Che startup cerca un Venture Capital con Andrea di Camillo, Founding Partner di P101

 

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Andrea nasce a Biella nel 1970 e la massima aspirazione di sua mamma è vederlo lavorare in un’azienda tessile della zona.
Il suo percorso però, lo porterà molto più lontano.

Andrea infatti entra in Olivetti all’alba della rivoluzione digitale e da lì diventerà un pioniere dell’innovazione italiana.

Andrea è tra i fondatori e investitori delle prime realtà del digitale italiano come Vitaminic, Banzai, Venere e Yoox, affiancando Elserino Piol, il padre del Venture Capital italiano. 

La scalata di Andrea culmina con il lancio di P101 SGR, uno dei più grandi gestori di fondi VC del nostro paese. 

In questo episodio Andrea ci accompagna nel mondo degli investimenti in startup, facendoci la panoramica sulla situazione italiana, con una visione sempre ottimista.

Grazie alla sua esperienza da veterano del settore, Andrea regala tanti consigli preziosi per ogni giovane imprenditore.

Andrea ci racconta cosa cerca un investitore in una startup e ci spiega quali sono i settori e i business model più interessanti su cui puntare, ma ci ricorda anche tutti gli errori più comuni e i sacrifici che deve fare ogni founder.

Andrea attribuisce buona parte del suo successo alla fortuna e alle persone che ha incontrato sulla sua strada.
Eppure dalle sue parole emerge chiaramente che questi grandi risultati non li ha raggiunti per caso ma perché ha sempre seguito la sua passione per l'innovazione e il desiderio di costruire qualcosa di concreto che crea benessere per le persone.

Ascoltiamo la sua storia.

 

Andrea, hai un curriculum impressionante che abbiamo coperto nell'intro un minuto fa, ma tramite le tue esperienze lavorative hai avuto veramente modo di seguire il mondo dell'innovazione, della digitalizzazione in Italia dagli inizi, come investitore con Olivetti e Kiwi 1, poi adesso con P101, ma anche come imprenditore con Banzai, Vitaminic e anche dalla parte delle istituzioni, lavorando con Corrado Passera sul report Restart Italia, quindi abbiamo veramente tante domande da farti e mi butto subito con la prima, per avere un po’ un'idea d'insieme di quello che stai vedendo oggi. Sei un managing partner da P101 che e molti lo conosceranno, è uno dei principali VC in Italia. Quindi, come prima domanda ti volevamo chiedere, qual è la tua analisi del mondo startup in Italia oggi e secondo te ci stiamo muovendo nella direzione giusta?

Allora, grazie innanzitutto per avermi invitato per le domande e per quest'ultima domanda ti direi allora, la situazione è ottimale e rispetto alla prima volta in cui abbiamo chiacchierato e rispetto al resto del mercato, a cui noi sempre guardiamo un po’, non dico con invidia, ma con riguardo, “eh ma negli altri Paesi è meglio, più bello, è tutto più profumato”, in realtà siamo anche in uno strano momento dato da fattori esogeni, inflazione, fattori macro, mercati un po’ in difficoltà, per cui la situazione in Italia è in assoluto, buona, relativamente agli anni passati in costante miglioramento, ma forse per la prima volta è anche in qualche modo con delle prospettive più rosee, almeno nell'immediato, rispetto ad altri mercati che abbiamo sempre visto, un po’ come quelli di riferimento. E questo paradossalmente, esattamente per il motivo per cui per tanti anni un po’ ci siamo lamentati, dicendo “ah, ma gli investimenti in Italia sono pochissimi” ed era vero, rimane vero, però forse in alcuni posti gli investimenti sono stati da molti a troppi e questo un po’ ha congestionato il mercato, cosa che invece noi, essendoci lamentati per tanti anni, non abbiamo questa indigestione, anzi, abbiamo ancora tanto appetito. E quindi complessivamente, rispetto alla domanda, siamo in una situazione direi ottimale, rimangono valide tutte le altre assunzioni, quindi l'Italia è comunque un Paese che ha tutti gli elementi per fare quello che non è stato fatto nel passato, semplicemente questi elementi non erano stati mescolati bene, ma adesso cominciano a esserci, ci sono tanti colleghi che fanno il lavoro di investitori, tanti colleghi bravi, c'è l'attenzione degli investitori internazionali, la cultura dell'imprenditore in questo tipo di mondo, evidentemente molto veloce è una cultura che si è creata, c'è una parte così aneddotica che racconto sempre: io sono nato a Biella, all'inizio il mio futuro era finire in un'azienda del tessile, cioè la massima aspirazione di mia mamma era “speriamo che tu finisca in una bella azienda del tessile”, poi ho fatto l’università a Torino ed era “speriamo che tu finisca alla Fiat” e non c'era tanto l'alternativa che dicevano “ah, speriamo che tu ti fai la tua startup”. Questo modello culturale che non c'è stato forse quasi per una generazione in Italia, adesso invece è costruita e quella è la base da cui tutto ciò di contorno che non era connesso si è connesso, per cui ci porta a essere dove siamo, in una situazione secondo me assolutamente ottimale.

Ti volevamo fare appunto un'altra domanda. Guardando un po’ anche al tuo percorso, non per invecchiarti troppo, ma comunque sei stato attivo nel mondo dell'innovazione per 25 anni o più. Cosa ci puoi raccontare? Un po’ il progresso che hai visto in questi ultimi 25 anni, cosa è andato bene secondo te nella digitalizzazione, il mondo dell'innovazione in Italia e cosa invece appunto lo dici adesso, siamo in una situazione ottimale, ma ci sono delle cose secondo te sulle quali siamo ancora magari un po’ indietro e che potrebbero migliorare?

