilità delle alternative vegetali (00:20:08)
Riccardo discute la sostenibilità delle alternative vegetali e il loro impatto ambientale.
Tradizione e innovazione in cucina (00:21:35)
Riccardo esplora il rapporto tra tradizione culinaria e innovazione tecnologica in Italia. Si discute la disponibilità di spazio per nuove idee nel settore alimentare italiano.
Investimenti nella transizione ecologica (00:25:12)
Riccardo sottolinea l'importanza di investire nella transizione ecologica per il futuro economico.
Storia di Foreverland (00:25:26)
Riccardo racconta come è nata l'idea di Foreverland, il cioccolato senza cacao.
L'inizio della discussione sulla filiera del cacao (00:26:13)
Riccardo condivide le sue osservazioni sui problemi legati alla produzione di cacao.
Il consumo d'acqua del cacao (00:27:19)
Discussione sull'enorme quantità di acqua necessaria per produrre cioccolato e l'impatto ambientale.
Deforestazione e sfruttamento sociale (00:27:19)
Riflessioni sulla deforestazione in Africa e lo sfruttamento minorile nella filiera del cacao.
Motivazioni per il progetto Foreverland (00:28:27)
Riccardo spiega le ragioni che lo hanno spinto a dedicarsi a questo progetto innovativo.
La scelta della carruba (00:29:11)
Discussione sull'importanza della carruba come alternativa al cacao e la creazione di un team.
Produzione di cioccolato senza cacao (00:30:49)
Riccardo illustra il processo di creazione di un cioccolato alternativo utilizzando la carruba.
Tecnologia e innovazione (00:31:06)
Descrizione delle sfide tecnologiche affrontate per trasformare la carruba in un prodotto simile al cioccolato.
Feedback dai consumatori (00:33:26)
Importanza dei feedback per migliorare il prodotto e adattarlo alle esigenze del mercato.
Utilizzo della carruba nell'industria (00:34:17)
Discussione sull'uso attuale della carruba nell'industria alimentare e il suo potenziale.
Sostenibilità e scarti (00:34:26)
Riccardo parla dell'uso degli scarti della carruba e del loro impatto sulla sostenibilità.
Sviluppo dei prototipi (00:34:58)
Descrizione del processo di creazione e ottimizzazione dei prototipi di cioccolato.
Varietà di prodotti (00:36:40)
Discussione sulla diversificazione dei prodotti a base di cioccolato e le sfide di sviluppo.
Programma di accelerazione Eatable Adventures (00:37:16)
Riccardo condivide l'esperienza nel programma di accelerazione e i benefici ottenuti.
Raccolta fondi dal programma (00:38:55)
Dettagli sulla somma raccolta attraverso il programma di accelerazione.
Processo di fundraising (00:38:58)
Riccardo discute le esperienze e le difficoltà incontrate nel raccogliere fondi per la startup.
Chiusura del round di finanziamento (00:39:21)
Riccardo parla del recente round di finanziamento da 300.000 euro e delle sfide affrontate.
Difficoltà nel fundraising (00:39:59)
Riccardo condivide le difficoltà e i momenti stressanti del fundraising iniziato a ottobre.
Challenge della nomenclatura del prodotto (00:40:39)
Discussione sulla complessità di trovare un nome appropriato per il prodotto senza cacao.
Modello di business B2B (00:43:17)
Riccardo spiega perché Foreverland si concentra sul business B2B e non sul B2C.
Critiche e disallineamento con l'industria (00:44:03)
Riccardo discute le critiche ricevute e il disallineamento con l'industria tradizionale del cioccolato.
Gestione dello stress da imprenditore (00:46:02)
Riccardo condivide come gestisce lo stress e l'importanza di avere momenti di stacco.
Paure future per Foreverland (00:47:29)
Riccardo esprime la sua paura di perdere l'entusiasmo per l'innovazione nel lungo termine.
Influenza dell'italianità nel percorso (00:48:01)
Riccardo riflette su come la sua italianità lo abbia aiutato nella carriera professionale.
TRASCRIZIONE EPISODIO
Camilla Scassellati (00:02:38) Parleremo tanto di cibo in questa chiacchierata di tecnologia alimentare, di nuove scoperte in questo ambito, per cui vogliamo partire con la domanda su questo e su di te per sapere un po da dove nasce per te l'amore per il cibo e come sei arrivato a lavorare in questo mondo.
Riccardo Bottiroli (00:03:17) È una bella domanda, nel senso che non è che me lo sono chiesto troppo spesso. Diciamo che secondo me un po l'interesse nei cibi nuovi più che nel cibo, deriva tanto forse dal fatto che ho sempre viaggiato anche prima di me in università e quant'altro, quindi ho sempre trovato interessante il fatto di realmente assaggiare nuove cose, essere molto curioso e conoscere un po i posti in cui andavo in base ai sapori. Quindi su questo forse la mia passione per il cibo deriva da lì. Poi quello che è diventato oggi è tutta un'altra cosa. Però forse la radice di tutto potrebbe essere quella.
Camilla Scassellati (00:03:49) E sei andato subito, appunto all'università a studiare tecnologia alimentare, quindi sei andato diretto in questo ambito che sicuramente non è un percorso molto conosciuto. Io non sapevo neanche che potesse essere un corso di laurea prima di scoprire la tua storia, quindi sono curioso di sapere come hai trovato questo corso, perché hai deciso che poteva essere interessante già a 18 anni, essenzialmente.
Riccardo Bottiroli (00:04:09) Ma allora la cosa un po simpatica che se tu parli con dei chimici puri tecnologi alimentare era il tempo, un po la scienza delle merendine no? Quindi ci prendevano un po tutti in giro
Camilla Scassellati (00:04:19) in realtà esattamente la scienza delle merendine.
Riccardo Bottiroli (00:04:23) Perché infatti non c'è niente di male ad essere la scienza delle merendine, letteralmente. Innanzitutto, comunque negli ultimi anni devo dire che ho visto che il numero di iscritti ai corsi di Scienze e tecnologie alimentari è aumentato. Quando la feci io parliamo ormai di dodici anni fa. Era un percorso un po inusuale e se tu mi chiedi perché sono finito? A parte crisi alimentari, la risposta non mi è chiara tuttora, nel senso che un amico la faceva, era una delle poche, diciamo università in cui non c'era il test di ammissione. Allora ho detto Why not? Il primo anno infatti è stato un po incerto, poi diciamo che un po la Spark mi è venuta dal secondo anno, quando ho iniziato a occuparmi di Fermentazioni mi sono subito appassionato alla tematica, il che mi ha portato anche a lavorare, ad esempio da mastro birraio. Nel tempo libero però questa è un'altra storia e da lì poi ho capito che un po era era la mia strada. Però diciamo, come tutti i percorsi accademici, l'inizio è sempre un po un po random.
Camilla Scassellati (00:05:18) E cosa ci puoi spiegare? Appunto, abbiamo detto la scienza delle merendine perché faceva ridere, ma ci puoi spiegare cosa fa esattamente un tecnologo alimentare?
