Il futuro dell’arte dal digitale agli NFT con Giulio Bozzo, Founder e CEO di Reasoned Art.

 

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Da sempre affascinato dagli aspetti storici e filosofici dell’arte, Giulio si iscrive al corso di beni culturali all’università di Genova. Quando è ancora all’università dimostra il suo spirito imprenditoriale  e organizza la sua prima mostra di arte digitale.

Nel 2019 sente parlare per la prima volta di blockchain e NFT durante una conferenza. Giulio intuisce subito che queste tecnologie hanno un enorme potenziale per il mondo dell’arte e sono in grado di creare un mercato tracciabile per le opere digitali, favorendo il collezionismo.

Partendo da questo spunto, Giulio ci racconta la nascita di Reasoned Art, che oggi è la prima galleria italiana di opere d’arte digitali, certificate con NFT. A gennaio di quest’anno Reasoned art ha trasformato l 'Arco della Pace in un’opera d’arte immersiva, diventando il primo monumento al mondo a entrare nel metaverso.

Scopri la storia di Giulio.

 

 

Giulio, cominciamo con la tua passione che è l’arte, che ti ha portato dove sei adesso, ma per cominciare, ci puoi raccontare come ti sei appassionato al mondo dell’arte? È una passione, per esempio, che ti hanno trasmesso i tuoi genitori?

La passione per l’arte non arriva dai miei genitori, cioè, mia mamma è sempre stata leggermente appassionata e quindi mi raccontava aneddoti della sua infanzia. I miei hanno un’azienda agricola, quindi totalmente fuori dal mondo dell’arte e della cultura. Io mi sono appassionato all’arte in quarta liceo, prima vedevo le lezioni di storia dell’arte come un momento per studiare matematica e fisica dove non ero bravo, quindi le utilizzavo per ripassare. Poi, come un fulmine a ciel sereno, mi sono iniziato ad appassionare soprattutto all’arte contemporanea e da lì è iniziata questa indagine che mi ha portato, finito il liceo, ad iscrivermi a beni culturali, all’università di Genova, pur sapendo che, classico pregiudizio che si ha nei confronti di questo tipo di facoltà, dove non ci sarà un lavoro, quindi fai questo per passione ma poi non trovi uno sbocco lavorativo, e infatti poi lavoravo d’estate nei vari ristoranti e hotel in zona, Portofino, Santa Margherita ligure. Quindi è stata una passione nata dal caso.

Ti ricordi se c’era qualcosa in particolare che ti ha colpito? Hai detto dalla quarta liceo, c’è stata una lezione, un professore, una mostra, qualcosa o è nata piano piano?

Sì, è nata soprattutto grazie alla mia professoressa di storia dell’arte e a vari programmi di Sky Arte, vedevo questi programmi, capivo finalmente che l’arte e la cultura erano uno strumento d’indagine del nostro presente e del nostro futuro e quindi quello mi ha aperto un mondo, vedere l’arte non solamente sotto un aspetto estetico, ma sotto un aspetto filosofico, antropologico e quindi unendo la mia piccola passione per la storia, ho trovato il fil rouge e ho capito che quello era il mio habitat.

Lo hai detto anche tu, che spesso uno è appassionato del mondo dell’arte ma ha sempre paura di non poter trovare uno sbocco lavorativo, infatti hai detto che cercavi di lavorare d’estate per occuparti, per assicurarti di avere un po’ di esperienza. A parte quello, quando eri all’università hai sempre saputo che avresti fatto qualcosa nel mondo dell’arte oltre quei lavoretti estivi o puntavi su qualcos’altro? Che domande ti facevi sulla tua carriera e sul mondo del lavoro?

Sicuramente la carriera nei ristoranti e hotel mi ha dato una grandissima consapevolezza di quanto è difficile il mondo del lavoro, soprattutto in questi anni e quanto è difficile stare sotto persone e non poter esprimere la tua creatività e i tuoi pensieri. Da lì, mentre stavo studiando una sera, mentre ero in questa casa a Genova insieme ai due miei migliori amici, mi è venuta in mente questa idea, questo concept, di creare un luogo, un brand di mostre di arte digitale che potessero andare a portare, soprattutto le nuove generazioni, ad appassionarsi al mondo dell’arte contemporanea e a capire che l’arte digitale ha tutte delle radici nell’avanguardia storica. Quindi sicuramente qua si è unita la passione dell’arte con la volontà di dire qualcosa e di promuovere una tua personalità, una tua idea e avere un impatto nel mondo e lasciare un segno, ritorna un po’ l’aspetto della passione che ho della storia, quindi lasciare un segno della propria esperienza terrena. Quindi da lì è stata un’escalation di cose che hanno portato a dove siamo oggi.

Quella era proprio la prima scintilla di Reasoned Art di cui parleremo tra un secondo, hai nominato l’arte digitale, che è una cosa che ti ha colpito, sei entrato all’università, visto che ne parleremo abbastanza durante l’episodio, perché è la tua passione ed è quello che ha portato Reasoned Art ad esistere, ci puoi dire al volo cos’è l’arte digitale, cosa vuol dire, banalmente e qualche parola in più su quello che ti ha colpito?

