Enrico Mattiazzi, Co-Founder Fiscozen
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L’episodio di oggi racconta il percorso di un imprenditore che vuole liberare i talenti italiani dalla burocrazia. Stiamo parlando di Enrico Mattiazzi, co-founder di Fiscozen.
Fondata nel 2018 insieme a Vito Lomele, già fondatore di JobRapido, Fiscozen è una tech company che grazie alla sua piattaforma SaaS e alla rete di commercialisti partner supporta i liberi professionisti nella gestione della Partita Iva e del loro business. Complessivamente Fiscozen ha raccolto 12 milioni di euro in 2 round d’investimento guidati da United Ventures e Keen Venture Partners. Ma poche settimane fa è stato annunciato l’investimento di Visma, un gruppo di software norvegese, che con l’entrata nella società ha permesso una exit di successo ai precedenti investitori.
Enrico nasce a Treviso, e si appassiona al basket, arrivando a giocare nelle giovanili della Benetton Treviso, allenandosi con la serie A e viaggiando il mondo per le competizioni. Come tanti dei nostri ospiti si rende poi conto che il basket è stata un ottima palestra per l’imprenditoria ma prima di arrivarci farà diverse esperienze. E’ l’incontro con Massimiliano Magrini, Managing Partner di United Ventures, che lo metterà sulla strada che lo portera a fondare Fiscozen.
Della storia di Enrico ci ha colpito la determinazione con cui lui e il co-founder Vito hanno affrontato i giudizi altrui e hanno ascoltato il loro istinto anche quando avevano opinioni in contrasto con quelle di investitori e fondi spingevano per un’ internazionalizzazione del loro business, cosa che loro hanno sempre ritenuto errata per Fiscozen. Sono infatti convinti che l’Italia possa essere un mercato grande abbastanza.
TAKE AWAYS
Il passato da giocatore di basket (00:00:42) Enrico racconta la sua esperienza come giocatore di basket semi-professionista e come ha influenzato la sua carriera imprenditoriale.
Il percorso accademico (00:10:16) Il suo ingresso all'università e l'impatto del passaggio dalla vita sportiva alla vita accademica.
La scoperta negli studi universitari (00:12:33) Enrico racconta la sua esperienza con gli studi ingegneristici e l'importanza delle relazioni sociali.
Esperienza negli Stati Uniti (00:14:24) Il soggiorno negli Stati Uniti e dell'impatto sull'approccio allo studio e al lavoro.
Cambiamento di prospettiva (00:18:04) Enrico spiega come ha capito di voler seguire una strada diversa dall'ingegneria.
Costruzione del network professionale (00:20:47) Enrico parla dell'importanza di costruire un network professionale e delle persone che hanno influenzato il suo percorso.
Consigli sul networking (00:23:11) L'importanza del networking, la gratificazione nell'apprendere e condividere esperienze, e l'effetto virtuoso del networking.
Lavorare in un fondo di investimenti (00:26:37) L'esperienza cruciale nel fondo di investimenti, l'opportunità di apprendere dagli imprenditori e supportarli, e il ruolo nel formare un imprenditore.
La decisione di diventare imprenditore (00:29:43) L'assenza di considerazione dell'imprenditoria come opzione, il cambiamento di prospettiva lavorando in un fondo, e la decisione di diventare imprenditore.
La nascita di Fiscozen (00:33:23) La scoperta delle sfide burocratiche e fiscali per gli imprenditori, l'idea di semplificare con la tecnologia, e la creazione di Fiscozen.
La transizione all'imprenditoria (00:36:15) Il momento della decisione di diventare imprenditore, il cambiamento da una carriera stabile a una nuova sfida imprenditoriale, e la fase iniziale dell'imprenditoria.
La storia di Enrico (00:37:34) Enrico racconta la sua transizione da dipendente a imprenditore e le sfide affrontate.
I momenti clou di Fiscozen (00:39:18) Enrico discute i momenti cruciali che hanno segnato la crescita di Fiscozen.
Costruzione di un team forte (00:45:21) Discussione sulla sfida di costruire un team forte e come affrontarla.
Difficoltà nell'impresa (00:47:46) Enrico parla delle difficoltà nell'impresa e di un momento critico durante il secondo round di investimento.
Visione di business (00:49:17) Enrico spiega la visione di business "Italy only" di Fiscozen e come ha convinto i fondi stranieri della sua validità.
Il ragionamento sull'internazionalizzazione (00:50:33) Discussione sull'importanza dell'internazionalizzazione nel mondo del venture capital e l'adeguatezza del mercato italiano.
La scelta del mercato e l'investimento di Visma (00:52:02) Discussione sulla scelta del mercato e l'investimento strategico di Visma in Fiscozen confermando la tesi.
L'approccio agli investitori internazionali (00:54:25) Racconto dell'approccio agli investitori internazionali e l'incontro con Visma che condivide la stessa tesi.
La visione imprenditoriale e la sfida della crescita (00:57:49) Discussione sulla visione imprenditoriale e la sfida di mantenere la cultura aziendale durante la crescita.
La sfida della cultura aziendale e il motto personale (00:59:39) La sfida di mantenere la cultura aziendale durante la crescita e il motto personale.
L'italianità nell'imprenditoria e la liberazione del talento (01:00:47) Il ruolo dell'italianità nell'imprenditoria e la liberazione del talento dall'onere burocratico in Italia.
Gestione aziendale e sponsorizzazione (01:02:27) Discussione sulla gestione aziendale e la sponsorizzazione dell'episodio.
Supporto ai venditori nei marketplace (01:03:52) L'importanza della gestione della reputazione e la presentazione di un'agenzia di supporto ai venditori nei marketplace.
TRASCRIZIONE EPISODIO
Camilla Scassellati Sforzolini (00:02:15) - Enrico vogliamo subito cominciare col parlare del tuo passato da giocatore di basket. Hai giocato a basket semi-professionale o comunque a livello agonistico. Eri nel Benetton Treviso con le giovanili, competendo anche a livello nazionale. Ti sei allenato con la Serie A? Ci puoi raccontare un po quali sono i momenti più belli e più duri? Che ricordi del tuo percorso da giocatore di basket? Gli faccio una piccola parentesi gli ascoltatori medi lo sapranno, ma adoriamo parlare di sport in queste chiacchierate, perché troviamo che ci sia un parallelo tra sport imprenditoria molto interessante. Quindi siamo molto curiosi di scoprire il tuo passato, appunto.