Riccardo Bottiroli (00:05:26) Fare il tecnologo alimentare significa realmente studiare vita, morte e miracoli di un prodotto alimentare che poi è destinato a un consumo di massa rispetto a un consumatore convenzionale. La prospettiva con cui un tecnologo guarda alimento è sicuramente opposta, nel senso che di base noi andiamo a vedere realmente quali sono le reazioni chimiche fisiche che avvengono in un alimento per renderlo buono, salubre e adatto al consumo. Io nel tempo mi sono specializzato più sulla tematica del cibo del futuro, che è un po una tematica che è uscita fuori negli ultimi cinque sei anni e mi piace sempre dire che a oggi per me il non alimentare è uno dei lavori più sexy, perché mai come oggi il mondo necessita di nuovi prodotti sostenibili, buoni per un pianeta migliore. Quindi per metterlo alimentare in primis deve innovare il sistema alimentare convenzionale a cui siamo stati abituati.
Camilla Scassellati (00:06:16) E poi non voglio, non voglio passare sul fatto che hai detto che hai fatto il mastro birraio. Ci racconti un po di questa cosa? Era un tuo hobby? Sei riuscito? Cosa? Perché hai iniziato a lavorare su quello.
Riccardo Bottiroli (00:06:26) Prima di diventare una persona abbastanza teorica Sono stato molto un praticone, quindi cercavo sempre la parte più pragmatica di quello che facevo e tra tutte le cose che ho studiato, la parte di microbiologia che può essere anche molto noiosa a livello scientifico. A volte comunque ha una valenza diretta sul fare un prodotto. E il prodotto un po più interessante e per me è stata la birra. Quindi ho iniziato in un in un birrificio sperduto dell'Oltrepò Pavese nel tempo libero. Diciamo che all'inizio non è stato un lavoro tanto tecnologico perché l'unica cosa che facevo era mettere sacchi di orzo nel fermentatore per l'ammortamento. Poi però mi sono appassionato e alla fine mi è servito anche tanto, per poi affinare un po tutta quella che è la visione della tecnologia alimentare in altri, anche in altri segmenti.
Camilla Scassellati (00:07:11) Poi, passando un po il tuo percorso professionale, dopo l'università e la magistrale immagino hai lavorato da Ferrero nel loro dipartimento di R&D. Però sei rimasto poco perché hai deciso di tornare a studiare, di fare un dottorato. Se non sbaglio hai lavorato sullo sviluppo di prodotti senza lattosio durante il dottorato e poi hai deciso di fondare la tua azienda di consulenza per aiutare brand e altre società a sviluppare appunto i loro prodotti alimentari innovativi. Voglio sapere perché hai lavorato nel PhD sullo sviluppo di prodotti senza lattosio. Era un trend che cominciava in quel momento perché immagino che fosse un pochino più di sette otto anni fa ma.
Riccardo Bottiroli (00:07:50) Allora senza lattosio diciamo è un trend non troppo recente ma comunque rilevante anche oggi perché comunque sì si stima un 70% della popolazione intollerante al lattosio, cosa che molti non sanno neanche di esserlo perché gli intolleranti al lattosio è una patologia che passa molto inosservata. A volte hai problemi digestivi, a volte manco te ne accorgi, quindi è un tema che c'è comunque. Senza lattosio hanno realmente negli anni trovato il loro loro posizionamento nel mercato. Lato mio in quel momento, diciamo, era un po troppo presto per fermarmi in una multinazionale, quindi ho detto che cosa posso fare per continuare a il mio percorso di crescita professionale in maniera creativa. E questo era era un bel dottorato, era un dottorato industriale che mi ha portato a lavorare in parte in un istituto di ricerca a San Michele all'Adige in Trentino. Posto stupendo in mezzo alle Dolomiti che si chiama Fondazione Mach, in parte all'Università di Napoli alla Federico II e in parte all'Università di Jhering. Anche l'università da cui io vengo e su cui poi ho focalizzato un po la mia vita professionale. Per tre anni ho fatto zaino in spalla il backpackers tra queste tre location è stato molto figo, però sin da subito avevo capito che la vita accademica non faceva per me e infatti poi con la consulenza ho cercato di costruirmi una valida alternativa. Ecco.
Camilla Scassellati (00:09:04) E appunto pagando la consulenza ci puoi raccontare un po? Dare degli esempi di tipi di progetti a cui ho lavorato per altri brand? Che tipo di lavoro facevate? Se ci sono cose interessanti, nuove.
Riccardo Bottiroli (00:09:16) Come tutte le scelte fatte, la mia vita, anche quella nel senso, è stata abbastanza casuale. Nel senso che quando iniziai a fare il consulente e al tempo fare il consulente in ambito food of the future c'è tutto quello che riguarda il cibo del futuro. Parliamo di sei sette anni fa cioè realmente si parlava a malapena di plumbei cioè eravamo in una fase in cui le start up erano pochissime gli investimenti erano molto restrittivi cioè solo alcune start up erano in grado di approvvigionarsi di esse. Poi è arrivato un momento in cui realmente c'è stato un cambio di rotta. Gli investimenti sono cominciate a fluire. Il numero di progetti innovativi in questo ambito sono esplosi e da quel momento, diciamo il food tech non ha più smesso di di fermarsi e io mi sono trovato in una posizione diciamo curiosa perché ero uno dei pochi che comunque aveva sviluppato un background estremamente tecnico e offriva una consulenza in qualcosa che non era ancora lì cioè tutti i consulenti tradizionali ti insegnavano a fare il prodotto di ieri cioè prodotti standard che che davano profitto negli anni 80 90. E allora diciamo questo mi ha dato un po il il boost per realmente espormi a diversi progetti con diversi founder diverse realtà e negli anni son riuscito a lavorare su qualsiasi tipo di di innovazione partendo dai cibo a base di insetti che è una cosa che tuttora è rilevante.
Riccardo Bottiroli (00:10:32) Ho lavorato sullo sviluppo di moltissimi prodotti plumbei sia analoghi della carne che dei derivati e poi nell'ultima parte della mia vita da consulente mi sono dedicato totalmente a un segmento che si chiama agricoltura cellulare, cioè tutto ciò che riguarda l'utilizzo di tecniche biotecnologiche per la produzione di carne in laboratorio di proteine del latte, utilizzando dei microrganismi che fermentando producono queste proteine. L'utilizzo dei funghi per produrre analoghi della carne quindi diciamo sono stato esposto un po a tutto e quindi ho visto sia il bello e il brutto di di ogni innovazione che c'è stata negli ultimi cinque sei anni.
Camilla Scassellati (00:11:10) E hai anche la tua newsletter che si chiama Edible Insights che riporta insomma tutte le notizie sul mondo tecnologie alimentari nuove tecnologie guardi anche a ricerche scientifiche promettenti che che spieghi un po nella tua newsletter. Quindi sei veramente un esperto in materia. E ti volevo appunto. Hai parlato un po di questi esempi su cui hai lavorato in termini di tipo quello che vedi adesso che ti emoziona nel mondo della tecnologia alimentare, trend interessanti o tecnologie pazze che secondo te potrebbero cambiare un po il modo in cui ci approcciamo al cibo, Non so. Ieri dicevo con Ines che avevo visto recentemente che una startup in Svezia fa le proteine dall'aria. Quindi avremo anche. Immagino che tutto questo mondo di nuovi modi di avere proteine per soddisfare il fabbisogno di proteine dell'umanità mentre ci moltiplichiamo non so quali sono le cose che ti emozionano.