Certo, l’arte digitale nasce negli anni ’60, quindi non è un fenomeno che nasce negli ultimi anni. Prettamente sono artisti che lavorano con un medium diverso dal classico pennello, la classica scultura. Utilizzano quindi gli strumenti digitali per creare delle opere d’arte. Quindi si passa dal banale Photoshop, a dei collage digitali, a sperimentazioni più complicate come l’intelligenza artificiale, come la realtà virtuale, la realtà aumentata. Quindi sicuramente l’arte digitale è diventata qualcosa che non sta andando ad eliminare l’arte fisica, come magari delle volte si pensa, ma sta creando una corrente nuova, una corrente che può dare possibilità ad artisti contemporanei di sperimentare e di lavorare con dei nuovi medium che aprono anche a nuovi messaggi e nuovi modi di fruire delle opere d’arte, anche in maniera molto più interattiva e più diretta con il pubblico, passando da una chiave passiva dello spettatore a una chiave attiva, dove lo spettatore diventa spettautore, quindi sicuramente questo apre non solamente a uno spirito estetico nuovo ma a un modo nuovo di fruire delle opere d’arte.

Reasoned Art, che è la startup che hai creato nasce per valorizzare l’arte digitale. Ci hai parlato poco fa della mostra che hai creato quando eri all’università. Ci puoi raccontare come hai organizzato questa tua prima mostra? Comunque eri all’università, immagino con poco budget, con zero esperienza nel settore, quindi raccontaci un po’, riportaci un po’ indietro.

Sì guarda, quando ripenso a quei giorni mi sembra una vita fa, invece erano esattamente tre anni fa, perché a fine ottobre, inizio novembre, a Genova, a Palazzo Rosso ho curato questa mostra di arte digitale. Ho contattato due artisti, un artista di Napoli e un artista brasiliano, di San Paolo e ho confrontato le loro opere con quelle del surrealismo storico, proprio per creare quel balance tra tradizione e innovazione e per dare uno spirito critico al tutto. È stato un po’ un gioco per me, l’ho preso un po’ come autotirocinio che l’università non mi ha fatto fare, ma me lo sono fatto io da solo sostanzialmente. Ero completamente da solo e ho fatto tutta la parte di curatela, di comunicazione. Ovviamente ho messo del capitale mio, che poi è stato recuperato, ho trovato il backheaven anche se non sapevo cosa fosse all’epoca ma l’avevo trovato in quell’occasione tramite la vendita dei poster e delle opere che erano in vendita. Ovviamente non quelle del surrealismo ma degli artisti contemporanei. E lì ho compilato anche un catalogo che è stato pubblicato. Perché parlando di questo progetto ho coinvolto persone che si sono interessate e mi hanno dato poi una grossa mano. Però sì, qua ritorna un po’ l’aspetto che dicevo prima, l’unione tra una visione, un’idea e uno spirito imprenditoriale, perché le due cose, secondo me, non possono prescindere, in qualsiasi ambito, soprattutto nell’arte e nella cultura. I classici pregiudizi “con la cultura non si mangia”, secondo me in questo sta un po’ cambiando la visione, soprattutto con le nuove generazioni il quadro e il bilanciamento tra l’aspetto culturale e l’aspetto economico, trovare questo equilibrio, che è un po’ il mio mantra: in medias stat virtus, in tutte le cose, non mi piacciono gli estremismi. Quindi sì, è stata un’esperienza molto interessante e ha aperto le porte nello studiare poi questo nuovo mondo NFT nell’effettivo.

Adesso andiamo a parlare proprio di quello. Infatti completamente casualmente dopo aver organizzato questa mostra, durante un intervento, senti parlare per la prima volta di NFT. Hai capito subito che sarebbe stato un tema interessante per te? E mentre ce lo racconti ci spieghi che cos’è un NFT, perché penso che in tantissimi ne sentono parlare ma non tutti hanno esattamente capito di cosa si tratta.