Enrico Mattiazzi (00:02:58) - Mi avete invitato soltanto perché sapevate dei miei trascorsi. Intanto io sono di Treviso, cosa che probabilmente molti capiranno subito dall'accento suadente che ho e quindi è stata una piccola fortuna trovarmi a crescere in una città come quella di Treviso, dove la tradizione del basket era, è, era ed è ancora molto viva. È stata un'esperienza per un basket di vita incredibile. Considerate che ho iniziato in maniera assolutamente inconsapevole a giocare.
Enrico Mattiazzi (00:03:27) - Era semplicemente un modo per passare del tempo con i miei amici facendo una cosa che mi piaceva, ma in realtà, appunto, giocavo alla Benetton e c'erano persone che viaggiavano e si trasferivano a Treviso per provare a diventare dei professionisti, giocando quindi di punto in bianco. Diciamo che una cosa che mi ha subito colpito della pallacanestro fatta a livelli agonistici è che poteva essere un lavoro. Per me era, era un passatempo, era una cosa che facevo dopo la scuola dopo tutti gli altri impegni che avevo invece era per alcuni era un lavoro c'erano persone che vivevano e mangiavano pane e basket, se volete. È stata un'esperienza pazzesca perché ho viaggiato in giro per il mondo. Probabilmente la cosa più bella in assoluto che ho fatto è stata competere per il centenario del Real Madrid, una competizione assolutamente non ufficiale ma veramente pazzesca, perché abbiamo giocato contro appunto il Real Madrid, il Panathinaikos ed è stata una cosa pazzesca. Dall'altro lato ovviamente durissima perché alcuni miei compagni di squadra lavoravano stavano lavorando quindi aveva approcciano l'allenamento con un altro mindset rispetto al mio e gli allenatori che ho avuto erano eccezionali, ma si aspettavano che le persone andassero lì per prepararsi per la partita ed essere dei giocatori professionisti.
Enrico Mattiazzi (00:04:38) - E quindi queste due cose erano pazzesche perché facevo delle esperienze irripetibili e dall'altro lato ho scoperto al liceo che in realtà c'erano delle persone che quella cosa lì la facevano come lavoro e quindi è stato un po, come dire, un'esperienza totalizzante.
Camilla Scassellati Sforzolini (00:04:53) – Quanto ti allenavi per avere un'idea oltre allo studio perché ovviamente andavi al liceo.
Enrico Mattiazzi (00:04:57) - Tutti i giorni ogni tanto più di una volta e week end inclusi quindi insomma era non c'era molto spazio libero per fare altro quindi diciamo studiavo giocavo a pallacanestro studiavo giocavo a pallacanestro ogni tanto dormivo.
Camilla Scassellati Sforzolini (00:05:14) - E riuscivi Comunque ci hai detto ad essere bravo a scuola, quindi continuavo ad essere bravo al liceo, a tenere anche i tuoi voti e nonostante l'impegno sullo sport.
Enrico Mattiazzi (00:05:23) - Allora col senno di poi, per fortuna sì. Quando giochi in un contesto come quello inizi a sognare e inizi a credere che anche per te ci sia quel tipo di opportunità. Poi, per fortuna, allenandomi appunto con la serie A, come raccontavi tu, prima ti rendi subito conto di quanto grande è il gap tra un wannabe pro o un ragazzo giovane che ci prova e una persona che invece fa di lavoro una cosa che tutti i giorni è lì ad allenarsi.
Enrico Mattiazzi (00:05:46) - Non solo fisicamente. Io sono grande, grosso, sono più alto, un metro e 90, qualcosa di più, ma gli altri erano tutti più grandi di me. Io ero sempre più piccolo quando giocavo a livelli più alti, quindi un po per talento, un po per fisicità, mi sono reso anche conto che quel percorso fatto ai massimi livelli forse non era no, non era il mio e quindi per fortuna sono riuscito contemporaneamente anche qui, forse anche grazie a Madre natura probabilmente ad avere un comunque sempre un buon degli ottimi risultati a scuola che quindi mi hanno lasciato aperto due strade o la va o la spacca con il basket perché la vedevo un po come un azzardo una roulette russa e dall'altra parte invece la carriera più tradizionale, quella del bravo ragazzo che si fa il mazzo, studia e cerca di crearsi un futuro costruendo delle basi solide.
Camilla Scassellati Sforzolini (00:06:43) - E come hai scelto di non fare il giocatore di basket perché ti interessava quello che c'era oltre o perché appunto avevi paura o comunque avevi la consapevolezza che per diventare pro ci voleva un tipo di talento impegno che non ti sentivi di avere in quel momento.
Enrico Mattiazzi (00:06:58) - E allora, in completa onestà, è stato un po traumatico, ma è stata la seconda, cioè a suon di, diciamo, feedback duri. Mettiamola così. Diciamo che adesso, da lavoratore li chiamerei così mi sono reso conto che quel percorso che mi sarebbe piaciuto molto non era adatto a me, non c'era proprio, non avevo i mezzi. Per competere ai livelli a cui avrei voluto a livello di ambizione, competere e avere una bella carriera facendo basket e di conseguenza non ho nemmeno corso il rischio. A un certo punto proprio detto ok, il gap è troppo grande, devo concentrare i miei sforzi in una cosa che mi può dare modo di competere a livelli alti. E il basket. Mi sono reso conto che.
Camilla Scassellati Sforzolini (00:07:42) - Pensi che il basket sia stata una buona palestra per prepararti all'imprenditoria e pensi che ancora oggi usi lezioni imparate sul campo.
Enrico Mattiazzi (00:07:50) - Tantissimo, Tantissimo. Ci sono talmente tanti livelli, se vuoi. C'è la narrativa molto americana da questo punto di vista del competere perdere imparare dalle tutte le sconfitte da tutte le gli incidenti di percorso per diventare più bravo e e migliorarsi.
Enrico Mattiazzi (00:08:11) - Da un lato c'è il rendersi conto che fa parte del percorso perdere ogni tanto si vince ogni tanto si perde soprattutto quando si giocano partite a livelli alti e quella è una lezione dura da accettare perché comunque ognuno di noi viene cresciuto in famiglia. Dove sei? Il cocco di mamma e il cocco di papà? Probabilmente è una cosa molto italiana. Questo però diciamo si, è un po in questa situazione ovattata dove va tutto bene, sei comunque bravo. Se invece non è così, ogni tanto bisogna sbattere il naso, sbattere la testa e rendersi conto che c'è qualcuno che è più bravo di te per un motivo concreto. Quindi questa relazione dura che che che che ho imparato dall'altra parte mi sono messo alla prova e mi sono messo a nudo in contesti pubblici quindi davanti a un pubblico davanti ai miei compagni di squadra sin da piccolissimo. E quella cosa è una cosa che oggi vent'anni dopo mio malgrado mi torna molto utile perché per me oggi parlare al team davanti a 150 200 persone non dico che è una cosa che faccio senza neanche voltarmi indietro però comunque è una cosa a cui sono abbastanza abituato grazie al basket ho imparato un pochino a gestire le mie emozioni e a vedere e a disaccoppiare la mia parte emotiva, dalla parte poi di performance e di lavoro.