Riccardo Bottiroli (00:12:00) Un esempio che sembra fatto apposta, ma a livello proprio di curiosità sul discorso delle proteine aeree è un po il termine che viene utilizzato. Io mi sto abbastanza spaccando la testa, cioè nel senso che è un settore realmente interessante. Ci sono alcune start up che utilizzano la composizione dell'aria, quindi senza l'utilizzo di allevamenti, senza l'utilizzo di forme di energia esterne condensare proteine sotto forma di polvere gialle questo diciamo è stato uno dei dei progetti più interessanti.
Camilla Scassellati (00:12:29) Non è una cosa pazza io stavo cercando di capire ovviamente non capisco non essendo una chimica non capisco come funziona ma solo l'idea che possiamo creare proteine da l'aria che respiriamo con una tecnologia credo abbastanza semplice cioè non semplice però non una cosa impossibile ma.
Riccardo Bottiroli (00:12:43) Diciamo che il la cioè le proteine in realtà sono un macro elemento composto da microelementi e se sei in grado di allineare questi microelementi sei in grado di creare proteine.
Un altro progetto molto molto interessante che mi è piaciuto di cui mi sono appassionato su cui come nel caso delle proteine dell'area non ci ho mai lavorato, è quello di utilizzare sempre la fermentazione di precisione per la produzione di proteine simili all'uovo, che in realtà uno pensa alle uova, pensa alle uova classiche che uno si cucina bollite o in padella, ma in realtà l'uovo come ingrediente è utilizzato in una molteplice in molteplici prodotti è ovunque e quindi creare qualcosa partendo da un piccolo microrganismo è pazzesco.
Camilla Scassellati (00:13:24) Nomi di startup che segui che secondo te sono fighe in questi ambiti?
Riccardo Bottiroli (00:13:28) Ma allora, parlando le proteine aeree, la più famosa per antonomasia oggi è Solar Foods. Sempre nei Nordic e nei nord. Tornando al discorso delle delle proteine di uovo partendo dalla fermentazione o nego bio è molto forte e ha chiuso anche round d'investimento molto importanti quindi per queste due tematiche a tutti gli ascoltatori di made it consiglio di dare un'occhiata a queste due start up che sono molto fighe.
Camilla Scassellati (00:13:51) E poi metteremo i link di Edible insights anche nelle note. Se qualcuno vuole seguire la newsletter di Riccardo.
Inès Makula (00:14:02) Facciamo una breve pausa per parlarti dello sponsor che ha reso possibile questo episodio. Startup Geeks, il più grande incubatore online in Italia per aspiranti imprenditori e start up. Hai una start up innovativa e stai cercando capitali per portarla al livello successivo? Allora i club degli investitori di Startup Geeks è l'opportunità che stavi cercando per accelerare la tua crescita. Questo club ti permette di accedere a un gruppo selezionato di investitori che conoscono il tuo settore e che sono pronti a supportarti con capitali, mentorship e strategie mirate.
Camilla Scassellati (00:14:30) Entrare nel club Degli investitori significa avere accesso a una rete di business angel pronti a investire visibilità diretta e connessioni strategiche con altri imprenditori e professionisti. Inoltre sarai seguito passo dopo passo dalla presentazione del tuo progetto fino alla raccolta di capitale per assicurarti il miglior risultato possibile. E, cosa fondamentale, la partecipazione delle startup è su selezione per garantirti un supporto personalizzato e la massima attenzione al tuo progetto. Se pensi che la tua startup abbia tutte le carte in regola per raccogliere capitali, visita il sito e scopri come puoi candidarti.
Come al solito tutti i dettagli nelle note.
Inès Makula (00:15:14) Un'altra tecnologia realtà di cui stavamo parlando con Camilla ieri, quando stiamo preparando l'intervista è il 3D printing della carne. Quindi se solo ci puoi spiegare un po come funziona questa tecnologia, cioè che cosa stiamo mangiando quando mangiamo la carne stampata in 3D.
Riccardo Bottiroli (00:15:28) La stampante 3D è solo un mezzo per prendere una massa che non ha forma e struttura e trasformarla in qualcosa che ha una, una forma, una struttura nota. Diciamo che la stampante 3D ha trovato ampissimo utilizzo in ambito medico negli anni, nel senso che per la produzione di organi è stata ampiamente utilizzata e viene utilizzata tuttora. Alcuni innovatori, tra cui un italiano che mi piace sempre nominare, Giuseppe Conte di Nova meat, ha pensato di prendere questa tecnologia e interpretarla in ottica alimentare. Innanzitutto la cosa interessante è che con la stampante 3D è possibile creare strutture molto complesse, quindi quasi iperrealisti, che della carne, partendo da matrici vegetali che sono principalmente liquide o comunque non hanno una struttura chiara e in realtà oltre a quello, oltre al discorso molto interessante del plant based, molti non lo sanno, ma ho visto utilizzi della stampante 3D anche per la produzione di di alimenti per per gli ospedali perché ci sono moltissime persone che non possono masticare E però è stato visto che la forma di bistecca, la forma di hamburger, eccetera. Aumenta molto l’appeal di questi prodotti per queste persone. Quindi a oggi, la stampante 3D trova anche utilizzo nel creare questi prodotti per dare un motivo in più e un alle per dare una connotazione deliziosa alle persone che non possono masticare in ospedale nei prodotti. Quindi come vedete ogni ogni tecnologia se ben utilizzata può avere la suo significato. Ecco, l'abbiamo.
Inès Makula (00:16:52) Detto un po ma negli ultimi dieci anni abbiamo visto questo boom di prodotti plant based cibi del futuro alternative. Ormai ci sono alternative a quasi tutto. Secondo te questo è un trend oppure è un nuovo modo di di consumare di mangiare e perché è importante per le persone magari non è che devono andare per forza vegan eccetera però magari cominciare a implementare alcune di questi cibi alternativi.
Riccardo Bottiroli (00:17:13) Personalmente è un trend destinato a rimanere nel senso che comunque gli investimenti e lo sviluppo che è stato fatto nel settore merita oggi di stare nel mercato alimentare Secondo me tanto passa anche dalla parte tecnologica nel senso che è vero che oggi se andiamo a vedere i dati c'è stato un lieve declino dell'acquisto di prodotti plant based analoghi della carne chiamiamoli ma questo perché secondo me questa è la mia opinione personale.
Inizialmente sono stati proposti sul mercato prodotti che andavano a imitare esattamente il gusto il flavor e la terapia della carne. Però tuttora oggi c'è un forte gap tecnologico tra quello che è la percezione e il consumo di un prodotto animale e la sua corrispondente vegetale. E tornando al discorso della stampante 3D, esistono alcune tecnologie che stanno cercando di avvicinare questo gap, di renderlo sempre più più stretto. Questo cosa comporta? Comporta all'acquisto di questi prodotti in maniera molto saltuaria. Tuttavia, se ho visto recentemente nel mercato che c'è stato un po un ritorno alle origini di molte aziende, sono stati lanciati dei prodotti vegetali, dove però la la caratterizzante vegetale era ben chiara al consumatore. Infatti se vediamo negli ultimi anni non si parla più di latti vegetali, ma si parla di latte d'avena, latte di riso, latte di soia e quindi un consumatore acquista il latte d'avena perché gli piace l'avena e non perché sostituisce il latte. E questo è il mio caso, ad esempio. E ci sono altri prodotti, ad esempio, specialmente in UK. Ho notato che il consumo di cibo plant based di plan base meat è aumentato, ma il uno dei prodotti che ha aumentato più in in vendita il tempeh, che non viene associato direttamente a un hamburger molto simile alla carne.