Assolutamente sì, quindi facciamo, in brevissimo cosa sono gli NFT. Pensate all’infrastruttura, che è la blockchain, queste catene di blocchi, dove in ogni blocco ci sono delle informazioni che vengono validate, per poi costruire questa catena dove ci sono queste informazioni che sono tracciabili, trasparenti e immutabili. Quindi attraverso questa infrastruttura che fa parte del mondo delle criptovalute, c’è la possibilità di andare ad autenticare un file digitale, quindi pensiamo a quando noi facciamo un file Word o un PFD, questo è duplicabile e replicabile. Attraverso gli NFT invece possiamo rendere questo file unico e raro e quindi apre le porte, nell’arte digitale, a tutto quello che è il collezionismo, qualcosa che non era stato preso troppo in considerazione dal mercato dell’arte tradizionale, perché ovviamente c’era la difficoltà di autenticare il file e quindi il ben, l’asset. Gli artisti digitali, fino a pochi anni fa, lavoravano prettamente su commissioni che i brand facevano, perché appunto, i brand andavano a contattare gli artisti digitali per creare delle campagne pubblicitarie sostanzialmente. Gli NFT danno la possibilità di eliminare uno dei grandi problemi del mercato dell’arte che è quello dell’autenticità di un file di un’opera d’arte. Più del 50% delle opere tradizionali sono false, quindi un dato veramente enorme, e poi ovviamente creare un mercato trasparente e tracciabile, soprattutto nel mercato secondario. Quando l’opera viene venduta al primo collezionista e quando il collezionista la rivende, di solito c’è tutto quello che è il nero del mondo dell’arte, quindi io vendo il quadro che ho comprato a te e ovviamente le royaltes all’artista non arrivano. Invece attraverso questo sistema l’artista trattiene il 10% delle royaltes. Quindi innanzitutto va a rivoluzionare il settore dell’arte e poi va a introdurre quello che sono gli artisti digitali contemporanei. La potenzialità degli NFT è una goccia in un oceano del cambiamento tra Web 2 e Web 3 e quindi va  a considerare tutto quello che è il mondo delle criptovalute, degli smart contract, delle dowd, della finanza decentralizzata, degli ecosistemi pay to earn, del metaverso, un cambio di paradigma delle nostre vite. Questo è un piccolo inciso che però è fondamentale sempre fare. Nel mio caso ho scoperto questo mondo degli NFT, ma più che degli NFT della blockchain a fine del 2019, ad una conferenza all’università IULM di Milano e da lì, mi ricordo che ero andato a Milano da solo, avevo una ragazza vicino e le ho detto “ma cos’è blockchain?” e lei mi guarda e mi fa “ma dove vivi? Blockchain, ma figurati, come fai a non saperlo?” ho detto “ah, scusa”, quindi diciamo da lì è iniziata questa indagine sulla parte più tecnologica dove io non ero e non sono ancora un esperto tecnologico, però da lì ho fatto un bando dell’università di Genova per fare startup e ho vinto questo bando che mi ha dato la possibilità di ricevere 10 mila euro come premio per la costituzione dell’azienda, quindi da lì è iniziata l’avventura e il Covid sicuramente a me ha aiutato, in un certo senso, perché chiuso in casa due mesi dopo aver vinto questo bando, ho avuto l’opportunità di dedicare anima e corpo totalmente su capire cos’è una startup e come strutturare un business, quindi è stato un momento per me fondamentale.

Infatti ti porto un po’ indietro prima di parlare come hai creato la startup perché ti volevo chiedere, hai scoperto questo mondo della blockchain, che ti sei messo a indagare, cercare di capire, però che potenziale hai visto? Ti sei buttato subito a capire come funzionasse, come avresti potuto lavorarci?

Assolutamente, mi ha aperto un mondo, mi ricordo ancora quei giorni, ho capito realmente che le cose stavano cambiando, ma come dicevo prima, non solo nel mondo dell’arte ma in tutto quello che è l’intermediazione, quindi pensiamo anche a quando andiamo a comprare una casa: c’è un notaio, che va a certificare l’identità delle due persone, l’asset, che quella casa è in quelle condizioni, in quella determinata via. Attraverso gli smart contact l’intermediario non ci sarà più, non c’è e non ci sarà più. Quindi se io mi accordo con l’altra persona e non devo neanche sapere chi è, perché in blockchain noi abbiamo un adress e quindi un’identità che è criptata, quindi si genera un nuovo modo di avere fiducia nelle altre persone, quindi la cosa che a me interessa di questa tecnologia è l’aspetto più antropologico e filosofico e di come andare a costruire una rivoluzione culturale. Purtroppo ad oggi questo mondo viene visto negativamente o positivamente, dipende dalle persone, è molto soggettivo, però la cosa che mi dispiace è che viene visto solamente l’aspetto finanziario e tecnologico e mai quello più umano, di come la tecnologia può aiutarci a migliorare e costruire un futuro nuovo. Ovviamente sappiamo in che momento storico stiamo vivendo e se analizziamo quello che sta succedendo, come facciamo ad avere fiducia nel futuro, è molto complicato. La tecnologia ha cambiato totalmente, internet da fine anni ’90, con la bolla, a quello che è oggi, con i social media, il processo esiste, c’è e non potrà essere fermato. L’importante però è capire come lavorare con questi mezzi tecnologici, se in maniera utopica o distopica. Il potere è in mano a noi e il Web 3 cerca di ridare autonomia al singolo individuo e non più essere governati da degli Stati ma degli Stati privati che sono le Big Tech. È un qualcosa di molto interessante sul cambiamento totale di paradigma che si può avere a livello umano.

Sì, infatti siamo in questa rivoluzione di cui hai appena parlato, da Web 2 a Web 3, che tantissimi non capiscono e poi penso che quello che sta succedendo è che tutti mettono insieme, cioè, c’è la tecnologia blockchain e poi le crypto, poi ci sono gli NFT, vanno un po’ tutti insieme per le persone che non capiscono, quindi poi le critiche, per esempio i bitcoin vanno male, si mette tutto insieme dicendo che queste cose non potranno durare nel futuro. Ovviamente sono cose ben diverse, ce le hai spiegate. Però, tu come navighi queste continue critiche, domande, che ci sono intorno a questo settore in cui alcune persone non capiscono bene il valore?