Enrico Mattiazzi (00:09:29) - Risultato dall'altra parte.
Inés Makula (00:09:31) - Sì, devo dire, è incredibile quanti parallelismi ci sono tra sport, la fatica che si fa quando uno vuole diventare sportivo o fa degli sport ad altissimo livello e quando si crea un business. Però ci hai detto il basket poi l'hai mollato e deciso di percorrere il percorso da bravo ragazzo studioso e sei andato a studiare Ingegneria meccanica all'Università di Padova perché appunto di molto bravo a scuola e ti interessano le materie scientifiche. Devo dire che fortuna poter giocare a basket così tanto in più essere bravo a scuola perché immagino che c'era gente che magari studiava anche più di te. Però se ti viene facile non è stato il mio caso della vita però quando quando ti succede insomma chiaramente Madre Natura ha fatto un bel lavoro. Ripensando però all'università, a quel periodo, quali sono i ricordi più vividi e le cose più importanti che hai imparato dall'università?
Enrico Mattiazzi (00:10:16) - Dal primo giorno di università mi sono reso conto che non c'era più nessuno a dirmi cosa dovevo fare e dipendeva un po da me. Non avevo più l'allenatore che mi stava dietro ogni giorno perché tra l'altro ho smesso di giocare.
Enrico Mattiazzi (00:10:27) - Di fatto, in corrispondenza dell'iscrizione all'università, di punto in bianco non avevo più l'agenda organizzata da qualcun altro, ma dipendeva da me e quindi è stato un primo grande cambiamento che mi ha fatto capire che a cavoli ok, dipende da me, no? Cioè che ora mi sveglio, cosa faccio? Faccio di più, faccio di meno è una cosa che ho imparato poi all'università e contemporaneamente ho subito scoperto che quel tipo di percorso e quel tipo di studio tosto perché alla fine studiare ingegneria era era tosto richiedeva un sacco di impegno, un sacco di dedizione. Era una figata pazzesca. Se riuscivo a farlo con delle persone che stimavo e che mi. Un po come nel basket che con cui competevano non in maniera. Ho preso più di te, ho preso più di me, ma quella se vuoi competizione goliardica di dire io quella cosa lì proprio non l'ho capita spiega mentre tornavo a casa dicevo ma come è possibile che lui l'aveva capito? Devo cambiare qualcosa e ricominciavo a fare le cose, devo dire. Ho trovato un clima pazzesco, un sacco di amici che mi hanno permesso anche poi di attraversare quello shock, di farmi l'agenda da solo in maniera più piacevole.
Inés Makula (00:11:34) - Cioè mentre in Inghilterra per esempio non siamo stati in Inghilterra ma in Inghilterra, se tu non passi un esame della sessione dell'anno non salti tutto l'anno, cioè l'anno ti è andato quindi non hai questa possibilità di saltare che certi esami non vanno certi sì e quindi non hai la possibilità in realtà di finire la triennale in sei anni cioè nel senso se bocci un anno è praticamente ok ma il massimo che ti fanno fare quindi devo dire è una lezione molto importante sapersi gestire, cercare di finire l'università in tempo o almeno insomma un po più rapidamente che in Italia. Lo standard certe volte è molto lento e per la prima volta abbiamo capito che sei una persona molto estroversa che dà molto valore alle relazioni umane. Ti sei mai trovato a dover gestire un po un conflitto di interesse tra il tuo percorso di studio molto serio e la tua? Era un po estroversa di volersi divertire. Pensi che sia possibile bilanciare un po le tue cose.
Enrico Mattiazzi (00:12:24) - Per prendermi in giro? I miei amici mi dicevano che ero un ingegnere atipico, nel senso che cercavo di oscillare tra questi due mondi che in realtà possono convivere insieme.
Enrico Mattiazzi (00:12:33) - Non è stato poi troppo traumatico, però necessariamente, spesso e volentieri chi fa quel tipo di percorso ingegneristico STEM in generale no per per per ampliare un ragionamento non sempre ha voglia di stare in compagnia creare relazioni ed è invece una cosa che a me dà un sacco di energia io io senza dedicare un po del mio tempo a stare con le persone non sto bene non mi sento a mio agio ne ho proprio bisogno, mi ricarica. Faccio sempre la battuta no, C'è chi per ricaricarsi deve stare nella natura, deve farsi una passeggiata in mezzo a un bosco, deve fare surf. Per me è una serata con i miei amici bevendo un bicchiere di vino, perché quella roba lì mi dà un sacco di energia e quindi era un po quello che poi organizzava. Finiti gli studi, le attività post studio per stare insieme, fare un po di cazzeggio come si deve, nonostante tutto, diciamo che sono riuscito a conciliare due anime.
Speaker 4 (00:13:29) - No, no.
Inés Makula (00:13:30) - No, beato te. Infatti hai concesso tante cose diciamo nella vita, sia lo sport che lo studio, poi anche la socialità, socializzare con lo studio e immagino poi anche il lavoro da imprenditore, perché anche quando uno fa l'imprenditore lo potrebbe fare 24 ore su 24, sette giorni su sette non staccare mai.
Inés Makula (00:13:45) - Però devo dire che anche io sono venuta a questa conclusione recentemente di mi ricarico con le persone cioè non vedere le persone e lavorare tutto il tempo e anche se faccio sport eccetera non mi dà quella carica che mi serve proprio mi servono le persone i miei amici e vedere.
Camilla Scassellati Sforzolini (00:13:58) - La definizione di estroversione quindi l'estroverso chi si ricarica con le persone l'introverso si ricarica con se stesso e poi.
Inés Makula (00:14:06) - Avuto l'opportunità di fare esperienze anche all'estero. Sei stato negli Stati Uniti all'University of Michigan per qualche mese e hai avuto modo di vedere un altro approccio allo studio, alla vita professionale rispetto a quello italiano. Cosa ti ha colpito di quel momento, di quella tua esperienza americana e come ha cambiato le tue, la tua prospettiva sulle cose?
Enrico Mattiazzi (00:14:24) - La cosa che mi ha scioccato di più in assoluto è che tutti i miei compagni di classe all'università in America lavoravano. Forse ce n'erano un paio che non lavoravano e da noi invece era esattamente il contrario. Era l'eccezione che qualcuno lo lavorasse mentre studiavano. E per me è stato un po un una wake up call.