Diciamo che una certa accelerazione l'Italia non l'ha fatta perché nel buco culturale dal 2000 o subito dopo il 2000, fino al 2010/11, il tema dell'innovazione inteso l'innovazione a cui ci riferiamo noi, perché ci sono altre forme di innovazione, quella più dicose di base, la cui non mi riferisco, ma nel mondo dell'innovazione digitale l'Italia per un decennio non ha investito in startup, quindi non sono nate tante nuove aziende innovative, quindi non si è in qualche modo finanziata una cultura dell'innovazione di un certo tipo, è tutto rimasto un po’ al minimo indispensabile e se vogliamo, adesso, senza fare i nomi dei soliti noti, ma alcuni dei grandi colossi dei grandi operatori del digitale planetario in Italia hanno avuto un successo inaspettato, perché il consumatore, consumer o business che sia, in Italia ha le stesse esigenze di quello in America, in Cina, in Germania, quindi il mercato è ugualmente ricettivo, ma l'offerta è venuta dall'estero e non dall'Italia, quindi noi per 10 anni abbiamo avuto una cultura scarsa dell'innovazione, che quindi ha formato anche meno competenze, in un certo modo. Ricordiamoci anche se sembra una divagazione, che gli investimenti del venture capital di solito vengono memorizzati, collegati agli unicorni, che peraltro è la cosa, a mio modo di vedere, più sbagliata. Nel senso, l'unicorno è una semplificazione mediatica per dire “ah, che bello, qualcuno ha fatto una cosa importante”, poi l'unicorno in cyber currency o in cryptocurrency è un unicorno in meta verso, cioè gli unicorni veri sono quelli dove qualcuno, e possibilmente più di uno, che sia un investitore, che sia un manager, che sia un imprenditore, dal vivere in periferia si può permettere una bella casa in centro. Quando l'unicorno si monetizza allora è un unicorno, prima è una favola. Perché ho fatto questa divagazione? Perché l'attività del venture capital non è solo quella collegata al ritorno finanziario, che è un proxy del successo di quel che facciamo, ma è collegato anche al fatto che di fatto tu finanzi, peraltro, interessantemente soprattutto nelle cose che non vanno bene, finanzi una sorta di mega master, anche abbastanza costoso, a tante persone che provano a fare delle cose che non sono mai state fatte e non sono neanche mai state, tantomeno insegnate. Quindi questa assenza di denaro in questo tipo di innovazione non ha costruito quel tipo di cultura che poi, tipicamente, si riversa anche dalle grandi aziende, quindi attiva questo circolo virtuoso. Questa è la cosa che mancata e di conseguenza non è che abbiamo recuperato adesso perché in tre anni abbiamo fatto 100 investimenti che sono andati bene, ovviamente sono cose che hanno cicli che, effettivamente io dopo 25 anni, ahimè però questo ciclo l'ho visto, quindi ne ho modo la contezza mentale, culturale, quindi che cosa manca e su che cosa bisogna ancora lavorare? O meglio, che cosa non si deve intralciare? È l’osmosi di questo modello culturale, nella sua versione sana, verso il mondo della grande azienda, perché avere le startup italiane competitive e le corporate no, non serve a niente, cioè l'ecosistema non è fatto di un signore con i soldi o un imprenditore con una bella idea e abbiamo fatto il venture capital dell'innovazione, c'è tutta la filiera del ciclo economico, di un ecosistema Paese, in questo caso, deve essere connesso nei suoi vari pezzi e il pezzo che un po’ ancora abbiamo già degli esempi e noi ce li abbiamo anche del nostro portafoglio, ma ecco, la grande azienda tradizionale italiana è ancora un po’ missing. Se si guarda le aziende invece più anglosassoni, gli americani ovviamente, in particolare, ma anche europee, in Francia tutte le corporate hanno investito nei loro fondi corporate venture, eccetera eccetera. Quella cosa lì implica, al di là di come andranno a finire poi gli investimenti, che la corporate ha una predisposizione a quel tipo di innovazione. Questa cosa è ancora un pezzettino che manca che non si può neanche forzare più di tanto, ma come dicevo poco fa, dobbiamo stare attenti a non intralciarlo, quindi a favorire un po’ questa connessione tra il mondo della piccola azienda innovativa che cresce molto in fretta, con il mondo dell'azienda molto strutturata, che dall'azienda innovativa può trarre grandi benefici.

La realtà è che non si deve pensare al mondo delle startup completamente separatamente del resto dell'economia, perché ovviamente il circolo virtuoso si riversa su il singolo imprenditore, il mondo del VC, investimenti, la grande azienda, semplicemente, è così che si crea innovazione, che diciamo fa bene a tutto l'ecosistema, anche se non amo usare questa parola. Una domanda su questo, giusto per staccare un attimo su un tema di attualità, di solito non parliamo molto di attualità politica sul podcast però ci sembrava importante parlarne visto che sta succedendo proprio adesso, il governo Meloni, come sappiamo, ha deciso di non avere un Ministero dell'innovazione del digitale che c'era prima con Colao e ancora nel governo precedente, secondo te questo è un errore e forse, ovviamente hai la tua esperienza, il governo deve prendere parte a questo ciclo di innovazione oppure la cosa si può fare da sé e non c'è bisogno di avere un ministro che si occupa di vedere tutta questa parte?

Domanda complicata e come promesso la politica è un mondo complicato, se vuoi fortunatamente o meno avulso da noi. Ciò premesso io non so, conosco molto bene Vittorio Colao, una persona in gambissima con un curriculum incredibile, quindi se penso al Ministro dell'innovazione digitale, penso “che bello che avevamo una persona come Vittorio Colao a fare certe cose”. Se poi mi dici “ma serve il ministro dell'innovazione digitale?”, mah, se poi nel Ministro l'innovazione digitale ci va qualcuno per motivi politici forse è meglio che non esista. Prima considerazione, non è una questione dell'istituzione predisposta, è una questione, di nuovo, dell'attenzione. Questa attenzione c'è? In questo momento non lo sappiamo, nel senso che nel male non ne abbiamo sentito parlare, nel bene non ne abbiamo sentito parlare, meglio avere qualcuno molto opinionated ma senza un background specifico su alcune tematiche, che decide di fare delle cose tendenzialmente statisticamente fa dei danni, o meglio qualcuno che dice “va beh, mercato bello, brutto quello che c'è c'è e non lo tocco lo lascio andare”, forse meglio la seconda, quindi bottom line, il rinnovamento o meno dell'istituzione dell'Istituto del ministero, secondo me era molto bello, perché costruito all'interno di una struttura di gente molto competente, se quella struttura non si può innovare meglio che non ci sia, se non c'è un piano specifico, l'importante è che il piano non sia minare il piano già fatto. Alla fine di questo lungo giro di parole è vediamo che cosa succede, non ci sono segnali francamente in un senso o nell'altro, nessuno da noi è venuto a dire “da domani si fa così perché l’abbiamo detto noi”, che è sempre un rischio quando c'è poi la politica che interferisce, dall'altra parte non ci sono state neanche prese di posizione particolari rispetto ai temi arcinoti del ritardo verso altri Paesi. Vediamo che cosa succede. In questo momento abbiamo un'inerzia del mercato che secondo me è sufficiente per auto alimentarlo, quindi non serve aggiungere altro. Cioè si potrebbe aggiungere dell'altro, accelerare e migliorare, è sempre tutto perfettibile, ma non c'è qualcosa in questo momento che manca, per cui diciamo “oddio, mancava l'ultimo pezzettino, adesso siccome non c'è più il ministero finisce tutto”, no. Anche perché sarebbe in contraddizione con quello che vi ho detto durante la risposta alla prima domanda. Quindi ecco, un po’ la vedo così, stiamo a vedere, secondo me ci scambiamo una mail fra sei mesi, vediamo se è successo qualcosa.