Intanto piccola premessa, per me, io ho 25 anni, è un onere e un onore poter essere preso in considerazione per poter spiegare questo mondo, è qualcosa che non mi sarei mai aspettato. Quindi lo vivo in maniera molto positiva, come tutte le cose, quando ci sono delle cose nuove, c’è tanta paura, quando non si capisce l’uomo cerca di proteggersi e quindi di stare nella sua confort zone, è normale. Però pensiamo, faccio sempre il solito esempio, credo che stiamo vivendo nel momento identico a fine anni ’90 con la bolla dell’hotcom, dove tutti si sono infilati a cercare di lavorare con questo nuovo internet, però non si capiva cosa potesse essere internet e come in tutte le cose, c’è stata una bolla, ci sono stati dei progetti che guardavano a breve termine, che volevano speculare, che sono morti e progetti a lungo termine con una visione chiara, che poi è anche cambiata per adattamento, è un processo iterativo, che però hanno costruito lo standard in cui viviamo oggi. Stessa cosa con il mondo blockchain e il mondo NFT, ora siamo sicuramente in un periodo storico molto complicato, ma non solo nel mondo crypto, è tutto il mondo finanziario, attraverso quello che stiamo vivendo, la crisi climatica, la crisi energetica. Quindi tra 5-10 anni senza blockchain non vivremo, l’importante è capire come affrontare questo nuovo mondo in costruzione. Ovviamente alcune volte ti mangi un po’ le mani perché vedi quell’astio che fa male, però sono più i casi in cui si riesce a dare una prospettiva nuova e a creare uno spirito critico. Reasoned Art anche come nome ha proprio questo obiettivo, di poter creare uno spirito critico, un confronto e un ragionamento, attraverso l’arte e la cultura. Queste cose per me sono bellissime perché è proprio la vision della startup, di cercare di rappresentare il motore della prossima rivoluzione culturale.

Grazie di averci spiegato, è sempre un onore spiegare queste cose ma anche molto complicato e penso che tu le abbia spiegate molto chiaramente e quindi ti riporto, ora che ti abbiamo finito di far fare il professore, ti riporto sul tuo progetto, Reasoned Art, l’hai accennato prima, era questa mostra digitale, non sapevi come portarla avanti e hai fatto questa domanda a un bando per ambito umanistico di beni culturali. Quando hai fatto quella domanda, hai detto non sapevi molto di startup, hai dovuto un po’ improvvisare, cosa pensavi di fare? Cosa volevi fare con i soldi che avresti vinto dal bando? Da cosa hai cominciato?

Faccio fatica ad aprire quel business plan perché non voglio più vederlo, chissà cosa ho scritto lì dentro, non oso immaginare quante cose inesatte ho scritto all’interno. Però l’idea iniziale di Reasoned Art era quella di creare un brand di mostre d’arte digitali e una piccola galleria itinerante, dove però non avevo ancora capito la tecnologia dove entrasse dentro questo mondo. c’è stato un po’ di buzzword e ho cercato di condire il tutto. Poi, la mia fortuna è stata anche di partecipare  a un bando molto settoriale dove in una città non troppo attiva sotto questo punto di vista, la concorrenza non era ampia, questo è stato anche il fattore C, che ci vuole sempre. Una cosa che ci tengo a sottolineare è che la vision della startup è sempre rimasta la stessa e rimarrà sempre la stessa, il modo invece in cui tu vai a creare dei prodotti e dei business model invece si deve adattare al momento storico, al mercato, al target e a tutte le caratteristiche. Io non sono un purista dell’idea, che deve essere la stessa a livello di prodotto, ma di visione. Il cambiamento per me rappresenta intelligenza, non qualcosa di negativo cioè non hai la visione chiara, non sai dove andare, che cosa fare.

Quello anche è necessario in una startup, perché le cose cambiano mille volte. Domanda super veloce, di quanti soldi si parlava in questo bando? Bando abbastanza limitato, no?

Sì, limitatissimo, erano 10mila euro che sono scomparsi alla creazione della startup tra notai, commercialisti e quant’altro.

Esatto, questa è la cosa dei bandi, se non sono grandissimi bastano solo a fondare la startup con il sistema che abbiamo adesso in Italia. Ti voglio portare a parlare di due incontri molto importante per la crescita di Reasoned Art, uno alla volta. Il primo è del tuo primo co-founder, a questo punto eri solamente tu con la tua idea, i tuoi 10mila euro e l’idea di fare una startup senza ben aver capito cosa fosse. Ci racconti come hai conosciuto il tuo co-founder e se e come è cambiato il progetto una volta che l’hai conosciuto?

Quell’incontro è stato fondamentale, ovviamente, avevo un anno di tempo per costituire la startup e prendere questi fondi. Avevo vinto a gennaio 2020 ed entro gennaio 2021 avrei dovuto costituire la startup. Ad agosto 2020 ho conosciuto Andrea Marek, che è il mio co-founder, a Genova, lui ha studiato economia in Bocconi, con una specialistica a Tokyo, e lui era in un momento di vita in cui stava chiudendo la sua carriera universitaria e voleva affrontare il mondo delle startup. Non tanto entrare nelle classiche aziende per scalare internamente, ma creare qualcosa di nuovo. Questa sua predisposizione è stata fondamentale per trovarci dapprima ad un livello umano e poi da un livello lavorativo. La cosa interessante è che per nostra fortuna in quelle settimane avevo vinto una partecipazione gratuita a un programma di incubazione online che era divisa in due mesi, da settembre a novembre con delle lezioni e poi al sabato c’era la revisione dei compiti che affidavano alle startup. Quindi il momento era perfetto per testare in maniera pratica il lavoro che potevamo fare insieme. Questa cosa ci ha portato a lavorare non in maniera indipendente dove è complicato, ma con dei mentor che ci seguissero e lì è stato fondamentale perché ha risolto dei dubbi che avevo io, poi piano piano conoscendoci sempre di più siamo diventati come marito e moglie, in un certo senso, dove non arriva uno arriva l’altro, quindi c’è un bilanciamento assurdo, quando uno è in completo down, l’altro lo tira su o quando uno ha messo il paraocchi per n motivi, l’altra persona glielo toglie. Si è creato un rapporto incredibile e qua ritorna anche il fattore C, se non avessi incontrato Andrea, sicuramente questo progetto non ci sarebbe o non sarebbe a questi livelli.