Enrico Mattiazzi (00:14:45) - Cioè, probabilmente potevo conciliare, potevo fare più cose in parallelo, le potevo, potevo essere più demanding, potevo essere più ambizioso con quello che stavo facendo e con e con come usavo il mio tempo. E quella cosa lì in assoluto mi ha stupito tantissimo. Anche perché fare l'università negli Stati Uniti è un investimento enorme quindi queste persone erano particolarmente motivate perché dall'altra parte erano ti stavano facendo un prestito si stavano indebitando per potersi pagare l'università. Non sempre sono molto molto umile da questo punto di vista e credo che ogni tanto avere così tanta pressione da giovani possa essere anche un problema per perché magari ti limita alcune decisioni un motivo di colpa verso dei percorsi che devono per forza avere un ritorno. E penso che lo studio sia proprio il lusso di poter dire faccio una cosa perché mi interessa piuttosto che una cosa che a tutti i costi di avere un ritorno di interessi. Dall'altra parte mi ha fatto capire per come ero fatto io. Forse studiare basta per me era una cosa un po che mi stava limitando perché ero curioso di capire cosa c'era dopo, cosa c'era di fianco, cosa si poteva fare nel frattempo.
Enrico Mattiazzi (00:15:55) - E negli Stati Uniti quella cosa lì mi è stata chiarissima. Io stavo diventando uno studioso, ma non era no quello che volevo fare. Avevo bisogno di più dinamicità, più più più energia da quel punto di vista e sono tornato dagli Stati Uniti carico a palla perché sapevo che dovevo fare qualcosa di diverso. Non avevo capito bene cosa, ma sapevo che dovevo cambiare un po il mix delle mie giornate e curiosità.
Inés Makula (00:16:18) - Che tipi di lavori facevano? Facevano tipo i camerieri on the side, dei side jobs? Comunque abbastanza o facevo tipo degli stage per arrivare al loro dream job, dopo cioè che tipo di esperienza stavano facendo.
Enrico Mattiazzi (00:16:29) - Era un mix molto vario, devo dirti. C'era chi faceva il cameriere, c'era chi faceva il car dialer guadagnando delle cifre senza senso, perché negli Stati Uniti proprio funziona diversamente quel tipo di lavoro lì. E poi c'era invece chi faceva la parte più apprentice di di di di stage no per imparare un mestiere che volevano poi fare grazie al fatto che stavano studiando quindi c'era veramente pure incredibile infatti è stata un'esperienza fighissima per quanto fosse eterogeneo il gruppo di persone che avevo incontrato e devo dire molto interessante.
Inés Makula (00:17:00) - E infatti lo diciamo spesso anche con Camilla ma anche proprio in età più giovani gli americani hanno i lavoretti anche già a dodici anni, 13 anni, mentre noi italiani non è proprio la nostra cultura. Ovviamente ci sono sempre le eccezioni non voglio dire che nessuno lo fa però e non è nella nostra cultura generale e questo in realtà dà tanto, ti responsabilizza, ti fa capire il valore dei soldi, il valore del tuo tempo libero cioè. Molto importante e quindi bello che insomma l'hai capito anche tu. Anche perché poi, che ci piaccia o non ci piaccia, ormai quando prendi un lavoro o anche uno stage vogliono che hai già dell'esperienza no ai primissimi alle primissime esperienze quindi questo è un buon modo per aumentare il tuo curriculum e non devono essere dei lavori super seri. Certe volte abbiamo non voglio dire seri, ma non devono essere dei lavori super qualificati. Può essere anche il cameriere per far vedere che hai lavorato e hai queste esperienze. In realtà fa tanto sul curriculum, quindi invito tutti i ragazzi giovani a imparare un po da questa lezione che hai imparato tu in Michigan.
Inés Makula (00:17:50) - Hai poi deciso di fare la specialistica all'Alta Scuola Politecnica di Torino e Milano, ma hai capito finalmente di non voler poi fare l'ingegnere che quella non era la tua strada. Come hai capito questa cosa e cosa ti ha convinto, insomma, a percorrere una strada diversa?
Enrico Mattiazzi (00:18:04) - Mi sono spostato dopo Padova, sono andato appunto a Milano, ho fatto questa cosa che si chiama Alta scuola, che è una doppia laurea. Considera che il ho capito chiaramente mi motivava molto risolvere problemi complessi come quelli che un ingegnere si trova ad affrontare tutti i giorni contemporaneamente. Una volta risolto il puzzle, risolto il la domanda più grande e scoperto qual era la soluzione? Il mio interesse andava scemando invece spesso l'ingegnere, soprattutto se pensi all'ingegnere meccanico, che ne so, che lavora in Formula uno, è quello di prendere un tema, farlo suo e andare ad approfondire all'infinito, scomponendo un problema complicatissimo in tanti pezzettini più piccoli. Finché non riesci a trasformare quel problema in una cosa super efficace che funziona molto bene. A me piaceva tantissimo il problem solving fatto all'inizio, cioè mi interessava molto capire come funzionavano le cose e in quello facendo ingegneria devo dire che Green Check mi sono reso conto che era effettivamente una cosa che mi motivava molto.
Enrico Mattiazzi (00:19:06) - Dall'altra parte mi sono reso conto che mi motivava molto risolvere problemi che avevano un impatto sulle persone, sugli interlocutori, sui clienti di quella cosa lì e di fatto. Quindi se vuoi il corto circuito è stato ok quindi non devo fare che mi orienta verso le cose, devo fare del business che mi orienta verso i clienti le persone che poi usano le cose a cui penso e le cose che poi su cui lavoro e grazie appunto l'esposizione che mi ha dato il Poli aziende e un contesto molto diverso da quello di Padova Padova era molto orientato verso diventare degli ingegneri bravissimi che magari avevano il sogno di diventare il classico ingegnere con lo studio di progettazione che aveva come clienti Why not no l'Aprilia la Fiat no i grandi nomi delle dell'automotive italiana. A Milano invece c'era chi diceva no, no, io voglio fare ingegneria perché voglio andare a lavorare in una grande azienda, voglio andare a fare consulenza, voglio andare in giro per il mondo, voglio andare in un contesto internazionale e lì allora sono riuscito a fare quel corto circuito di dire ok, mi piace un sacco risolvere i problemi ma ho la necessità che quell'impatto non sia poi su un oggetto una cosa che rimane lì, ma deve essere verso il cliente, il business e tutti gli stakeholder che ci stanno intorno.
Enrico Mattiazzi (00:20:16) - E io quindi ho fatto click e ho detto ok, ho capito, no, probabilmente la mia strada è quella lì.