Riccardo Bottiroli (00:18:55) E quindi secondo me riuscire a proporre sul mercato prodotti che sostituiscono il momento di consumo della carne, ma che comunque hanno la loro identità. È un po il trend in cui stiamo andando in cui spero il mondo plumbei vada perché è lì secondo me dove c'è la possibilità di rimanere all'interno del mercato con una presenza molto solida.
Inès Makula (00:19:15) In realtà sulla carne alternative sono molto curioso di chiederti se sono effettivamente più salutari perché a livello di sostenibilità capisco che sono molto meglio per il pianeta. Però ogni tanto io sono la prima che mangia queste alternative di pollo alternative di hamburger eccetera eccetera però poi quando guardo gli ingredienti magari ci sono, non so, 50 ingredienti, tantissima soia che in realtà non riesco neanche a capire cosa sono, quindi non sono molto naturali è effettivamente più sano a livello proprio per noi umani mangiarlo o è più una questione di sostenibilità da tecnologo?
Riccardo Bottiroli (00:19:44) Quello che ti posso dire è che qualsiasi prodotto consumato in maniera eccessiva può essere non salutare. Anche se noi mangiassimo tonnellate di insalata al giorno, diventerebbe non salutare. Diciamo che i prodotti sul mercato sono prodotti con più ingredienti rispetto alla carne, è vero, ma tutti questi ingredienti sono ingredienti salubri che l'EFSA ha valutato come sicuri per il consumo.
Quindi realmente dire la carne plant based fa più o meno male della carne normale è molto soggettivo. Quello che ho visto io da alcuni studi è che un consumo ripetuto eccessivo di carne rossa può portare a determinati problematiche cardiovascolari. Ma questo non vuol dire che dobbiamo puntare il dito contro la carne rossa, dobbiamo puntare il dito contro gli eccessi in generale. Quindi questo è un po il discorso sulla sostenibilità. Effettivamente i vantaggi sono molteplici per ciò che riguarda la parte di allevamento, perché comunque l'allevamento oltre a un discorso diciamo più etico, che è soggettivo, ma è lì nel senso che comunque consumare carne si passa dal dall'uccisione animale. Il discorso di sostenibilità è legato al fatto che a oggi tutta la carne si parla circa l'80 85% per rispondere alla domanda deve essere allevata in maniera intensiva e l'allevamento intensivo porta forte pressione sulle nostre risorse. Infatti i 2/3 della superficie arata è soia destinata all'allevamento. Le emissioni di CO2 sono molto alte eccetera eccetera. Quindi ovviamente dal punto di vista della sostenibilità le alternative vegetali sono una buona alternativa. Ma anche all'interno della carne plant based ci sono alternative più sostenibili e meno sostenibili tanto riguarda dal processo di lavorazione.
Riccardo Bottiroli (00:21:23) E tornando al discorso che ti facevo prima quei prodotti che vanno a sostituire il tempo e ad esempio è molto sostenibile perché segue certi processi tradizionali di produzione quindi anche lì è molto si possono creare delle piccole divisioni.
Inès Makula (00:21:35) Diciamo sempre che in Italia siamo un po siamo molto tradizionali quando si parla di cibo. Secondo te siamo davvero così tradizionali? Cioè c'è spazio, appetito per nuove idee? I consumatori sono pronti a esplorare, diciamo, e assaggiare nuove cose? Abbiamo avuto anche la founder di Dream Farm qui sul podcast, che ci ha portato la sua mozzarella alternativa e stiamo cercando di spingere sempre di più sulla parte food Tex sul podcast perché la trovo molto interessante. Sicuramente un settore in cui l'Italia dovrebbe giocare un grande ruolo, però sono interessata anche dal tuo punto di vista, che adesso sei in questo mondo come è percepito?
Riccardo Bottiroli (00:22:08) C'è spazio ma tantissimo spazio per innovare. Mi sono sempre focalizzato tanto sugli interplay, cioè sull'intreccio tra tradizione e innovazione. Ho fatto anche una una Ted talk due anni fa proprio su questo argomento cioè oggi noi parliamo di tradizioni ma qualcosa diventa tradizione se prima comunque c'è stato un'innovazione alla base quello che oggi è tradizionale per noi è una cosa che di uso comune una manciata di secoli fa era un'innovazione radicale e siccome la cucina italiana è l'esempio perfetto ti faccio anche qualche esempio non so i carciofi che oggi sono considerati veramente un cibo tradizionale nella cultura romana eccetera eccetera in realtà sono arrivati in Italia tramite migrazioni da parte dei persiani.
Riccardo Bottiroli (00:22:52) Il pomodoro, che è un po la ciliegina sulla torta della nostra cultura culinaria, arriva in Italia grazie alla scoperta delle Americhe. Appunto perché io sono un tecnologo centrico. Ti dico anche che secondo me tanto comunque quel passaggio da innovazione a tradizione è tanto legato anche alla tecnologia, perché quello che per noi oggi è disruptive tipo non so, la carne di laboratorio, la fermentazione di precisione, il cioccolato senza cacao giusto per anticipare un po quello che di cui parleremo dopo è disruptive per il momento storico in cui viviamo. Se torniamo invece alla scoperta delle Americhe, quello che è stato disruptive prendo questi pomodori, li trasporto per via nave e li faccio arrivare nel Mediterraneo e creo dei processi diciamo tecnologici che mi permettono di trasformare questi pomodori in salsa. E quindi c'è sempre innovazione alla base. Attraverso la tecnologia si passa ad altre innovazioni che poi in un percorso molto tortuoso poi ti portano a creare qualcosa di tradizionale quindi tradizione innovazione dipende sempre dal periodo storico in cui le consideriamo secondo me.
Inès Makula (00:23:54) E poi un'altra cosa che si vede soprattutto in questo settore di cibi alternativi e non solo in Italia ma anche in altri paesi, tipo la Francia dove non puoi chiamare per esempio la salsiccia salsiccia se non è fatta dalla carne. Quindi vediamo anche un po questa reticenza, certe volte di innovare, che è un vero peccato, perché poi si vede che stiamo vedendo che l'innovazione del food tech sta venendo più da altri paesi che magari dal nostro. Cosa ne pensi di questo? E dove vorresti vedere più innovazione in questo settore, specialmente in Italia?
Riccardo Bottiroli (00:24:21) Allora io personalmente ho passato la maggior parte della mia carriera professionale in Olanda, un paese a cui sono fortemente legato, ma perché mi ha dato anche gli strumenti poi per fare il mio lavoro in maniera in maniera efficiente e ti dico che la differenza sta proprio anche a livello nazionale. l'Olanda investe tantissimi milioni di euro nella transizione ecologica, cosa che in altri Paesi non avviene con la stessa efficienza secondo me più che dove è come secondo me questa transizione e queste iniziative devono avvenire e siccome a livello nazionale almeno nazionale in Italia intendo realmente bisognerebbe creare più iniziative per allocare risorse a un po ai food entrepreneur del futuro cioè creare strutture ma soprattutto anche mobilitare persone che poi possano realmente dedicarsi a creare queste nuove tecnologie su cui poi baseremo il nostro sistema economico di domani.