Poi c’è stata un’altra cosa importante che è successa negli inizi di Reasoned Art. Apro una parentesi per dire che secondo me sei uno molto attento e studioso, quindi hai voluto studiare cosa vuol dire fare una startup e quindi ti sei iscritto ad un corso allo IULM, proprio sulle startup. Perché ti sei iscritto? Non è necessario fare un corso, è stato utile? Se non altro perché un’altra persona molto importante che poi farà parte di Reasoned Art l’hai conosciuta proprio grazie a questo corso.

Assolutamente sì, è stata un’esperienza incredibile. Mi stavo laureando in triennale, nel frattempo nel 2020 e mi volevo inscrivere ad una laurea magistrale più attenta e focalizzata sul manegment del mondo dell’arte, quindi unire economia e arte, quindi ho visto questo corso alla IULM a Milano, Arte Valorizzazione Mercato dove c’era un corso che era Startup per l’arte, quindi quando l’ho letto ho detto “è il mio, non posso non inscrivermi”, un po’ la faccia tosta è stata quella di scrivere al professore che è Angelo Miglietta, prima dell’inizio del semestre, per fortuna era vicino casa mia, in Liguria, ci siamo visti e lì si è innescato il rapporto del primo vero advisor che seguisse e consigliasse i passi della startup. Angelo Miglietta poi mi ha presentato un altro professore della IULM che è Stefano Ceci, che è diventato il terzo co-founder, lui ha fatto oltre otto startup nella sua vita nell’ambito del turismo, ha costituito un primo incubatore nel mondo del turismo, p sempre stato all’interno del Ministero della Cultura, quindi una persona molto attenta a questi temi, e quindi l’università mi ha dato anche la possibilità di conoscere questo tipo di persone. Piccola parentesi, pagari off topic, l’università affrontata nel modo giusto non sia solo prendere il 30 e lode, che lascia il tempo che trova, ma costruire delle relazioni e capire come andare ad unire l’aspetto di studio con quello pratico che il mondo del lavoro chiede sempre di più. L’università in questo caso è stata molto importante per me.

La parentesi che hai fatto lo è ancora di più, perché l’abbiamo chiesto in modo provocatorio, non si lavora con l’arte ma la tua storia dimostra che, come in tutti i settori, prende le cose come sono e cerca di trovare delle opportunità, che non è magari la carriera precisa o il lavoro sul sito dell’università, ci sono modi per creare cose nuove in tutti gli spazi dove uno si prova, però, appunto bisogna avere un po’ l’imprenditorialità di scrivere al professore, mettersi, avere un’idea, metterla in pratica, anche se non è parte formale del curriculum universitario come quando hai fatto la tua mostra perché in realtà non avevi fatto un tirocinio. Fino ad ora siamo rimasti che Reasoned Art era solo un’idea, poi per cominciare formalmente dopo il bando e i due co-founder, come ci avete lavorato? Al classico NVP per validare l’idea, e se sì qual era l’idea di questo NVP e come avete validato l’idea che Reasoned Art potesse essere effettivamente un business?

Reasoned Art inizialmente è una piattaforma, un marketplace dove andiamo a selezionare artisti digitali, quindi con un filtro curatoriale, andiamo a creare delle mostre fisiche per dare valore culturale proposte e queste opere d’arte vengono certificate tramite NFT e quindi potenzialmente acquisite da un collector o da chiunque voglia. Il tutto su un sito, una vetrina, che ha nel backhand tutta la parte di infrastruttura blockchain che è la parte più complicata. Quindi abbiao lavorato molto sul concept della galleria d’arte, perché alla fine è una galleria d’arte digitale e il 10 giugno 2021 abbiamo organizzato il primo evento di Reasoned Art dove c’era la mostra sugli schermi delle edicole di Milano, erano 30 edicole di Milano e su questi schermi erano proiettate nell’arco della giornata tre opere d’arte digitali. Queste tre opere erano in vendita sulla piattaforma e acquistabili tramite NFT. Il problema vero era che non avevamo ancora un’infrastruttura di team forte e il nostro primo CTO non ha deliverato la costruzione del marketplace e ci siamo trovati l’8 giugno in cui dovevamo fare la prova della demo che era stata rinviata per settimane con scuse varie, qui cade l’inesperienza che avevamo, non puoi fare la demo due giorni prima dell’uscita, quindi la piattaforma non funzionava. Tutta la notte io, Andrea e altre persone che gravitavano intorno alla startup all’epoca ci siamo chiesti come fare. Non vi nego che in quelle ore ho ipotizzato di dire “va beh, basta, è stato divertente, finiamola qua, è stato bello” e invece poi la forza e la passione per quello che stavamo facendo era molto più forte e ci ha portati a trovare una soluzione dove le opere che sono state vendute non erano state vendute in quell’occasione ma erano state opzionate dai collector, quindi selezionate da dei collezionisti. Questo però ci ha portato ad aprire le prospettive, andare a parlare con vari investitori, quindi è stata un’arma intelligente, l’importante gli NVP è farli, poi che funzionino è un’altra storia.