Ah sì ovviamente non dobbiamo parlarne, però il tema del PNRR, che ovviamente è una grande parte sul digitale, quindi c'è anche tutto quello da mettere in conto. Ma tornando un po’ al mondo VC, ci hai appena spiegato che ti sembra che le cose si stanno muovendo nel senso giusto, che ci sono tanti più player anche nel mondo VC, quindi investitori che stanno finanziando la crescita delle startup. Ci potresti dare un po’ un panorama di quello che vedi intorno a voi? Ovviamente P101 è una grande colonna di questo mondo, ma cosa vedi succedere intorno a voi, anche nel mondo della vostra competizione, in un certo senso, se così si può chiamare.

Oggi i numeri sono abbastanza diversi e raccontati in modo diverso, però diciamo che disponibili, tolto la parte di investimenti diretti che sempre un po’ un mondo a sé, in qualche modo, però la parte di operatore mercato secondo me siamo l'intorno al paio di miliardi disponibile. Se tu mi dicessi bene alternativa uno è tanti fondi, noi adesso abbiamo una diminuzione accettabile rispetto a dove siamo partiti, siamo ancora piccoli se guardiamo al mondo dei blasonati, nostri colleghi internazionali, quindi vuol dire che la media pesata del mercato, comunque stiamo parlando di un numero corretto di operatori, tutti ancora un po’ piccolini. L'alternativa potrebbe essere bene, facciamo un P101 o comunque un venture da due miliardi. Prima risposto alla tua domanda, quindi è molto meglio che oggi ci sia questa prima forma di competizione, se vuoi anche sul minuscolo e microscopico nostro mercato del lavoro, perché ricordiamoci che non ci sono operatori di venuture carter, non ci sono professionisti del venture carter, quindi quando dobbiamo allargare il team, dove andiamo a prendere le persone che investono? Bella domanda, ce li dobbiamo inventare. Quindi ci sono delle persone che un po’ si inventano questo mestiere. Il fatto che ci siano tanti operatori e fa sì che tante persone si debbano inventare questo mestiere, poi, chi farà meglio, chi farà qualche scivolone, chi migliorerà, eccetera eccetera, però questa cosa crea di nuovo quel pezzettino dell'ecosistema che ha anche fatto del se ci sono in due che sanno fare venture carter in un mercato come quello italiano, non esiste il venture carter. Se sono in 200 o in 2000, quindi la parte della competizione è più che positiva, perché fra tre anni ci sarà un giovane, non più giovanissimo profession, che magari lascerà il fondo in cui era un dipendente perché vorrà fare il partner di un fondo di nuova costituzione. Questa cosafa sì che ci sarà il vecchio venture capitalist, il manager del venture capital e il giovane venture capitalist, e quindi non sono io, ancora qui, fra cinquant'anni, senza denti e, capelli li ho già persi a blaterare cosa senza senso. Quindi il fatto della numerosità degli operatori, se pure correttamente, ancora di dimensioni contenute, è un fatto positivo per tutti in assoluto, poi sai molta più offerta. In Italia non potrà mai nascere Google perché non ci sono i capitali. Ni, nel senso che se i capitali ce li ha solo uno, se ce li avessi solo io, domani faccio un investimento in una cosa bella o brutta che sia, ma se mi passa davanti Google non la faccio perché sto già facendo un'altra cosa. Se siamo in 25 è molto più probabile che qualcuno i soldi te li dia, che qualcuno ascolti e che ci sia una creazione di affinità, che io non è che sono necessariamente simpatico a tutti, anzi, però, non è che io se non sono simpatico a uno vuol dire che quello è un imprenditore che non è bravo. Quindi se ci sono tanti più operatori, è anche molto più facile questa parte, che è molto umana, che poi il nostro non è un mestiere troppo da metaverso, comunque si deve creare una allineamento di interessi, ma anche proprio un'affinità emotiva con le persone con cui investi. E qui di nuovo, più persone, più teste, più caratteristiche, più behaviour diversi, meglio è. Anche lì, secondo me va bene, certo, cosa succede se domani c'è Google e il ticket massimo che noi possiamo scrivere è di 20 milioni? Non è che fai Google con 20 milioni, quindi la strada, tu, Google e ancora un po’ da asfaltare.

Sì, poi tra l'altro un'altra cosa è anche che tanti deals, quindi tanti investimenti in startup vengono fatti anche magari da vari VC insieme, quindi si mettono poi insieme per partecipare, e un'altra cosa molto positiva che ho visto è che ci sono vari player internazionali, quindi vari fondi di venture capital internazionali che stanno arrivando in Italia, quindi Plug and Play mi sembra che abbia lanciato, sta arrivando Founders Factory, è bello vedere che cominciano anche i fondi internazionali a vedere del potenziale in Italia. Invece ti volevamo chiedere lato imprenditori, startup, state vedendo abbastanza nuove idee nascere, lanciarsi in Italia, ma soprattutto idee valide che vi danno, che ti entusiasmano e in cui saresti felice di investire?