Perché la scommessa ad esempio olandese è quella che la transizione ecologica non solo perché l'Europa ce lo dice glielo dice ma perché realmente loro baseranno la loro economia i loro profitti futuri su queste cose e quindi anche noi secondo me dovremo andare in quella direzione.
Camilla Scassellati (00:25:26) Parleremo del cioccolato senza cacao, appunto perché stiamo arrivando a parlare di Foreverland. Prima di parlare di come avete creato il vostro cioccolato senza cacao, volevamo scoprire un po come nasce l'idea in sé. Spoiler è che non nasce da te, ma viene. Insomma, l'avevi. Avevi studiato questa idea ma vieni approcciato da quello che diventerà il tuo co-founder, perché questa in particolare ti ha colpito e ci racconti appunto i primi mesi, giorni di questa, di quando l'idea ha preso piede.
Riccardo Bottiroli (00:25:52) Ma allora la storia, un po come tutte le storie di startup, è una storia che nasce un po dalla casualità e probabilmente anche anche dalla fortuna, perché diciamo che Foreverland di base è nata in un bar qualunque di Milano, senza infamia e senza lode. Da un lato appunto Massimo e Giuseppe. Era già un po di tempo che leggevano articoli che parlavano appunto della filiera del cacao e dei problemi connessi ad essa. Io invece in Olanda, con anche supporto dell'altro massimo del team, avevo già iniziato a sperimentare la tematica del Cocoa Chocolate. Scrissi un articolo su LinkedIn, loro mi contattarono, ci trovammo in questo bar di Milano e da lì ogni settimana abbiamo cominciato a parlarne, a parlarne sempre di più, capendo che questa fosse realmente la un tema importante e secondo me noi tutti e quattro avevamo l'ambizione giusta per rendere questo progetto importante in Italia. Personalmente se mi chiedi che cosa mi ha colpito e il perché ho deciso poi di dedicare anima e corpo a questo progetto, magari rispetto ad altri e che comunque il dark side del cioccolato è molto intrigante per un tecnologo alimentare, perché diciamo dal punto di vista dei consumatori penso ma io io in primis ho sempre considerato il cioccolato come un prodotto delizioso, Innocente però in realtà ci sono una serie di temi che diciamo possiamo considerare verità scomode nel senso che comunque il cacao oggi è la pianta che consuma più acqua.
Riccardo Bottiroli (00:27:19) Per fare un chilo di cioccolato ci vogliono circa 24.000 litri e per me questo è stato un dato che mi ha veramente colpito. Dopo carne e formaggio è il terzo per emissioni di CO2. Io mai avrei detto che comunque tanto e tante di queste CO2 sono legate al fatto alla deforestazione in Africa, perché circa 1/2 della deforestazione avvenuta in Africa è legata alle piantagioni di cacao. E poi c'è tutto, anche un tema sociale che comunque è stato già approcciato da altre realtà. Non so se avete sentito mai parlare di tonici o coloniali in passato. Legato anche il discorso dello sfruttamento minorile negli ultimi mesi. Il risultato di queste verità scomode è stato quello che il cacao oggi ha raggiunto prezzi assurdi il che denota che comunque è una filiera instabile e da tecnologo poter contribuire a stabilizzare questa filiera utilizzando altre soluzioni. È un po quello che mi ha spinto a dire questo è il progetto giusto. Infatti diciamo che da quei giorni passati a discutere in questo bar di Milano, la nostra missione è stata proprio quella di dire ok, prendiamo quello che è il cacao, facciamo qualcosa buona come il cacao, ma che possa depressurizzazione la filiera del cacao attraverso la carruba, che è un po la nostra superstar da questo punto di.
Camilla Scassellati (00:28:27) Vista vorrei parlare di appunto la carruba e come si è riusciti a creare un cioccolato così buono perché in assedio. Insomma, l'abbiamo provato e ci è venuta voglia di parlarvi perché veramente è delizioso e sa veramente di cioccolato fatto col cacao. Sono anche curioso dell'aspetto umano di questa, di questo inizio della vostra storia, perché comunque, come dici, nasce da un tuo articolo di LinkedIn e da un incontro in un bar di Milano con dei ragazzi che non avevi mai conosciuto prima e avete deciso in quattro di fondare una startup. Come ti sei convinto che fossero le persone giuste? E chiedo questa domanda perché scegliere i propri co-founder o il proprio co-founder o la propria co-founder è sempre uno dei passaggi più importanti nella nascita di una startup, perché scegliere la persona sbagliata può voler dire poi non riuscire ad andare avanti.
Riccardo Bottiroli (00:29:11) Questo secondo me è una riflessione sia personale che professionale. Parto dal discorso professionale, nel senso che io comunque era già tanti anni che ero attivo come diciamo solo entrepreneur, cioè comunque ho sempre lavorato in proprio, ho costruito un modus operandi che mi ha portato a stare molto sul pezzo sulle cose quindi per fare un progetto e dedicare me stesso adesso dall'altra parte ho bisogno di ricevere benzina che che mi accende e ho bisogno dello stesso tipo di di modus operandi e devo dire che in tutti i miei soci l'ho trovato con Max cioè uno dei due Massimo già lavoravo quindi già ci conoscevamo da tanto con Giuseppe e l'altro Massimo sin da subito si è creato un po quelle quella quella affinità per dire se facciamo questa cosa dobbiamo veramente farla in grande altrimenti non mettiamoci neanche a impegnarci.
Riccardo Bottiroli (00:30:01) E siccome invece l'altra cosa importante è che quella lì viene un po più fuori nel tempo. È il discorso più personale per me. Se penso un po agli albori, sarebbe stato realmente impossibile creare Forever Line senza un una sorta di rapporto personale che va oltre il lavoro con le persone che poi è diventata un'amicizia. Spero ci portiamo, ci porteremo dietro da qui al resto dei nostri giorni, a prescindere da come andrà fuori. Quindi il discorso secondo me è duplice ossessione per la materia su cui si sta lavorando serietà nel dire se ci mettiamo a lavorare dobbiamo farlo in grande e allo stesso tempo la parte personale di dire prima di costruire un team costruiamo una sorta di famiglia un branco che ci permette poi di di di di supportarci anche nei momenti di difficoltà.
Camilla Scassellati (00:30:49) Parliamo della produzione ci puoi spiegare appunto come siete riusciti a fare un cioccolato senza cacao cos'è la carruba come la usate e anche come è stato difficile arrivare a un prodotto che fosse buono è una tecnologia che esisteva già. Avete dovuto cambiare un po le regole del gioco.