Magari adesso lo racconti così ridendo perché avete superato quel momento bene e non vi ha limitato, ma penso che se torniamo a quel momento in cui hai pensato di mollare, immagino fosse stato il panico totale. Immagino ci siano stati anche errori da parte vostra come ragazzi, se puoi tornare indietro a quell’NVP, perché quel CTO non ha deliverato? Cosa avresti fatto diversamente? E adesso che hai avuto quest’esperienza, che consiglio ti senti di dare a delle persone che stanno creando un NVP e magari non ci possono mettere loro le mani perché non sono loro i developers?

Questo è il punto, l’aspetto fondamentale nei mesi, ma anche oggi ne parliamo con Andrea. Tu non puoi pensare di fare una startup se non hai competenze tecnologiche. Ovviamente una persona non può avere tutte le carte in mano, quindi io sono più specializzato nel mondo dell’arte, Andrea più finanziario, però ci dev’essere per forza tra i founder una persona esperta del mondo tecnologico perché tutto si basa su quello. Puoi avere la visione più bella del mondo ma se il prodotto non funziona, non si può fare niente. Questo è un aspetto importante. Il consiglio che do è di creare la prima base della startup con delle persone che abbiano diverse prospettive e competenze, dove quella tecnologica è fondamentale, se no incorri in rischi, come quello che abbiamo corso noi, e in problematiche che possono tarpare le ali a persone oberate, mi ricordo quei giorni lì non ero facile da prendere, capisco che altri avrebbero potuto mollare tutto e perdere un sogno, per che cosa? Per un aspetto che non avevi considerato che però è fondamentale. Poi, sbagliando si impara quindi sono esperienze che ti rimangono dentro e che affronti in maniera differente poi. Le ciambelle non escono tutte col buco, l’importante è l’ottica del fallimento. La classica frase che sentiamo che in Italia se sbagli una volta sei etichettato e quindi non puoi più fare impresa, in America è quasi il contrario, se fai la prima impresa, fallisci, la seconda hai un track record e capisci quali sono gli errori e gli investitori sono più propensi a darti dei soldi, in effetti sbattere la testa contro il muro è importante. Ci vuole il giusto balance, come in tutte le cose.

Cerchiamo di promuovere il fallimento in questo podcast come step necessario per la crescita e per il successo. Quasi tutti hanno costruito il proprio successo su piccoli fallimenti e non lasciandosi abbattere. Parlando di momenti difficili, ce ne sono stati ovviamente altri e quando si fa startup ce ne sono sempre, però ci sono persone che ne affrontano di più difficili, voi avete dovuto affrontare quest’altra batosta perché, dopo aver validato l’NVP, mi sembra che eravate molto vicini a chiudere un commitment da un fondo che vi avrebbe dato 500mila euro, ma che poi questo fondo pochi giorni prima ha chiuso e vi ha lasciato senza i soldi che avrebbe dovuto darvi, come avete gestito la situazione e come siete riusciti ad essere ancora qui? Raccontaci di quel momento e come siete andati avanti.

Sì, era il periodo in cui il MISE (Ministero dello Sviluppo Economico) ha lanciato EneaTech, che magari qualcuno ricorderà. Questo EneaTech doveva investire in startup innovative e italiane. Noi avevamo fatto tre mesi di diligences con commitments da mezzo milione, ma proprio in quei giorni, prime settimane di giugno, il fondo ha chiuso per problemi legati alla gestione dei fondi, che non erano stati molto trasparenti, a buon intenditor poche parole. Però mi ha aiutato tantissimo a capire che non ti puoi affidare ai soldi pubblici per fare startup, un altro insegnamento di vita importante. Da lì la consapevolezza che il progetto era valido, che c’erano clienti disposti a comprare, un interesse mediatico, perché l’evento di giugno ha dato una grande risonanza. È stato il primo evento di crypto arte in Italia e poi da lì c’è stato il boom con tutte le alter entità, quindi siamo stati i first mover di questo settore in Italia, quindi anche attraverso i nostri advisor siamo riusciti ad intercettare Rosario Bifulco, che è stato il primo investitore nella startup. Lui è un business angel, dove investe soprattutto in startup healcare, è un grande appassionato di arte, collezionista molto importante ed è il presidente di Finarte, una delle case d’asta più importanti d’Italia, quindi abbiamo iniziato a parlare con lui. Nel frattempo si è chiuso il cerchio di quell’incubatore di cui vi parlavo quando ho conosciuto Andrea, c’è stato il demo day a fine giugno dove Marco Riccio di Hellventure ci ha contattato, era al demo day, e abbiamo fatto un round a settembre 2021 con l’entrata di Rosario Bifulco ed Hellventure, che è uno dei principali fondi italiani dedicato a startup, dove poi abbiamo seguito un programma di accelerazione. Da lì poi abbiamo fatto questo primo round da 300mila che ci ha portato ad un boardare il CTO nuovo, che è quello attuale e il CMO, quindi tutta la parte marketing e da lì poi il resto del team.