Assolutamente sì, nel senso che, anche qui, vari elementi. Sì la qualità delle cose, se io prendo la prima presentazione sulla base di cui abbiamo fatto il nostro primo investimento 10 anni fa e prendo l'ultima presentazione che ho ricevuto oggi pomeriggio, al di là del contenuto, la forma, il modo di comunicare, di costruire, di rappresentare la propria idea è migliorato di 8 ere geologiche, quindi, comparando pere con mele, oggi  c’è molta più qualità, perché c'è molta più consapevolezza, perché c'è molta più cultura, perché c'è molto di quello che abbiamo detto poco fa. Secondo pezzo è, le idee nella mia esperienza sono veramente un po’ una scintilla della candela per accendere il motore, ecco. Ma il motore poi non va con la candela, ma ha tutto bisogno di un'altra serie di cose. Quindi l'idea è un pezzettino, l'idea giusta, bella, entusiasmante o sbagliata lascia un po’ il tempo che trova, nel senso che poi a mia memoria, nelle cose che ho seguito, in cui sono stato coinvolto io, non c'è una cosa che è iniziata e finita come era previsto che fosse, cioè cose che sono iniziate facendo un business sono andate benissimo, facendone un altro sono andate malissimo, insistendo voler fare lo stesso business che avevano pensato all'inizio e così via discorrendo. Quindi l'idea diciamo, è un po’ lo specchietto con cui tu cominci a confrontarti, poi c'è tutto il resto, ci sono fatti endogeni: la qualità e resilienza dell’imprenditore, la capacità dell'investitore di capire, adattarsi e supportare, eccetera eccetera eccetera. Sono poi fatti esogeni tutti gli investimenti fatti negli anni 90, fine degli anni 90, non c'era una singola idea di un business che poi non è successo, ma tantissimi sono falliti, perché sono falliti? Alcuni perché l'imprenditore magari si era defocalizzato, distratto, ognuno aveva eseguito adeguatamente, altri sono falliti semplicemente perché era troppo presto, perché il mercato si è girato male, quindi l'insieme di tutte queste cose fa sì che anche collegate alla cosa di prima, se tu fai un unico investimento e punti tutto lì e c'è un fattore esogeno fuori dal tuo controllo e va male, “ah, hai visto che non si poteva fare?” Se tu fai tanti investimenti, tante cose piccole e grandi, con tante teste diverse intorno al tavolo, qualcosa viene fuori statisticamente. Quindi vediamo tante cose di qualità che migliora, tante cose che piacciono a noi, perché noi comunque abbiamo non opportunamente abbiamo delle nostre tesi che cambiano nel tempo, ci sono delle cose più interessanti, certi momenti di mercato e altre cose in altri momenti e crediamo che alcune di queste cose siano molto italiane, o, come dire, possono avere una spinta propulsiva particolarmente positiva, partendo dall'Italia. C'è un momento di mercato che sicuramente non possiamo ignorare, quindi l'Italia è in una situazione secondo me molto positiva, c'è poi tutto il resto del mondo da cui non è che siamo sconnessi, quindi vediamo l'incrocio delle due cose, dove ci portano, però insomma, rimaniamo appunto, come da premessa, molto ottimisti.

Ci potresti dire quali sono le tesi di investimento che avete in questo momento e che tipo di startup cercate e con le quali lavorate?

Bah, allora diciamo sulle tesi di investimento un esempio, poi ce ne sono tanti altri, perché appunto noi non basiamo il nostro fondo, la nostra attività in generale, su una singola tesi che poi sviluppiamo, anche perché riteniamo che il mondo in cui siamo talmente in cambiamento che non esiste una tesi che dura per troppo tempo. Quindi, ciò detto, anche perché saremmo in contraddizione filosofica con quello che facciamo. Un esempio, a noi, a me particolarmente caro è quello che la letteratura definisce proptech, che nel mio modo di vedere buon vecchio caro real estate che riguarda tutti noi, aziende o individui, a seconda dei casi, che abbiamo una parte rilevante della nostra vita legata al luogo in cui abitiamo o che viviamo e che è configurato come era configurato nel Medioevo, quindi dal tema della modalità di costruzione e progettazione, al tema di come viene finanziato, monetizzato, gestito un asset così rilevante, perché tra l'altro anche di asset di tratta quindi, è uno dei pochi casi in cui tu hai un bene funzionale, che in realtà anche riassume il tuo patrimonio e lì è un mondo infinito, cioè vale, non so quanti triliardi sono in Italia e appunto deve ancora completamente cambiare, quindi solo da quello, solo dall'Italia si possono fare i prossimi tre fondi venture capital. Come questo ci sono tante altri esempi, per dirne un po’ da contraria, adesso c'è stata questa wave di sei mesi, basta, il fintech era tutto una truffa. Francamente il fintech, non ha neanche cominciato, sì, certo che mi risolve il serate di Klarma, esplode, i tassi esplodono e la società effettivamente non è in grado di deliverare una sostenibilità economica, we have a problem, ma non è che Klarma definisce l'universo-mondo del fintech, cioè ci sono ancora veramente tante cose da fare. Quindi diciamo che sulle tesi cambiano, ce ne sono alcune che sono più vicine a noi, i due esempi che vi ho fatto ma ce ne sono tanti altri, ci sono alcuni che in questo momento non li sentiamo vicinissimi per una serie di fattori in alcuni casi anche tecnici, noiosi, per cui non stiamo ad approfondire, ma ad esempio abbiamo più tipi di, su cose, diciamo consumer, quindi in questo momento stiamo facendo pochi, se non nessun investimento in cose che poi detto male, danno dei soldi a Google, ci sembra che siano già abbastanza ricchi per non aver bisogno anche di noi. Che cosa cerchiamo? Un po’ quello che dicevo prima, proprio il legame intellettuale con l'imprenditore, in un contesto di una cosa che ci piace è giusta, che alla fine crea un valore aggiunto per il mercato, per cui investire in qualche cosa per cui qualcuno da qualche parte del mondo sarà più felice di prima, più felice, perché ha risparmiato nel tempo nel fare il suo lavoro, perché lo fa meglio, perché può fare delle cose che non poteva fare prima, data questa premessa, se questa cosa troviamo qualcuno con cui ci troviamo bene, con cui di fatto noi ci fidanziamo con queste persone perché facciamo, anzi forse ci sono matrimoni che durano molto meno di quanto noi rimaniamo dentro le aziende, quindi quando ci troviamo bene con le persone, questo è brodo primordiale, per cui poi facciamo l'investimento, sapendo che poi le cose non saranno mai come quelle che ti aspettavi il giorno uno, the better in the good.

Questa è una cosa molto importante, poi anche che hai detto prima, l'argomento delle tesi su cosa investite, perché ci sono tanti imprenditori che magari mandano pitch a tutti, invece bisogna fare ricerca sui fondi di venture capital, c'è chi investe, per esempio soltanto in precede seed round piccoli, c'è chi investe solo in round molto più grandi, c'è chi investe in solo certi settori, quindi va fatta tanta ricerca da parte degli imprenditori, visto che ci sono tanti aspiranti imprenditori, imprenditori che ci ascoltano, mi sentivo di ricordarlo. Un'altra cosa di cui parliamo spesso sul podcast, del fatto che non tutte le startup hanno il giusto business model per raccogliere capitali da venture capital. Ci sono dei business che potrebbero andare dalle banche, c'è il revenue financy, non è l'unica via e ci potresti un po’ spiegare che tipo di startup considerate da P101 e in generale che tipo di startup devono andare a cercare denaro dal venture capital che abbia senso?