Camilla Scassellati Sforzolini (00:20:21) - e sei andato a lavorare da Vodafone nel team di strategia e quindi, come abbiamo detto, ho cambiato. Insomma non ingegneria, ma proprio un lavoro puro, business. Dove hai imparato? Sono sicura tantissimo e ci hai detto che anche conosciuto tantissime persone in quel periodo hai dato un premio nel costruire il tuo network e conoscere persone interessanti. Quali sono alcune delle persone che hai conosciuto che hanno più impattato poi il tuo percorso andando avanti?
Enrico Mattiazzi (00:20:47) - Beh, i miei colleghi in primis erano tutte persone che venivano da esperienze lavorative. Io ero l'unico neo laureato in un team di gente che lavorava già da anni, quindi lavorando insieme a Sabrina Emilio, persone che ancora oggi sono cari amici per interposta persona. Scoprire tante industrie, tanti modi di pensare, di acquisire un modo di lavorare che ancora oggi è quello che uso per le cose che faccio. E poi ho incontrato persone come Massimiliano Magrini, che so che è stato trovarmi da.
Camilla Scassellati Sforzolini (00:21:17) - Poco, e Massimiliano Magrini di founder di United Ventures. Lo dico perché magari non non non seguo questo mondo tutti i giorni.
Enrico Mattiazzi (00:21:26) - Ai tempi stavo uscendo da Google dopo un percorso incredibile che mi ha incantato, nel senso che diceva cose che mi risuonavano, mi sembravano un po una direzione da seguire, una palla buttata molto lontana molto lunga e che poi io mi sono messo a rincorrere un po come potevo e quindi ho cercato di tenere tutti questi contatti attivi, parlare con più persone possibili per poi trovare il mio percorso dopo i primi anni di lavoro e l'incontro con Massimiliano è stato poi uno dei più proficui e se vuoi uno dei momenti più vitali, se vuoi della mia esperienza professionale oggi non sarei Enrico che sono senza aver incontrato Max Back in the Days. Quindi sì, ci ho dedicato un sacco di tempo e sono molto felice di averlo fatto.
Camilla Scassellati Sforzolini (00:22:18) - Abbiamo parlato di questa cosa, ma magari spendiamo altri 2 minuti a parlarne. Questo tuo abilita di conoscere, connetterti e imparare dalle persone perché penso che sia un aspetto molto interessante.
Camilla Scassellati Sforzolini (00:22:30) - Prima l'abbiamo chiesto un po leggermente perché c'è sempre quella tensione tra la socialità e la scuola e l'università, soprattutto con un corso come ingegneria. Quindi ci interessava capire da quanto era partito questo tuo attitudine però nel business come sappiamo è una cosa importantissima e parliamo sempre dell'importanza di avere un network forte e di avere anche un'attitudine a conoscere le persone nel modo giusto nel senso conoscerle, poi imparare e magari tenersi in contatto. Quindi ti vogliamo chiedere da 1 a 10 secondo te quanto è stato importante per te quanto è importante un network e se hai dei consigli o dei pensieri a riguardo che vuoi condividere su come farlo nel modo giusto, nel modo migliore.
Enrico Mattiazzi (00:23:11) - Livello di importanza dal mio punto di vista è dieci. Allora, se dovessi fare dare un consiglio a chi vuole investire del tempo, investire delle energie nel crearsi un network di persone con cui confrontarsi, con cui chiacchierare prima è necessario chiedersi effettivamente di cosa si può portare in un all'interno di una conversazione nel momento in cui ci si siede intorno ad un tavolo con delle persone che non si conoscono.
Enrico Mattiazzi (00:23:33) - Io credo che il network fine a se stesso sia controproducente, nel senso che essere il prezzemolino che condisce tutti i tavoli presenti a tutti gli eventi e tutte le feste per carità può essere un punto di partenza, ovviamente, ma contemporaneamente non è il modo di lungo periodo di costruire relazioni che secondo me nel mio caso ha funzionato bene e che secondo me ha senso perseguire. Storco sempre un pochino il naso ai networker professionisti perché quella cosa lì rischia di suonare un po fake, rischia di essere un pochino forzata. Io quindi credo molto che prima di sedersi a quel tavolo bisogna sapere cosa si porta a quel tavolo e bisogna anche genuinamente capire cosa ci incuriosisce, cosa ci piace, perché poi sarà quello l'argomento e saranno quelle le i vettori le strade che si andranno a percorrere quindi con gli interlocutori che si incontrano Quindi credo che sia veramente molto importante aver chiaro cosa si può portare all'interno di quella relazione e quali sono le tematiche che vi scaldano un pochino il cuore o l'interesse perché poi a quel punto lì il networking non è più una cosa funzionale ma diventa un reciproco scambio.
Enrico Mattiazzi (00:24:47) - Io genuinamente tutte le persone che ho incontrato erano persone da cui volevo imparare, facevo un sacco di domande perché genuinamente ero curioso di capire Ma quella roba lì come l'hai fatta? Ma questa cosa qui come funziona? Tutte cose che se vuoi anche gratificano il tuo interlocutore nel momento in cui hanno la possibilità di condividere delle esperienze belle e di sentirsi anche gratificati nel raccontarti insegnarti qualcosa che è una cosa molto bella. Quindi diciamo, la combo di questi tre elementi secondo me fa sì che fare networking possa essere una cosa di lungo periodo, piacevole, non forzata, perché poi diventa anche di nuovo un lavoro. Che poi parlo professionalmente, appunto, un po tricky e da lì poi nasce cosa nasce cosa perché effetto network su Wikipedia se qualcuno è curioso si può è una cosa che le persone hanno studiato. L'effetto network poi porta in realtà ad innescare una successione di eventi molto virtuosa che vi porta a conoscere un sacco di persone che il giorno prima manco avreste pensato di incrociare nella vostra vita.
Camilla Scassellati Sforzolini (00:25:48) - Ma come vi ha detto un buon esempio, appunto il tuo incontro con Massimiliano Magrini, founder di United Ventures, che poi ti ha reclutato per andare a lavorare dagli United Ventures e hai deciso di seguirlo appena.
Camilla Scassellati Sforzolini (00:25:59) - Insomma, poco dopo che è lanciato il suo fondo, ha iniziato in un team in cui eravate in quattro e avete sei cresciuto con loro. Quindi appunto buon esempio di una conoscenza che uno fa in modo insomma sul campo professionale ma anche a livello umano che poi si trasforma in qualcos'altro e immagino che anche sia stato il tuo primo momento di United Ventures in cui ti sei realmente affacciato al mondo delle startup. Quindi eravamo curioso di sapere cosa ti ha colpito di più nel mondo startup, imprenditoria e quanto è stato utile lavorare in un fondo prima di lanciare la tua propria startup. Appunto. Tra poco arriveremo Fiscozen, ma volevamo parlare anche di questo ultimo capitolo.