Riccardo Bottiroli (00:31:06) Allora hai detto bene. Cioè per fare un cioccolato senza cacao devi selezionare una materia prima. Altre startup in Europa hanno puntato le loro, diciamo le loro, i loro sforzi su altre noi. Per noi era importante fare questa cosa in Italia e se tu fai vuoi fare un cioccolato alternativo in Italia non puoi non entrare in contatto con la carruba perché la carruba è una pianta mediterranea che nella seconda guerra mondiale veniva considerata la cioccolata dei poveri perché la gente non aveva soldi per acquistare prodotti dolciari e prendeva questi baccelli neri dalle piante. Li mangiava perché la carruba è naturalmente dolce. Noi siamo partiti da lì per capire i benefici ambientali che la carruba ha. Perché la carruba molti non lo sanno, ma è una pianta che non necessita di acqua di irrigazione per crescere, quindi l'acqua piovana è sufficiente e cresce anche in zone desertiche. Anche l'Italia stessa, a causa del cambiamento climatico, sta subendo una sorta di desertificazione e lì comunque la carruba cresce. Il problema qual è? C'è un problema tecnologico che se uno prende la carruba e la inserisce all'interno del cioccolato, quel prodotto non sa di cioccolato anzi è anche abbastanza sgradevole.
Nella prima fase della nostra crescita. In Olanda a Wageningen io appunto vengo da questo posto, che è un po il punto centrale dell'innovazione in Europa. Ci siamo tanto focalizzati a dire ok, come possiamo prendere questa carruba, levare tutto ciò che sono gli odori sgradevoli e renderla, diciamo, cioccolatosa. Una volta che abbiamo decifrato questo, avevamo l'ingrediente giusto per sviluppare poi un cioccolato senza cacao da essa. Allora ci siamo rivolti a molteplici pasticceri per iniziare a fare qualche qualche piccola produzione, qualche piccolo cioccolatino, qualche piccolo snack, in modo tale da far assaggiare questo prodotto a più consumatori possibili. Allora, ti dico onestamente i primi prototipi non erano buoni come quelli che hai mangiato. Le Camilla però erano sufficienti per farci capire che visto che comunque i primi prototipi hanno sempre schifo. Questo in tutti i progetti su cui ho lavorato. Però diciamo puoi capire realmente se c'è qualcosa di di vincente e noi sin da subito abbiamo capito che sebbene il prodotto non era ancora perfetto tanto ancora che potevamo su cui potevamo lavorare il che ci ha detto questa è la strada su cui dobbiamo andare ci siamo focalizzati sulla carruba e da lì poi abbiamo realmente iniziato lo sviluppo del nostro cioccolato che poi è risultato in quello che penso tu hai assaggiato?
Camilla Scassellati (00:33:26) Beh interessante non avevo mai sentito parlare della carruba prima di di appunto scoprire la storia di Foreverland
Immagino che tanti ascoltatori saranno nella stessa barca perché è una pianta. Per cosa viene usata? È una pianta che cresce viene usata per altri motivi.
Riccardo Bottiroli (00:33:41) Sì allora quando parliamo di Carruba bisogna distinguere due elementi. Oggi solamente il seme viene utilizzato dall'industria alimentare. Da esso viene prodotto un ingrediente che si chiama locuste. Bingham, che è un addensante che viene ampiamente utilizzato nei gelati, è uno degli addensanti più utilizzati nei gelati. Tutto quello che noi utilizziamo, che la polpa oggi è un sottoprodotto, cioè viene buttato via. E per buttato via intendo viene dato principalmente all'allevamento. Quando c'è la possibilità, quando non c'è la possibilità viene utilizzato come fertilizzante, il che rende questa materia prima estremamente economica e di ampio utilizzo.
Camilla Scassellati (00:34:17) Sì, esatto. Quindi riuscite anche usare degli scarti che altrimenti come dici, non verrebbero usati quindi è un ulteriore beneficio nella parte sostenibilità del vostro prodotto.
Riccardo Bottiroli (00:34:26) Cioè verrebbero usati dagli asini principalmente.
Camilla Scassellati (00:34:30) Che possono avere possono usare qualcos'altro. E immagino che i primi prototipi non fossero buoni come quelli di adesso. E l'idea di un prototipo è proprio quello che.
Insomma, l'MVP nel mondo software è il prototipo, il primo cioccolato nel vostro modo. Come vi siete organizzati per provare questo? Perché immagino che quello sia una barriera molto alta per chi vuole lanciarsi nel mondo food tech. Cioè, come si comincia con i prototipi? Quanto tempo ci vuole? Quanti soldi avete investito inizialmente? Insomma, come vi siete organizzati?
Riccardo Bottiroli (00:34:58) Ma allora nella fase iniziale, diciamo per arrivare a un prototipo non soddisfacente, a un prototipo soddisfacente, ci abbiamo messo circa sei mesi. E perché? Diciamo che da un lato dovevamo ottimizzare la carruba in sé, quindi lavorare molto su come processare la carruba. Abbiamo testato diversi processi di fermentazione, diversi processi di tostatura, finché non abbiamo trovato l'optimum per creare la cioccolata di cui avevamo bisogno. Dall'altro c'era tutto un discorso di formulazione, perché ovviamente il cioccolato. All'interno di cioccolato ci sono anche altri ingredienti oltre al cacao c'è il latte e noi comunque abbiamo fatto un prodotto 100% senza allergeni, quindi naturalmente vegano. Quindi abbiamo dovuto anche trovare la giusta combinazione di ingredienti plant base per dare quella lattosio al prodotto.
Anche la parte la parte grassa è una parte molto importante, non potendo utilizzare burro di cacao. Riuscire a trovare dei grassi che danno la stessa sensazione e la stessa happiness, come si dice in gergo, non è stato sicuramente facile. Diciamo che questo primo processo è durato sei mesi. Da lì in poi abbiamo iniziato a commercializzare il nostro prodotto, ma la nostra parte R&D non si è più fermata e non si fermerà più, nel senso che abbiamo un team trend estremamente focalizzato sia sul ottimizzare la carruba che ottimizzare la formulazione e quindi ritiriamo costantemente il prodotto ogni tot Abbiamo assaggi regolari coi consumatori, riceviamo feedback, lo ottimizziamo. Noi abbiamo stiamo proponendo il nostro prodotto presso molti clienti B2B che ci danno feedback diretti. Quindi il processo di sviluppo è iniziato sei mesi fa. Diciamo una volta che siamo arrivati a un prodotto soddisfacente, adesso bisogna lavorare per migliorarlo sempre, sempre, sempre di più.
Camilla Scassellati (00:36:40) Poi immagino che ci siano tanti modi diversi di usare il cioccolato, ovviamente prodotti di cioccolato diverso che hanno bisogno di formulazioni diverse. Quindi non si ferma lì.
Riccardo Bottiroli (00:36:49) No, assolutamente. Soprattutto noi stiamo lavorando sul creare un catalogo quindi non solo il cioccolato per fare un'applicazione ma all'interno del nostro portfolio abbiamo i gelati, i prodotti da forno, i prodotti di ricopertura. Quindi puoi capire anche che da un prodotto poi bisogna svilupparne dieci e lì richiede tanto tanto effort dal punto di vista rendeva anche tanto effort dal punto di vista di ottimizzazione anche del gusto e della parte sensoriale.
Camilla Scassellati (00:37:16) E una parte importante del vostro percorso di crescita come start up è stato entrare in un programma di accelerazione di Eatable Adventures. Ci puoi parlare un po di questo programma perché immagino possa essere interessanti per altri come funziona e vi è stato utile, quindi lo consigli? Insomma, insomma, cosa cosa avete imparato dal programma e avete anche raccolto soldi Quindi anche questa parte è importante. Sì sì sì.