Quindi, ad oggi, avete tirato su 300mila euro o avete fatto altri round?

Abbiamo appena chiuso un round da un milione e nei prossimi mesi stiamo lavorando con investitori soprattutto internazionali, perché il momento di mercato è quello che è, siamo in completo bear market (denominazione data dal mondo crypto, quando il mercato crolla), però come in tutte le cose, ha un ciclo, questo è il momento migliore per costruire e trovare i fondi migliori per poi andare a creare il nuovo hype e posizionarci nel settore con un posizionamento unico. Questo è un momento molto interessante che a molti può scoraggiare e a noi invece gasa tantissimo.

Bene bene, perché è un momento difficile, abbiamo vissuto un 2021 iper positivo per le startup con evaluation altissime, si potevano tirar su soldi, mai quanto in America, ne abbiamo viste di allucinanti, non solo per le crypto ma tutti si sono riposizionati. Invece a livello di startup, a che punto siete? E cosa ti emoziona di più della società che avete creato?

Noi siamo partiti con un’unica linea di business, la galleria. Negli ultimi mesi abbiamo unito altre due business unit: collaborazione con i brand, quindi andiamo ad intercettare il need comunicativo di alcuni brand, abbiamo fatto due operazioni, una con Bulgari, l’altra con Adidas Original, una con Pasqua Vini, dove andiamo a creare campagne comunicative e pubblicitarie attraverso gli artisti digitali e attraverso l’innovazione del Web 3, una semplice agenzia creativa. Non è qualcosa di scalabile ma che ci dà un buon ritorno economico e un buon posizionamento. È il compromesso attuale per risolvere i problemi riguardo al bear market. Nel frattempo abbiamo anche ideato un nuovo concept che è Monuverse, con l’obiettivo di portare i monumenti e i beni culturali in generale all’interno del Web 3, quindi Metaverso, NFT, rivisitati dagli artisti digitali. Noi in sostanza andiamo a creare un’esperienza fisica sui monumenti. Ne abbiamo fatto uno all’arco della pace a fine del 2020, proiettare l'arte digitale appunto sull'intera superficie del monumento e lo step due, quello che stiamo facendo ora è creare un'esperienza virtuale in cui rivedere (38.39) la fisica, creare una community web, soprattutto sui canali Twitter, dove ci sono le community legate al mondo e poi andare a vendere le opere dell'arco della pace, non uno di uno, ma un progetto collectible, dove i collectible sono legati soprattutto al mondo delle scimmiette. Sicuramente avrete visto no queste queste scimmiette collezionabili che sono più però un'ottica di gaming e di Entertainment. Noi invece stiamo portando un'ottica più legata al mondo dell’arte. Quindi portare education più che medication.

Ovviamente ci sono tutte queste cose bellissime che stanno succedendo con Readoned Art di cui ci hai appena parlato. Però a livello personale, come imprenditore, come ti senti? Dalla prima idea sono passati solo tre anni, avete coperto tantissima strada. Cosa ti motiva e cosa ti fa voglia di andare avanti con questo progetto e con la tua esperienza da imprenditore?

Per essere completamente onesto, è una vita molto complicata. Questo è sicuramente da mettere sul piatto perché il lavoro, soprattutto quando inizia ad avere investitori, inizi a raccogliere milioni perché comunque in effetti, poi quando ci ragioni ci sono delle persone, di fondi che investono milioni di euro sulla tua idea e sul tuo progetto e quindi ti senti anche comunque responsabile. Non hai il peso di dovergli dare questi soldi, però è un aspetto etico che è veramente molto importante, quindi sicuramente questo, unito a una corsa all'oro. perché è la corsa all'oro al mondo web 3 è oggi, non era ieri, non è domani e sono questi mesi, sono questi anni. Vuoi costruire qualcosa di unico e quindi non vuoi farti scappare l'opportunità, essendo posizionato in un certo modo, essendo che stai facendo le operazioni fatte bene, con intelligenza, non vuoi perdere il treno. Dall'altro lato, mentre le rinunce sono tante, quindi dagli amici alle relazioni, all'uscire la sera. Comunque sei umano, sei stanco, devi anche recuperare. È molto complicato, quindi sicuramente l'aspetto psicologico è fondamentale. Purtroppo in Italia è qualcosa che viene poco considerato e ho visto un programma di accelerazioni a Vienna un po’ di mesi fa e sono rimasto colpito perché uno dei punti cardine del loro programma era proprio legato al mental care, quindi a tutta la questione di dire gli imprenditori, i founder come vivono la vita, come bilanciare vita privata e lavoro. Ad essere completamente onesto non l'ho ancora trovata. Io credo che ci sia una scala dove l'amore è al top, sotto c'è il lavoro, però in questa scala non ci sono i sogni, i sogni sono qualcosa che sono fuori da una scala e per me questo è un sogno, realizzare un sogno, né realizzarmi lavorativamente, non è l'ansia, gliele faccio exit perché così poi faccio altri mille start up. Non sono ipocrita, l'aspetto economico è fondamentale, è ovvio, questo però non è la classica startup in cui cresci per poi vendere per poi dedicarti un'altra. Qua si parlava più di un'ottica, di dire una creazione che ti parte dal cuore e che quindi è come fosse un bambino. Ovvio che devi trovare anche i giusti compromessi, essendo consapevole del fatto che non puoi farlo per troppo tempo sennò rischi di mandare in frantumi tutto quello che hai creato, sia lavorativamente che relazionalmente se si dice in italiano con amici e relazioni appunto emotive,