Ci sono venture capital, imprenditorialità as a lifestyle e poi ci sono venture capital imprenditorialità as a business e la differenza tra i due è saper leggere i numeri, nel senso che fino a che la nostra società è guidata da un'economia che prevede determinati elementi, tipo il ritorno sul capitale, da lì in poi la meccanica è sempre quella. Noi abbiamo assistito ovviamente nella coda lunga degli ultimi due o tre anni, investimenti di miliardi di dollari, ricordiamoci che una manovra finanziaria in Italia di qualche anno fa era 10 miliardi, quindi noi abbiamo assistito cose in cui sono stati messi 10 miliardi, una cosa in cui la profittabilità non era neanche nell'Excel con cui è stato fatto l'investimento, che è una follia totale, nel senso, un'azienda vale perché exam point, a determinate condizioni, eccetera eccetera eccetera, produce del reddito se non c'è la condizione di lui, non è un business, è una ridistribuzione della ricchezza, è un divertimento per qualcuno che vuole fare una cosa challenging, ma non è un investimento, cioè l'investimento prevede un ritorno, non c'è ritorno, non c'è l'investimento ed è un'altra cosa, un sussidio. È complicato, nel senso che innanzitutto comunque Amazon oggi ha la sua profittabilità, quindi diciamo che ci ha messo tanto tempo, ma è partita alla base di un business profitable, o meglio non è del tutto vero perché è diventata profitable aggiungendo un business che all'inizio non c'era, che quello che viene chiamato EWS, che è la cosa super profitable, tanto che poi le stesse Google, Facebook, Microsoft, compagnia cantando hanno aperto delle linee di business. Quindi al netto di come è andata veramente la storia, però in principio era un business sostenibile, poi era talmente di scala planetaria, gigantica, eccetera eccetera che ci ha messo, adesso non mi ricordo più quando ha fatto il primo profit, ma ci 'ha messo 10-12 anni, però era un business retail che sussidisvs una logistica molto tesa, ma alla fine è un business retail, quindi business retail, se non è completamente drogato, malato, come alcune altre cose che abbiamo visto, prima o poi è sostenibile. In più nel mezzo hanno fatto tanta ricerca, innovazione, tanto che ci hanno tirato fuori dei prodotti che oggi sono la parte molto profittevole di Amazon, che in parte viene appunto erosa dalla vecchia parte retail. Che cosa dire su questo? Se mi avessero presentato Amazon, ci avrei investito dall'Italia? No. Mi avessero presentato Amazon negli Stati Uniti ci aveva investito? Sì, perché era un piano dove hai bisogno di un ecosistema che neanche l'Europa intera, quindi non solo e tanto del venture capital medio, piccolo, grande, grandissimo, ma poi un mercato di capitali liquidissimo una propensione al rischio di un certo tipo. È giusto, è sbagliato, bah, entriamo anche una conversazione dove non ho io ho le idee chiarissime. Poi ci sono le cose che ogni tanto dici mah, c'è questo signore che ti vende delle cose, che usa i merch per imparare dove si vendono le cose, poi si vende le sue eccetera eccetera, quindi ci sono tanti elementi dove se mi dici oggi “lo trovi giusto?”, non del tuttissimo. Poi da utente sono molto fortunato perché mi serviva il lettino dei massaggi, ho cliccato e mi è arrivato in 12 ore, quindi è molto figo, è necessario che io dovessi avere il lettino in 12 ore? Boh, ogni tanto me lo chiedo, serve? E ci sono delle cose a contorno che non trovo correttissime, cioè nell'ambito della filiera di quello che fanno ci sono alcuni passaggi dove dici “bah, quindi il povero piccolo produttore che è stato in qualche modo sfruttato, è giusto che ci sia la normale concorrenza, c'è sproporzione dei mezzi, boh, troppo filosofico, mi astengo dal fare ulteriori commenti.

Ok, no, torniamo sui consigli del fatto che ci sono dei business model che non hanno necessariamente bisogno di andare da venture capital come stavi dicendo prima che ti avessi interrotto con questa tangente di Amazon di business lifestyle e business invece profittevoli che puntano su revenue quindi, se vuoi concludere sul punto che stavamo facendo prima, quali startup consideri da P101?