Riccardo Bottiroli (00:37:38) Sì allora consiglio assolutamente Eatable Adventures come come programma. Però se mi dai la possibilità vorrei prendere la domanda un po più da lontano per dire anche come siamo arrivati poi a questo programma di accelerazione perché diciamo nella prima fase noi siamo partiti in totale bootstrap quindi con le nostre finanze.
Riccardo Bottiroli (00:37:55) L'estate scorsa avevamo affittato una pasticceria dismessa a Salice Terme che è la zona in cui io e Max siamo originari e diciamo che appunto dal punto di vista finanziario ci siamo un po arrangiati. La nostra prima internship ha dormito sei mesi a casa di mia madre, giusto per dare un esempio, e Giuseppe, che è l'unico pugliese del team dalla Puglia è salito e ha vissuto sei mesi dall'altro massimo. Da quel momento in poi ci è servito proprio per creare quel minimum valuable product che poi siamo riusciti poi a presentare per entrare all'interno il programma di accelerazione. Sicuramente il programma di accelerazione è stata la scelta giusta, perché Italo Adventure è un player spagnolo che ha moltissimi contatti in industry alimentare e che ci ha permesso di creare forti connessioni a livello di comunicazione, ma anche con tanti partner e potenziali clienti industriali. E secondo me diciamo, ci ha permesso di passare da quattro scappati di casa un qualcosa di più strutturato che poi ci ha permesso di strutturare un forte business case per poi fare fundraising.
Camilla Scassellati (00:38:53) Ecco quanto avete raccolto dal programma di accelerazione.
Riccardo Bottiroli (00:38:55) Circa 170.000€.
Camilla Scassellati (00:38:58) Rimanendo sul tema fundraiser, avete anche chiuso un round da 3 milioni di euro. Ci puoi raccontare un po com'è andato il processo di fundraising? So che magari non sei stato il più coinvolto, ma come founder devi essere in tutte le conversazioni e soprattutto è stato facile convincere. Gli investitori hanno capito il vostro business case con questa tecnologia, questa nuova tecnologia nel mondo alimentare? Ci puoi raccontare un po com'è andata?
Riccardo Bottiroli (00:39:21) Dici bene, abbiamo appena chiuso un round da 3.4M per essere più specifici. Diciamo che da food tech start up purtroppo per fortuna mi ha coinvolto molto, perché comunque la parte tecnologica, come parlavamo prima è stata molto importante. Siamo stati in grado di di attrarre sia investitori nazionali che internazionali che ci ha fatto molto piacere è stato complesso perché comunque in Italia ci sono determinate complessità ma secondo me un po per la struttura di team che avevamo, perché comunque avevamo persone dedicate a ogni area, un po anche per il percorso che abbiamo fatto all'interno. Programma di accelerazione. Diciamo che siamo riusciti a chiudere quelle maison che ci hanno permesso di essere appealing per gli investitori.
Dal punto di vista mio personale ti dico abbiamo iniziato il fundraising a ottobre. Io avevo i capelli lunghi con la bandana, adesso non ce li ho più e il mio collega Massimo era già pelato. Però puoi capire. Quindi diciamo la complessità c'è stata e però diciamo ben venga anche perché dai da quando mi sono rasato non non è poi così male.
Camilla Scassellati (00:40:19) Rimanendo un po sul tema difficoltà che è un tema che su medie ci interessa sempre scoprire ci puoi raccontare ci sono stati dei momenti particolarmente difficili non so se ricette che non funzionavano o investitori che non firmavano che vi hanno messo un po in forse in dubbio se le cose sarebbero andate avanti cioè quali sono stati i momenti più stressanti di questo percorso.
Riccardo Bottiroli (00:40:39) Allora secondo me due tematiche principali sono state particolarmente complicate più che il suo discorso tecnologico perché comunque diciamo a un problema scientifico c'è sempre una soluzione scientifica. E il discorso della della nomenclatura del prodotto cioè di come chiamare il nostro prodotto è stato una bella Challenge nel senso che sin dall'inizio quando abbiamo iniziato a interfacciarsi con clienti B2B i nostri potenziali clienti ci chiedevano ragazzi prodotto buonissimo fighissimo come lo possiamo chiamare? Si chiama cioccolato, non si chiama cioccolato.
Riccardo Bottiroli (00:41:11) Ovviamente non essendoci cacao e non essendoci burro di cacao non si poteva chiamare cioccolato. E infatti siamo partiti da un concetto da un nome Freecao, che è un nome che dà subito un'identità a questo prodotto, cioè il cioccolato senza cacao. Però tutti ci ci chiedevano come è fatto. Se non c'è il cacao, che cosa c'è? E allo stesso tempo non era un nome, era più un nome divisivo piuttosto che inclusivo. Abbiamo lavorato tanto, soprattutto Giuseppe, che è la persona che si occupa della parte marketing all'interno del suo team. Realmente capire come possiamo chiamare il nostro prodotto e renderlo inclusivo. E infatti da lì siamo arrivati al nome di ciò che appunto è un nome di un cioccolato senza cacao, che però fa capire che a base di carruba e quindi permette alle aziende con cui lavoriamo di raccontare tutta la filiera italiana della carruba. Quindi quello è stato una grossa challenge.
Camilla Scassellati (00:42:00) Immagino e questo svelo un mio passato che non ho ancora raccontato sul podcast. Ma il mio primo lavoro è stato in Commissione europea in un unit che si occupava proprio di questo, di regolare il tutto quello che era il cibo e come chiamare il cibo e negoziare con altri paesi.
E mi ricordo che ero parte del di uno dei Codex Alimentarius insomma questo grande forum dove vengono decise queste cose su come chiamare il latte che non fosse fatto di latte perché non puoi chiamarlo latte vegetale latte alternativo? Quindi in bocca al lupo!
Riccardo Bottiroli (00:42:30) Bella bella tega.
Camilla Scassellati (00:42:32) Esatto, è stato complicatissimo E in questo mondo del cibo, appunto di questi nuovi cibi c'è, come diceva in esso, un po di protezionismo su quello che noi consideriamo tradizione trovare i nomi giusti e spiegare veramente cos'è, perché immagino che ci sia anche tanto scetticismo da parte dei consumatori che dicono ok, non è cioccolato, ma voglio sapere cos'è e poi quando. Insomma, ci vuole tanto tempo per spiegarlo, Quindi come farglielo capire velocemente può essere molto complesso. E poi parliamo un po del vostro business model, perché ovviamente noi abbiamo assaggiato i vostri cioccolatini e fate proprio dei prodotti dei cioccolatini che potreste vendere B2C, ma non è quello il vostro focus. Volete fare più lavoro B2B? Perché? Come vi siete organizzati? Qual è? Qual è un po il vostro, La vostra ambizione di crescita? A chi vorreste vendere questo?
Riccardo Bottiroli (00:43:17) Allora il nostro business è puramente B2B.
Infatti noi vendiamo il nostro prodotto sotto forma di gocce, liquido e polveri a tutte le aziende che vogliono utilizzare il cioccolato, sia in purezza che come ingrediente in biscotti, wafer, ricoperture, eccetera. Il perché sta nel fatto che con Foreman vogliamo avere il più grande impatto possibile. E il cioccolato è un mondo talmente ampio che lavorando B2B ci permette di collaborare con più aziende possibili senza alcun limite, ad esempio di marchio, di location e quindi realmente siamo in grado di dare una soluzione il più versatile possibile all'industria.