Certo mi fa piacere che ne hai parlato perché una altro tema di cui parliamo spesso è l'importanza di bilanciare tutte le cose e tante storie che si sentono di imprenditori che vanno in burnout, come si dice quando stai lavorando troppo e non stai dando attenzione al resto della tua vita. Anche se è il sogno della tua vita a costruire questa azienda. Ovviamente ci sono dei, dei limiti umani che uno raggiunge. Quindi è importantissimo anche parlarne e capire che ci sono dei momenti veramente tosti e che li si affronterà. Ci sono anche momenti da cui non si esce facilmente, c'è sempre bisogno di confrontarsi e parlarne con altre persone e ci dicevi che quello che ti porta avanti un po’ questo sogno. Ci puoi descrivere un po’ meglio? Cos'è il sogno, cos'è la passione che porta avanti questo progetto?

Il sogno è sostanzialmente quello di riuscire, attraverso l'arte e la cultura, di creare una nuova mentalità, soprattutto nelle nuove generazioni. Capire di affrontare il futuro in maniera più consapevole e per costruire una società che sia inclusiva, bella e sostenibile. Questo è il sogno di Reasoned Art, quindi. Io punto di promuovere una consapevolezza e una propria un'autenticità di ogni singolo, di ogni singola persona, utilizzando l'arte, la cultura, questa è, diciamo, l'aspetto principale di quello che ci porta avanti, che ci spinge a fare e sicuramente ad oggi ho avuto dei grandissimi riscontri e tutto questo ti dà linfa vitale per andare avanti e sapendo che poi il traino anche economico, ti può far raggiungere, diciamo la massa adoption, e quindi agevolare questo tuo messaggio culturale.

Siamo arrivati alla fine della nostra intervista, ti facciamo la nostra famosa ultima domanda, e che in questo mondo secondo noi è molto importante: in che modo la tua italianità ti ha aiutato nel tuo percorso?

Per quello che facciamo noi è fondamentale, nel senso che veramente noi siamo riconosciuti nel mondo per la nostra arte, per la nostra cultura e quindi quando noi andiamo a parlare diversi player, che siano investitori, che siano clienti o che siano persone interessate a questo ecosistema, ci guardano in una maniera completamente differente rispetto ai competitor. Proprio per questo spirito umanistico che noi abbiamo insito nel nostro background, nella nostra cultura e noi affrontiamo quindi tutto questo nuovo mondo, non da un punto di vista appunto tecnologico, finanziario, come fanno magari in America, invece abbiamo ribaltato la frittata, cioè l'arte digitale è solamente lo strumento, è il mezzo e non è il fine, quindi sicuramente l'italianità in questo caso è fondamentale ed è importantissima soprattutto anche col nostro nuovo progetto, che è quello di portare i beni culturali all'interno del metaverso, quindi anche lì soprattutto. Una cosa importante in realtà virtuale, metaverso oggi la vediamo in maniera super distopica, dove sicuramente perché la strada è quella, la strada è vivere metro quadro con l'oculus tutto il giorno e vivere costantemente al suo interno, e quindi sostituire la vita reale con la vita. Attuale in questo caso, invece, l'arte e la cultura possono aprire una prospettiva di utilizzare questo strumento incredibile per implementare la tua vita reale e non sostituirlo. Quindi diciamo questo, la nostra italianità è molto importante.

Grazie di averci raccontato tutte le tue esperienze. Soprattutto trovo che sia una storia di grande ispirazione, su come prendere qualcosa che è intrinseco, la nostra italianità, che è l'arte, la cultura che spesso viene visto come un bagaglio che ci appesantisce, che ci porta a guardare indietro e non avanti. E invece con questo progetto state dimostrando che gli italiani possono prendere una delle nostre cose più ammirate dal resto del mondo, che è l'arte, la cultura e portarla nel web 3, nel ventitreesimo secolo e portarla avanti e aggiungere tantissimo valore, quindi ci fa molto piacere scoprire tutte queste storie e in conclusione ti vogliamo anche chiedere se c'è un posto dove i nostri ascoltatori possono vedere le opere digitali che fanno gli artisti, coi quali collaborate, che fanno parte del vostro ecosistema.

Sostanzialmente c'è la nostra galleria d'arte digitale, che è il nostro sito che edisondart.com, mentre invece il progetto legato ai beni culturali, monumenti, il sito e a Monogres XYZ

Perfetto e metteremo tutto come al solito negli shorts, grazie Giulio, grazie mille.

È stato un piacere.

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