Enrico Mattiazzi (00:26:37) - Guarda, l'esperienza nel fondo è stata cruciale per quanto mi riguarda, perché ho avuto modo di osservare da una posizione privilegiata il lavoro, il talento, lo sbatti di tantissimi imprenditori che stavano lavorando giorno e notte a dei progetti imprenditoriali. Lavorando nel fondo avevo l'occasione di entrare nel merito delle cose che venivano fatte senza se volete rischiare o assumermi i rischi dell'imprenditore. Quindi era veramente una posizione privilegiata ma era il posto a bordo campo le finali di NBA cioè respiri l'aria senti l'allenatore cosa.
Enrico Mattiazzi (00:27:18) - Dice ma contemporaneamente che vincano, che perdano. Tu ti sei goduto un bello spettacolo e poi vai a casa no che quella roba lì. Molto, molto fortunati in quel percorso sono stati cinque anni io ho lavorato cinque anni con Massimiliano e Paolo in United, dove ogni anno per darvi un ordine di grandezza ricevevamo più di 1000 pitch 1000 proposte di di di investimento tantissime quindi non solo mi ha fatto creare una cultura a 360 gradi nel mondo del digital ma per di più anche poi nel seguire gli investimenti fatti con gli United e mi dava anche modo di vedere cosa funzionava e cosa non funzionava nelle startup in cui poi avevamo investito. Se metti che ero esposto a tutto quello che succedeva nel mercato italiano ed europeo di venture capital, la possibilità di sedermi accanto a questi imprenditori e imparare da loro, facendomi un sacco di domande perché era il mio lavoro. E in terzo e terzo step seguire supportare gli imprenditori in cui investivano, dando un supporto nelle aree in cui un investitore Può essere utile quindi condividere altre esperienze di altre startup piuttosto che mettere a disposizione network o fare fundraising o preparare dei piani finanziari più sofisticati di quello che una persona da sola sarebbe in grado di fare.
Enrico Mattiazzi (00:28:33) - Mi ha fatto fare il mio MBA da imprenditore se volete, perché mi sono trovato cinque anni dopo a dire caspita, sapevo fare delle bellissime presentazioni, dei bellissimi excel, dei bellissimi modelli, ma non avevo minimamente idea di come funzionasse un'azienda. E dopo cinque anni dicevo ma adesso magari non ho capito proprio tutto, però ne so molto di più.
Camilla Scassellati Sforzolini (00:28:54) - È interessante anche notare il fatto che fino a questo momento, nella nostra chiacchierata non ci hai mai parlato del fatto che avevi ambizioni imprenditoriali, quindi in realtà l'imprenditoria non è una cosa che forse ti aveva, semplicemente non ci avevi pensato fino a quel momento, fino agli United Ventures e quindi siamo doppiamente curiose di scoprire questo momento che in generale ci affascina tantissimo, perché spesso si passa un po veloce su questo periodo, però sappiamo che tutto parte da prendere la decisione di farlo, quindi iniziare. Quindi ti volevo chiedere se puoi veramente entrare nel merito di come è nata l'idea di fiscozen e come hai effettivamente poi deciso di lasciare gli United Ventures per fondare la tua start up.
Camilla Scassellati Sforzolini (00:29:35) - Se c'è un momento particolare che ricordi o qualcosa qualcuno, qualcosa che ti ha dato il là di dire ok, questo è il momento, lo faccio.
Enrico Mattiazzi (00:29:43) - Decisione difficilissima, non difficile. Se potessi aggiungere altre altre otto S lo farei. Allora, secondo me c'è un tema che fare l'imprenditore non è un'opzione che viene data quando si studia non so come dire è nel catalogo delle opzioni come la partita IVA. D'altronde è un catalogo che diventa un po etereo, no? Verso la parte bassa diciamo che devi andare a lavorare qui, devi fare esperienza, qua devi andare di qua, devi fare di qui. Ma poi ti dicono no, ma potresti aprire la tua azienda. Quella non me l'aveva mai detto nessuno. No, è proprio un'opzione che non che che che che probabilmente non viene contemplata se non per esperienze familiari magari no perché i tuoi genitori la tua famiglia l'amico di papà del tuo amico no si è buttato a fare qualcosa di suo quindi all'inizio proprio non mi passava per la testa Avevo il mio percorso da manager in azienda e diciamo che l'esperienza fatta in Vodafone mi ha fatto capire quello che non volevo fare.
Enrico Mattiazzi (00:30:40) - Quella roba lì ho detto bello, interessante, imparato tanto, ma è anche basta. Nel senso ho fatto un mio pezzo di strada e avevo mi ero portato a casa quello che volevo. Poi United è un po cambiato tutto perché il lavoro mi piaceva tantissimo. Ero, avevo grandissima libertà di seguire i miei cantieri, seguire i miei progetti, incontrare un sacco di gente, gente bravissima, Quindi le mie pile erano sempre al 100%. Tornando alla battuta dell'inizio di questa chiacchierata, ad un certo punto mi sono sentito un po davanti a un bivio di dire ok, o divento un investitore professionale, provo a diventare un partner in un fondo di investimenti, oppure dall'altra parte mi sono guardato, ho detto potrei tornare, andare a lavorare da qualche parte, potrei andare a lavorare per una startup. Oppure potrei fare una cosa mia. Perché? Perché la sto scartando by definition è sbagliato. In quegli anni, lavorando nel fondo mi sentivo un po come avete presente nei dissing dei rapper quando si prendono in giro perché c'è l'altro che dice che canti nel quartiere ma nel quartiere non ci sei mai stato perché mamma e papà ti pagavano le spese piuttosto che andava in vacanza in un bel posto, eccetera eccetera.
Enrico Mattiazzi (00:31:46) - Mi sentivo senza street credit no cioè affiancava gli imprenditori, gli davo consigli, ma non l'avevo mai fatto e con che credibilità mi siedo di fianco a Camilla invece a dirle ragazze scusate però secondo me questa roba qui ho fatto diverse, ma ho capito. Enrico chi è per dirvi sta roba, signor nessuno? No, mi rispondo da sola. Quindi a un certo punto mi sono detto caspita, a me fare il venture capital dispiace tantissimo, però mi manca la pratica no cioè la teoria, ma non so la pratica e quindi mi son detto ok probabilmente il mio NeXT Step fare il salto dall'altra parte del tavolo e fare qualcosa di mio e da lì ho iniziato a dirmi ok, ma io questa cosa qui la farei, questa cosa qui non lo farei. Ho iniziato un pochino a fantasticare ma che tipo di azienda vorrei creare? Io sono arrivato al punto in cui ho detto ok, l'ho trovata, però mo mi devo licenziare. Aspetta, siamo proprio sicuri? E lì è stato molto doloroso. Ci ho messo mesi.