Camilla Scassellati (00:43:56) Quali sono le critiche a parte il nome? Ma quali sono se no le critiche vi fanno più spesso quando vi interfacciata e potenziali Più che.
Riccardo Bottiroli (00:44:03) Critiche a volte magari c'è un po di disallineamento con l'industria in cui siamo entrati. Cioè tu conta che io al momento sono il più anziano del team e ho 32 anni da da pochi mesi. E comunque il mondo del cioccolato negli ultimi anni non ha mai visto forte innovazione come altri settori, come ad esempio il settore della carne e dei suoi analoghi o del latte e dei suoi analoghi.
Quindi molto spesso bisogna interfacciarsi con persone che hanno uno storico di vita molto diverso rispetto a noi e quindi è difficile poi farsi prendere sul serio. Però diciamo che stiamo cercando anche di lavorare su questo anche a livello di comunicazione quindi essere se la start up che porterà sul mercato i prodotti del futuro ma allo stesso tempo con la non so bene qual è il termine giusto serietà professionale perché anche noi siamo abbastanza. Con la dialettica che piace all'industria del cioccolato di ieri e di oggi
Camilla Scassellati (00:45:02) Ecco la Sfida più grande non so se dire in Italia forse è una cosa che succede dappertutto però farsi prendere come dici tu tra virgolette sul serio, quando uno arriva con un team giovane un'idea disruptive è purtroppo sempre più complicato di quello che uno vorrebbe.
Riccardo Bottiroli (00:45:19) Sì, e secondo me tanto passa dalla struttura, cioè nel senso dal fatto di realmente avere una struttura sempre più organizzata all'interno dei forever con ruoli sempre più chiari, in modo tale che poi anche l'interlocutore, l'azienda che vuole collaborare riconosce tutti tutti gli step del processo e possa veramente ritrovarsi le stesse funzioni e le stesse operazioni che avvengono anche nella sua azienda.
Questo è un po dove stiamo lavorando adesso per per avere un gap più stretto tra tra quello che è nuovo cioè noi e quello che è vecchio cioè il mondo del cioccolato tradizionale.
Camilla Scassellati (00:45:50) E come vivi la vita da imprenditore oltre a aver perso tutti i capelli? Come fai a gestire lo stress? Come ti trovi in questa. So che facevi l'imprenditore anche prima, però immagino che questa sia un'avventura un pochino diversa.
Riccardo Bottiroli (00:46:02) No, Beh, certo, è molto diversa, specialmente perché quando hai un team è anche responsabilità diverse. Ma io tutto sommato la vita da imprenditore non la vivo male, nel senso che comunque la vivo proprio come un estroflessione di quello che che penso mi piaccia fare e penso di essere in grado di fare. È ovvio che ho bisogno dei miei momenti di stacco per evitare di essere troppo coinvolto in una tematica e secondo me specialmente quando affronti temi scientifici in cui è vero che si può arrivare a una soluzione, ma a ma a volte anche la casualità a volte trova le soluzioni. È importante anche avere momenti di stacco.
Riccardo Bottiroli (00:46:38) Io personalmente ho trovato un po la soluzione nello sport. Il weekend sfrecciò tra le colline dell'Oltrepò Pavese con la mia bici da corsa. Faccio arrampicata regolarmente, diciamo, quindi comunque sono molto sportivo nonostante abbia le sembianze di un gorilla. Però questo, grazie a Dio, non si vede nel podcast. Sulla gestione dello stress secondo me passa tanto dalla condivisione, nel senso che comunque, specialmente in Forever, ma in generale condividere paure e diciamo perplessità è importante. Quindi all'interno di Foreman sin da subito abbiamo cercato di creare un po questo branco e questa e questa modalità in cui tutti possiamo confrontarci anche su temi al di fuori della vita professionale, ma proprio legati alla nostra sfera emotiva.
Camilla Scassellati (00:47:25) E la tua paura più grande quando pensi a Foreverland o insomma al tuo percorso.
Riccardo Bottiroli (00:47:29) Sei mesi fa ti avrei detto svegliarmi senza capelli. Ma scherzi a parte, come più come più da sito, cioè da persona che comunque deve sempre guardare oltre e pensare un po la crescita della nostra realtà da qui ai prossimi cinque dieci anni a livello tecnologico. Una paura che io ho è un po spero di non perdere mai la scintilla.
Cioè nel senso ovvero il mio interesse a volte anche maniacale per per il mio mestiere per e per quello che magari può essere un'innovazione che ci può rendere rendere unici spero che questo non accada mai.
Camilla Scassellati (00:48:01) E siamo arrivati alla fine della nostra chiacchierata ti facciamo l'ultima domanda di Medit secondo te in che modo la tua italianità ti ha aiutato nel tuo percorso? E aggiungo anche interessante scoprire in un mondo come dicevamo, che è quello del food, del cibo che dovrebbe essere l'italianità, picco dell'italianità. Ci riconoscono sempre tutti. Per quello.
Riccardo Bottiroli (00:48:20) Sebbene io ho passato tanto tempo della mia vita in Olanda sono sempre stato italianissimo nel senso che riconosciuto anche dai miei interlocutori Diciamo che in ambienti molto strutturati siccome parlo di me come italiano ma anche di. Penso che questo un po accomuna tutti tutti gli italiani. Il riuscire a a farsi voler bene in qualsiasi situazione è un po una nostra dote. Quindi diciamo dal mio punto di vista l'essere italiano ma proprio aiutato a in maniera goffa anche a volte essere comunque un po un animale sociale con persone magari anche diverse culturalmente da da me quindi creare quella connessione siccome è tipico dell'essere italiani in questo io penso di di averne beneficiato molto nella nella mia carriera sia in Italia che all'estero.
Camilla Scassellati (00:49:05) Grazie mille Riccardo di aver passato questa ora con noi di averci raccontato soprattutto tanto del mondo del food tech della tecnologia alimentare delle nuove dei nuovi trend scoprire appunto for Neverland quello che state facendo perché è veramente interessante e pensiamo che sia un settore dove vorremmo vedere sempre più start up italiane farsi farsi insomma crescere e farsi notare anche sul piano internazionale e voi siete un ottimo esempio di quello che succede. Poi ripeto per la terza volta che è stato veramente una bellissima scoperta vedere un un vostro bus lo abbiamo visto a plug and play, assaggiare il cioccolato e dirsi veramente sa di cioccolato e come è possibile che non ci sia del cacao dentro quindi trovo che la tecnologia insomma queste innovazioni nel mondo alimentare siano super interessanti. Poi io vivo a Los Angeles, che è abbastanza la patria di tutte queste nuove cose che nascono, quindi sono anche molto aperta a provare cose nuove e questa era veramente veramente interessante quindi grazie ancora.
Riccardo Bottiroli (00:50:04) Grazie a voi ragazze per l'opportunità e so che magari non è usuale avere persone un po più nerd nel post. Spero di aver aver risposto bene in maniera abbastanza fluida e spero anche che comunque i vostri ascoltatori interessati al mondo food possono capire che creare prodotti non convenzionali è importante, è necessario e speriamo tutti che nascano più start up nel settore per poi far diventare quasi prodotti convenzionali.