Di fatto si chiama venture, perché deve andare a finanziare cose che per la natura al momento in cui si trovano, non sono finanziabili da altre, quindi se vuoi un po’ un investimento che va per esclusione, cioè se io fossi imprenditore dico io sono sicurissimo di questo business perché ci scommetto i miei capitali, bene, se vado in banca ma lo finanziano, no, non è un'opzione, se raccolgo i soldi dai miei amici ne ho a sufficienza? No, perché è un business che capital intens e così via discorrendo e in qualche modo quasi per esclusione, arrivi al venture capital. Dove investiamo noi? Noi investiamo nelle cose che gli altri ritengono non si possono fare, quindi è da lì che nasce venture, non sarebbe un piccolo private equity, mentre invece private equity, che tecnicamente è una cosa molto simile, a volte anche come numeriche, ci sono fondi di nostro stesso nuovo fondo è più o meno grande, con due private equity, quindi diciamo che tecnicamente siamo molto simili, ma poi le considerazioni che facciamo decidere investimento sono molto diverse quindi, da un lato c’è un po’ questo meccanismo di questo funnel che dice che “chi è l'unica controparte che può permettersi quel rischio e che ha quel tipo di flessibilità del capitale?” e siamo noi, perché il debito non esiste, perché il debito lo puoi fare solo se c’è dell’equity, l'equity, a seconda del business, può essere tua o deve essere di altri, ma sicuramente la banca chiede la tua, non quella di altri, quindi insomma, se vai a fare la mappa puntuale di quelle che possono essere le fonti di finanziamento di un business, ritagli poi abbastanza in modo secondo me chiaro, quando devi andare da un venture capital, che cosa guardiamo noi, quindi? Ritorno a bomba sulla cosa che ho già ripetuto il n volte, che ovviamente vieni da noi, anche perché a un certo punto c'è la singola persona o la singola modalità di fare gli investimenti con cui tu ti trovi allineato. Tendenzialmente, poi ci sono sempre tutte le eccezioni del caso, però noi anche nelle cose che non sono andate bene, difficilmente abbiamo cambiato il management, anzi, molto spesso abbiamo aiutato ad attorniarsi di altri, quindi, dove il CEO era anche l'imprenditore, noi non siamo mai stati quelli che hanno detto “no, vabbè, ma questo imprenditore non è più abbastanza bravo per fare il CEO, adesso cambiamo”, come succede in tanti casi, perché noi facciamo la scelta sulle persone, quindi su quelle persone, nel bene e nel male, restiamo in qualche modo legati. Per chiudere sulla tua domanda è venire da noi da un lato per temi di quel tipo di denaro, in certe situazioni, quindi noi siamo l'alternativa nel momento in cui c'è un rischio da prendere e una cultura dell'investitore che si prende col rischio allineata con un imprenditore. La Banca, non è perché c'è il bancario che non va bene, la banca non può prendersi un certo tipo di rischio, quindi se tu hai bisogno di finanziarie quel rischio non deve andare alla banca, devi andare da noi. Che cosa cerchiamo noi, sono appunto questi imprenditori con cui alla fine andiamo d'accordo, detto in un modo terra terra, se devo fare un passettino più in là, che cosa guardiamo noi è cerchiamo di utilizzare il denaro che apportiamo le società per sviluppare tecnologia, poi concetto di che cosa voglia dire sviluppare tecnologia, è ampio a sfinimento, però prima vi ho citato che in questo momento siamo meno sensibili a investire nel mondo cosiddetto b to c perché di solito il nostro capitale è l'unico capitale che viene messo in una società che di solito appunto perde soldi e quel capitale se io faccio un business molto b to c buona parte va Google, a Facebook che sia. Quindi in questo momento quello che guardiamo è utilizzare il nostro capitale per sviluppare tecnologia, sviluppare codice, fare sviluppare soluzioni tecnologiche che poi magari dobbiamo anche rifare ma che cercano di offrire nuovi servizi che non c'erano prima, funzionalità, pezzi di software, layer software su cui costruire altri servizi e così via discorrendo, perché riteniamo che in Italia ci sia tanta competenza anche di sviluppo di base di software, molto efficiente, sia in termini di capacità produttiva, che in termini di intelligenza produttiva e quindi una nazione che è sempre stata considerata erroneamente un polo tech, secondo noi proprio dall'esportazione della propria capacità di sviluppo, può fare molto bene e quindi vorremmo andare a usare i nostri soldi. Quindi il classico business delle museruole per cani perché non c'è un'offerta di museruole per cani, facciamo il marketplace delle museruole per cani, non ci interessa. La cosa in cui sviluppiamo un software per l'autentication su tutti i business fintech che possiamo erogare in software service, ora in Italia, con prospettive anche global o comunque internazionali, la guardiamo.

Ovviamente nella tua carriera hai investito in tantissime startup. Diciamo che i nomi famosi sono Youx, Venere, Buongiorno Vitamini di cui hai fatto anche parte del funding team. Forse sono questi, ma come investitore ci sono degli imprenditori o delle aziende che ti hanno colpito particolarmente, anche magari negli ultimi anni?

Allora, sì e no nel senso, a parte che proprio per questo modo un po’ quasi sentimentale di guardare a quello che facciamo sono un po’ tutti figli, fratelli, parenti, quindi non è che ne hai uno che preferisci, o quantomeno se ce l'hai non lo dici. Detto ciò, quelli che ti ricordi di più forse sono quelli più recenti, ma per un fatto di freschezza mentale, non per un fatto di rilevanza, quindi la storia di Musicmatch, che è una storia di qualche mese fa e una storia che abbiamo seguito sostanzialmente dal primo giorno, perché è stato operato il primo investimento del nostro primo fondo e quella è una bellissima storia di ragazzi che hanno fatto una cosa molto bella, che è nata in un modo, che è cambiato tante volte, che hanno dovuto affrontare tante difficoltà, da Bologna, sviluppando una cosa unica, con dei contenuti unici, su una piattaforma di utenza globale e che fa il 100% suo fatturato verso le Apple, le Google e le Spotify di questo mondo. Quindi una storia molto rotonda in cui il compratore è il blasonato fondo di private equity americano, è il business case in cui la società è diventata una bellissima società molto profittevole, che ha fatto una cosa bella, nel senso che alla fine permettiamo alla gente che gode della musica di cantarci sopra, adesso la vuoi mettere proprio così e agli artisti che hanno scritto i testi di incassare i propri diritti, insomma, abbiamo aggiunto un micro millesimo di felicità nel pianeta, in modo profittevole, abbiamo fatto un buon investimento anche per i nostri investitori, l'imprenditore e il manager hanno avuto una soddisfazione finanziaria importante, quindi tutti gli elementi sono corretti, è andato tutto bene, ma c'è quello che è rimasto fregato in,  sì ma poi vendete le armi online. Cioè no. Insomma, è un bel business, sostenibile in tutti i sensi che dà un servizio che prima non c'era.

Poi devo dire che è bello vedere queste storie di startup italiane, che riescono ad avere successo, come dicevi tu anche su scala planetaria, nel senso che non si restringono a dover essere solo un business in Italia, quindi ci fan sempre piacere scoprire queste storie. Invece a livello di lezioni, consigli, errori, ci sono degli errori che vedi fare agli imprenditori dico italiani, però in generale agli imprenditori coi quali lavorate che vorresti correggere o consigli che vorresti dare?