Enrico Mattiazzi (00:32:40) - In estrema sintesi ho messo mesi di chiacchierate con la mia fidanzata, attualmente mia moglie. Anche i miei genitori devo dire coinvolti alla fine perché ovviamente erano un pochino più risk adverse.
Camilla Scassellati Sforzolini (00:32:53) - Meglio coinvolgerli alla fine.
Enrico Mattiazzi (00:32:57) - Sì, esatto, dovevo avere già un pitch ben chiaro in testa, capito? Perché altrimenti mi fregavano e mi facevano tornare indietro, quindi non volevo, ma volevo arrivare preparati.
Inés Makula (00:33:04) - La risk avversion dei genitori lo diciamo da sempre è molto molto low.
Camilla Scassellati Sforzolini (00:33:08) - Bisogna conoscere i propri genitori e sapere a che punto coinvolgerli. Di solito meglio verso la fine, quando le cose sono già ben definite e perché Fiscozen, come sei arrivato alla conclusione di quel mercato in particolare? Immagino dati di mercato.
Enrico Mattiazzi (00:33:23) – In realtà sai che quello è stato una sorta di acid test che abbiamo fatto in un secondo momento. Ad un certo punto mi sono reso conto che gli imprenditori in generale e le persone che stavano lavorando ad un progetto nuovo in senso proprio, più ampio, più se volete no, se c'è qualcosa di nuovo da fare, a prescindere dal business che fai, è di fatto ti devi confrontare con tutta una serie di regole del gioco che hanno un costo abbastanza grande da gestire non solo monetari, ma proprio di tempo.
Enrico Mattiazzi (00:33:53) - Sono le classiche cose che se non fai bene, se non fai in ordine, prima o poi paghi il prezzo. Ma farlo bene non ti assicura il fatto che il tuo business sarà un business di successo. Ti trovi in quell inghippo dove devi dedicarci tempo, ma sai che tempo tolto al tuo business e ti dici caspita, ma perché lo devo fare? E lo devi fare perché altrimenti poi c'hai rogne. Contemporaneamente stai sottraendo energia e tempo alle cose più importanti, cioè far funzionare la tua attività e diciamo se volete lo sbatti il in gergo tecnico lo sbatti dell'imprenditore che si confronta con la burocrazia in generale fiscale paghe e burocrazia legata poi alla parte contrattuale. È stato un po il fil rouge che mi ha detto ma caspita ma tutta questa roba qui deve poter la tecnologia in qualche modo semplificare questa matassa aggrovigliata di roba da fare. E da lì con il mio socio Vito, con cui stavo facendo un sacco di chiacchierate per testare un imprenditore seriale, parlandoci insieme abbiamo messo a punto questa cosa qua che effettivamente con la tecnologia si poteva fare qualcosa perché c'erano tante cose che avevamo visto in prima persona, che potevano essere fatte in un modo diverso e quindi da lì siamo andati.
Enrico Mattiazzi (00:35:05) - Prima ancora di guardare i numeri di mercato siamo andati ad affiancare a sederci accanto a degli amici commercialisti. Fiscozen aiuta a chi ha la partita IVA a gestire tutto quello che succede nell'arco dell'anno. Alla propria attività ci siamo affiancati commercialisti scientifici anche loro. Abbiamo iniziato a capire cosa facevano tutto il giorno e abbiamo detto caspita, ma noi possiamo aiutarvi tutta una serie di cose che voi fate a mano. Noi con la tecnologia sappiamo come gestirle, sappiamo come farle diversamente e da lì poi ok, potremmo aver trovato una cosa che ha senso fare. Allora cerchiamo di capire qual è il mercato, chi compra, chi vende eccetera eccetera. E da lì poi fast forward, fiscozen come la conoscete oggi.
Inés Makula (00:35:53) - Facciamo una piccola pausa per parlarvi di Turnover. l'Agenzia, nata all'inizio del 2021 che aiuta le aziende a muoversi nel complesso mondo delle vendite online, in particolare su Amazon. Se sei un imprenditore, un manager o semplicemente lavori in un'azienda e vuoi incrementare le tue vendite online, ascolta bene. Turnover gestisce gli account Amazon dei propri clienti per aiutarli a vendere di più e meglio farlo.
Camilla Scassellati Sforzolini (00:36:15) - Lavora su diversi ambiti come l'ottimizzazione e gestione dei prodotti, lo sviluppo di asset come foto e video ad hoc per questo canale, la creazione e coordinazione di una campagna DV, l'analisi e lo studio dei dati per implementare le strategie di crescita. Turnover è parte del Service Provider Network di Amazon ed è un advanced partner di Amazon Advertising, il programma di intermediari certificati Amazon. Maggiori informazioni su WWW.DigitalTurnover.it.
Poi c'è un altro momento importante no cioè la decisione di fare l'imprenditore poi c'è lo shock di essere diventato imprenditore ed avere appunto lasciato la carriera stabile da manager in un VC e ritrovarsi da solo con il look di base i primi settimane mesi dipende da quanto uno veloce vada solo con un laptop o con un socio e un laptop. E un'idea. E come hai vissuto quella fase iniziale dell'imprenditoria? E quanto ci hai messo prima di avere la sensazione che effettivamente stavi costruendo qualcosa di concreto?
Enrico Mattiazzi (00:37:18) - Mi è crollato un po il mondo addosso, venivo da una carriera fighissima, da un posto di lavoro fighissimo, invitato a destra, a sinistra, agli eventi, alle cose e banalmente anche no, con i miei amici o le persone nuove che conoscevo quando dovevo dire chi ero.
Enrico Mattiazzi (00:37:34) - Dicevo guarda, sono Enrico, lavoro in un fondo di investimenti. La storia era sintetica, molto semplice da raccontare, appealing. Mi posizionava come uno Ok, interessante, no? E di punto in bianco quella roba lì non c'era più cioè quindi non solo non c'era più lo stipendio non c'era più quel percorso lì ma non c'era manco più la storia con cui se volete mi gratificava quando parlavo con le persone quando conoscevo qualcuno quindi è stata molto dura e per credo il primo anno e facevo fatica a dire alle persone che facevo l'imprenditore perché mi sentivo un cretino love story short perché dicevo ok, io posso pure avere un progetto posso pure avere una una cosa che sto costruendo con un team di tre quattro cinque sei persone nel frattempo no però nella mia testa dicevo sì ok però se faccio l'imprenditore è una cosa seria io non lo so ancora se sta roba qua è una cosa seria cioè devo ancora capire se effettivamente è un progetto o diventa un'azienda. Tra un po di disorientamento mio nel descrivermi con gli altri e un po anche di strizza legata al fatto che avevo più domande che risposte legate al business nuovo che stavano partendo, ho fatto veramente molta fatica a dire le persone No guarda, io faccio l'imprenditore, sono partito con un progetto, quella cosa lì mi costava una fatica pazzesca.