Guarda ogni storia, è a sé stante, cioè ce ne sono infiniti, quindi proprio perché sono infiniti i casi, la sintesi, forse è l'essere flessibili. Se dovessi fare l'identikit dell'imprenditore tipico è qualcuno che ha una passione per la tecnologia, che sviluppa un proprio prodotto, un'idea, quello che è un mockup di una cosa e poi da quello vuole fare un'azienda, ma l'errore che fa è rimane rigido rispetto all'idea iniziale e pensa che il prodotto sia l'azienda. Quindi, prima risposta è l'errore da non fare, è essere rigidi, determinati sì, ma non rigidi. Se pensavi di fare il prodotto per vendere una certa cosa online e il mercato non è pronto, cerca di capire cos'altro puoi fare, non andare a tutta velocità verso il burrone per dimostrare fino all'ultimo secondo, spesso l'ammettere che l'idea iniziale era sbagliata sembra quasi un'offesa personale, quella forma di testardaggine per me è cocciutaggine, proprio non voglio ascoltare, quello è l'errore più tipico, ma non voglio ascoltare, non noi come investitori, non voglio ascoltare i segnali del mercato, non voglio ascoltare chi ha un'esperienza specifica. Se vuoi gli imprenditori che con cui noi ci troviamo bene è quello che fa quello che vuole ma ti ascolta. Poi dice “ma guarda, ‘sto scemo cosa mi ha detto” oppure “no, magari neanche così scemo, questa volta l'ha detta giusta”. Quindi fondamentalmente quello secondo me è un po’ il punto importante. L'altra cosa è quando, come vi facevo l'esempio poco fa, spesso l'imprenditore parte da una cosa che ha fatto quasi lui in modo artigianale con le sue mani, che ritiene che l'azienda rimanga prodotto. Quando tu devi gestire un'azienda che cresce molto, il prodotto da cui originalità sempre tu non lo vedi quasi neanche più, cioè magari ti devi occupare degli investitori, ti devi occupare dei dipendenti, ti devi occupare della segretaria e dell'assistente che ti aiutano, non ti aiutano, ti devi occupare degli aspetti regolamentari, di tutte le cose più noiose e l'origine della tua passione magari c'hai 1% del tuo tempo. Welcome to the club, anche il mondo del venture capital non è “che figo, noi siamo lì” noi dobbiamo passare il tempo a cercare di convincere gli investitori, stalkerizzandoli che non siamo dei poco di buono, che facciamo bene investimenti, gestire casini con la Banca d'Italia, la Consob, i regolamenti eccetera eccetera. E poi ogni tanto, quando è finita la giornata, cacchio, abbiamo incontrato uno figo, aspetta che proviamo a investirci. Quindi la stessa cosa capita nell'azienda, tu pensavi di fare l'ecommerce del vino e doverti occupare del vino, andare a scoprire nuovi produttori, no. Tu ti occupi di tutti i casini che il giorno in cui hai deciso di fare ecommerce del vino conseguiranno la tua idea e quella roba lì non vuol dire “ah no, ma io continuo ad andare a vedere i piccoli produttori del vino”, purtroppo se sei l'imprenditore che avrà successo ti dovrai occupare anche delle cose che non ti piacciono e saranno la gran parte del tuo tempo.

Certo, la consapevolezza di sapere cos'è veramente il lavoro dell'imprenditore, quindi guardate founder che hanno il potenziale di gestire l'azienda tutto tondo e non solo l'emozione sull'idea. Invece volevamo fare un po’ un pivot e parlare un po’ del tuo percorso, di tutte le cose che hai imparato e che ti hanno portato dove sei arrivato adesso. Secondo te, una domanda abbastanza generale, ma vediamo come decidi di rispondere, ma secondo te cosa ti ha portato nella tua vita, ci hai detto che sei nato a Biella e che la massima aspirazione della tua famiglia, era che tu lavorassi in un'azienda del tessile. Invece, cosa ti ha portato ad essere così sempre all'avanguardia sul digitale e a vivere questo mondo dagli albori fino ad adesso, sempre essendo nei primi passi dell'evoluzione di questo mondo?

All'inizio sicuramente la curiosità e in una certa parte, in gran parte il culo, nel senso che poi, avendo una certa curiosità che era attuale in un determinato momento, ho avuto il culo di incontrare persone giuste, perché se anziché parlare all’amministratore delegato della Olivetti, allora si chiamava la convergenza, prima che esistesse internet c'era multimedia e prima ancora la convergenza, figuratevi voi quanto sono vecchio, di quell'argomento se ne fosse andato a parlare con l'amministratore delegato dell'azienda tessile biellese, non mi facevano fare neanche l'operaio in un'azienda tessile. Ho avuto il culo di poterne parlare con quello dell’Olivetti e poi è successo tutto. Poi ovviamente ero molto curioso di quella cosa, era per qualche motivo affascinante il riuscire a, questo sarebbe veramente una cosa che dovreste fare, prima ci lamentavamo del vostro digital device, ma voi immaginatevi quando ci si collegava, adesso io non so di che anno siete, non è carino chiedervelo, ma considerate che all'inizio degli anni 90 c'erano bbs, che erano questi server remotizzata col modem, con la cornetta del telefono da attaccarvi a questo strano macchinario e scaricavi dei file. Poi perché uno lo facesse, a quel tempo se non eri qualcuno che per qualche motivo lo faceva per una finalità di lavoro, non avevi nessun beneficio, spendevi un sacco di soldi in bollette, una roba che non funzionava mai, per scaricare poi delle cose totalmente inutili. Però era affascinante, questa cosa era veramente meta verso 0.1, cioè esiste un posto distante e locato ovunque nel pianeta da dove io posso prendere qualcosa e averlo davanti a me, cioè pazzesco. Un monitor, la tastiera, se vedete i primi programmi, i primi videogame, una cosa veramente preistoria. Quindi quella parte lì era affascinante, anche perché un po’ dicevi “bah, pensa se si potesse fare…” quello che noi stiamo facendo adesso al tempo… quindi una cosa carina, sarebbe da fare, ricollegare qualche vecchia macchina dell’Olivetti, una vecchia linea usando un vecchio modem della US robotics e provare a vedere quando devi scaricare una pagina web e ci mettevi quattro minuti per leggere il meteo di San Francisco che dici “ma chi se ne frega, adesso che hai caricato il meteo di San Francisco e ci hai messo quattro minuti e 5000 lire di bolletta?” Eh, però quella parte lì era affascinante ed è affascinante tuttora, perché adesso diamo tutto un po’ per scontato, ma ci sono ancora delle cose pazzesche, il rapporto con la nostra salute è ancora filtrato in un modo un po’ medioevale nel modo in cui la consumiamo. Poi, la ricerca scientifica ci ha permesso di allungare la vita media, ma il modo in cui noi abbiamo quelle informazioni è non esattamente modernissimo, c'è tutto da fare quindi. Per rispondere, infine alla domanda è, è figo, potrebbe pensare che domani ci sarà una cosa che oggi non c'era, che è migliorativa, perché in qualche modo perché ci hai messo un euro, perché ci hai lavorato, Perché ci hai pensato, perché ci hai discusso una sera con gli amici a cena, fatto che poi succeda, cioè vedere il furgone di Cortilia che gira per Milano e la gente che ti dice “ah ma sai che io sono cliente Cortilia, una figata” dà una certa soddisfazione, al di là di quanti soldi o meno poi guadagnerà.

Ti sembra di vivere un po’ nel futuro e ed è un lavoro molto su quello che succederà poi dopo, come si migliorerà la vita. Mi fa ridere la cosa del modem perché sì, Camilla e io siamo abbastanza grandi per esserci connesse con il modem e aspettare quattro minuti che la pagina si caricasse, adesso se aspetti tre secondi vai in tilt totale. Invece ti volevamo chiedere quali sono alcune delle lezioni più importanti che hai imparato nel tuo percorso e da alcuni dei tuoi mentor come Piol?

Tante cose. Allora, di Piol mi ricordo una cosa che diceva sempre, che era tutto ciò che non è utile, è inutile per definizione. Che, a parte il gioco di parole, mi ha insegnato che da giovane uno è abbastanza bulimico, vorrebbe fare tutto, entrare su tutto, avere un'opinione su tutto perché è figo, perché uno ha anche tanta energia. In realtà mi sono sempre reso conto che poi l'efficienza non era nel mio DNA all’inizio e quindi sicuramente il cercare nel tempo di essere sempre più concentrato e concentrare i miei sforzi sulle cose dove effettivamente puoi fare la differenza e se volete anche dopo il Covid questa cosa adesso è all'estrema potenza. Quindi ci sono alcune cose che sembrano una perdite di tempo, ma sono utili, ci sono alcune delle cose che sembrano necessarie, alcuni cerimoniali, liturgie, cioè i viaggi, meeting, che sono un po’ una parte teatrale della professione di ciascuno che invece sono una perdita di tempo e creano inquinamento nel pianeta. Ci sono delle cose invece dove l'essere concentrati ed efficaci fa sì che una cosa va a destra o a sinistra, quindi tra gli insegnamenti, l'efficienza, l'essere veloci ma non prendere decisioni a caso ma in fretta, ma cercherò di essere veloci, rapidi, efficaci ed efficienti è forse una delle cose che più mi rimane. Poi che sia riuscito a farlo non lo so, però mi sono accorto che c'era una dimensione che io non avevo e che non ti insegno all'università. Non è che all'università ti dicono guarda, non passare 7 ore per andare a fare un meeting negli Stati Uniti, quando lo puoi fare su una videocall, invece sembra una cretinata però poi tante aziende si incasinano perché in qualche modo sono inefficienti in questi processi. Non è solo la grande tecnologia che fa una grande azienda, poi sono anche proprio quanto un'azienda riesce a crescere e a rimanere efficace ed efficiente.

Un tema che ci piace affrontare e che spesso magari mette un po’ anche disagio alle persone, soprattutto italiani, mentre in America la gente prende ownership del successo. in Italia spesso si vuole trovare scuse o cose perché alle persone non piace dire “sì, sono una persona di successo”. Per te invece cosa vuol dire successo e ti ritieni una persona di successo?

Allora, una sintesi del successo che secondo me in un tempo non lontano capiremo che era sbagliata, che ovviamente il denaro. Il denaro è diventato l'estrema descrizione del successo e se vediamo alcune tematiche su tristemente negli Stati Uniti, forse è il posto dove si vedono meglio queste polarizzazioni sociali in cui perché qualcuno sia di grandissimo successo, tanti altri, in una condizione… già stiamo capendo che non è quello. Quindi, ci sono più elementi che descrivono secondo me il successo di cui uno è il denaro, ma perché è sintetico il denaro guadagnato in un modo corretto, a valle del fatto di aver investito in cose che hanno fatto tutte le cose che ho detto prima e poi c'è la parte personale, l'avere un godimento non strumentale, ma funzionale. Quindi, hai avuto successo, hai creato delle esternalità positive per il tuo ecosistema, quello che esso sia, e questo successo è fungibile, lo puoi usare, non è fine a se stesso perché ho su un conto di una cripto, sono 8 zilion, vabbè e quindi? Invece, ho fatto delle cose fatte bene, intorno a me ci sono le persone contente perché coinvolte in queste cose fatte bene, e io posso fare delle altre cose che a loro volta faranno delle altre cose fatte bene. Un esempio che faccio sempre è bicicletta: è una cosa bellissima dove uno spende un sacco di soldi, ma nello spendere un sacco di soldi per la bici alimenta anche qualcuno che a sua volta ha fatto la sua startup per inventarsi un modo per fare delle bici sempre più fighe, più leggere, più quello che è, quindi il denaro, se speso e utilizzato non come show off ma come spesa, anche funzionale, perché voglio una bicicletta, perché siccome sono lento se la compro più leggera magari riesco andare un po’ più veloce, ma in questo modo sto dando anche riconoscendo il lavoro di qualcun altro. Tutto questo insieme di cose secondo me crea la giustificazione alla situazione di successo. Il successo in quanto miglior venture capital del mio condominio, francamente non è utile a nessuno ed è anche il presupposto per cui poi un po’ le persone si infastidiscono del tuo successo. Il successo ostentato, senza un fine funzionale è un successo che prima o poi ti ritorna addosso, che si chiama invidia. Invece il successo perché ti ha permesso di fare a te, ad altre persone delle cose che altrimenti non avresti potuto fare a beneficio un po’ di tutti, secondo me, dovrebbe essere il modello di ruolo per chiunque.

Siamo arrivati alla fine della nostra intervista e chiudiamo l'intervista sempre con la stessa domanda per i nostri fedeli ascoltatori, la conoscono ormai tutti, ti volevamo chiedere in che modo la tua italianità ha contribuito al tuo successo?

Perché quello che abbiamo fatto non l'avremmo potuto fare da nessun altra parte, e se vuoi, nelle nostre scelte di investimento uno degli elementi è “ma questa cosa fatta da un investitore italiano con le caratteristiche abbiamo noi è, tra virgolette, meglio e peggio?” E quindi se vuoi è l'italianità nel poco tanto che abbiamo fatto, non saremo oggettivi nel giudicarlo noi, però l'abbiamo fatto perché eravamo italiani, eravamo in Italia. Forse l'ho raccontato quando ci sentimmo la prima volta, prima di fare questo intermezzo con Passera, Ministro dello Sviluppo economico, anch'io pensavo di andare a Los Angeles, per portare lì degli investimenti in Italia che avevo fatto e che pensavo di internazionalizzare da lì. Se l'avessi fatto non so come sarebbe andata, magari finivo nel giro degli unicorni, ma sicuramente non avremmo fatto le stesse cose che ho fatto da qui e quindi siccome sono molto contento di quello che abbiamo fatto qui, sono molto contento di essere rimasto italianizzato.

Grazie Andrea e poi in realtà, grazie anche perché sei un pioniere del digitale in Italia, di tutta l'evoluzione e dell'innovazione che c'è nel nostro Paese. Quindi ti volevamo ringraziare anche di averci dato un po’ una panoramica su quello che sta succedendo adesso, quello che vedi nel futuro, quindi tutte cose positive, siamo molto contente, quindi grazie mille di aver condiviso la tua storia con noi.

Grazie a voi.

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