Enrico Mattiazzi (00:38:54) - Poi è subentrato l'orgoglio. Quindi dopo il primo anno, quando ho iniziato a capire che effettivamente c'era qualcuno interessato a quello che stavamo facendo, quando ho iniziato a vedere il team che prendeva forma e ne vado e ne andavo orgogliosissimo, allora lì ho detto no, però è giusto no. Cioè alla fine lo sto facendo per davvero. Non è una idea pazza che mi è venuta a caso, sta succedendo una cosa vera quindi io posso raccontarla.
Inés Makula (00:39:18) - Quali sono stati un pochino i momenti clou nella crescita di di fiscozen che ti hanno fatto capire che eravate sulla strada giusta o turning point che puoi identificare guardando indietro.
Enrico Mattiazzi (00:39:29) - Un momento ce n'è uno probabilmente banale ve lo diranno tutti gli imprenditori con cui parlate voi parlate con un sacco di imprenditori e quando un po raccogli soldi, quando c'è qualcuno che crede nel tuo progetto e decide di fare l'investimento. Ovviamente quelli sono momenti un po più vitali, perché sono momenti in cui c'è qualcuno che è disposto a dire ok, credo che quello che stiate facendo ha un senso e quindi ci voglio mettere dei soldi.
Enrico Mattiazzi (00:39:55) - E per come funziona il venture capital sotto forma di aumenti di capitale, sono soldi che poi non devi nemmeno restituire. Quindi quando qualcuno ti dà quei soldi anche se poi finiscono e li perdi, ovviamente non in malafede, in buona fede è una scommessa all in Per l'investitore non non c'è un debito da saldare, quindi quelli sono momenti di sicuro grandissimi, che ti danno dei segnali forti sul fatto che la direzione è quella giusta e che stai lavorando nella direzione giusta. Ci sono altri due momenti, probabilmente di Fiscozen, che mi mi hanno mi hanno lasciato un segno forte in testa, che è quello che. Allora il primo pagamento in assoluto. A costo di sembrare romantico, ma la prima volta che una persona ha pagato per comprare il nostro servizio, quello è stato il momento in cui mi sono detto caspita, ma questa persona, senza vedere nulla se non una landing page, ai tempi si è fidata e ci ha pagato 300€ per avere un servizio e gli ho detto vuoi mica vedere che non è soltanto una un progetto, una teoria ma è una cosa vera.
Enrico Mattiazzi (00:41:02) - Quindi quella roba lì me la ricordo in maniera Mi ricordo ancora il nome del cliente, figurati Marco se ci sta vedendo lo sa. Ciao. Ma al netto di altri e non era un amico ve lo giuro cioè era una persona che ci ha scelto di sua spontanea volontà.
Camilla Scassellati Sforzolini (00:41:15) - Devo dire che ti dico solo questa cosa, che questa è una cosa che sentiamo da tutti. Ho parlato ieri con un imprenditore che mi raccontava exit cioè si ricordava Marta che gli aveva comprato il primo servizio. Quindi se siete i primi a comprare qualcosa sarete nella memoria infinita del founder probabilmente.
Inés Makula (00:41:33) - Incorniciati in camera sua il primo ordine il primo cliente quindi persone molto importanti.
Enrico Mattiazzi (00:41:40) - Guarda che sembra una stupidaggine ma quel primo. Segnale che il primo gesto è il classico colpo che dà il primo domino. Che poi succede un sacco di cose ed è veramente una cosa fighissima. E l'altra cosa invece, che è stato un po un eureka moment, per quanto mi riguarda, è quando ho messo a fuoco il fatto che noi offriamo un servizio online, no? Quindi tu vai sul sito, fai tutte le tue cose, Potresti per assurdo fare tutto da solo.
Enrico Mattiazzi (00:42:05) - Un altro turning point per me è stato quando ho capito che il nostro servizio non era il prodotto tecnologico, ma era il servizio che erano le persone più la piattaforma, più l'applicazione. Quando ho messo a fuoco quella cosa lì tutta una serie di decisioni strategiche tutta una serie di attività e di iniziative di progetti che abbiamo fatto hanno cambiato volto e per me quello è stato un altro momento abbastanza cruciale se vuoi per dare forma di nuovo com'è oggi perché mi sono reso conto che il prodotto di per sé non era sufficiente, non bastava per far sì che le persone fossero soddisfatte, felici di usare il nostro prodotto. Ma era necessario. Era cruciale che le persone avessero una relazione con noi. E come fai? Le relazioni le fai con le persone? Vedi che poi alla fine è un cerchio che si chiude più o meno.
Camilla Scassellati Sforzolini (00:42:55) - E questo però è una lezione che si può imparare. Credo che per chiunque stia lavorando a un progetto tecnologico dipende ovviamente da cosa, ma quando è un servizio del genere ho l'impressione, almeno io, da user.
Camilla Scassellati Sforzolini (00:43:07) - Nessuno vuole solo la tecnologia. Vuoi anche parlare con una persona? Perché ci sono domande che magari non rientrano nelle caselle delle FAQ, ma che hanno bisogno di un'interazione umana. Quindi è molto importante la tecnologia, ma a volte ci dimentichiamo che ci deve essere anche un aspetto umano dietro la tecnologia, perché siamo esseri umani e vogliamo ancora, anche se lei ci sta copiando, vogliamo comunque avere questa sensazione, però vedremo. Comunque molto interessante come lezione.
Inés Makula (00:43:33) - E siete partiti nel 2017 cresciuti molto velocemente due per ogni anno. Adesso avete 200 persone nel team, 30.000 clienti 9 milioni di euro. Che vuol dire Annual Recording Revenue, che è una metrica molto importante per il B2B software, immagino. E cosa pensi siano le cose che avete fatto bene e che pensi possano essere delle lezioni utili per per imprenditori che ci ascoltano?
Enrico Mattiazzi (00:43:56) - Credo genuinamente che il la cosa che abbiamo fatto bene lavorare con sempre in testa la domanda di business che volevamo a cui volevamo rispondere può sembrare molto generico questo questo questa affermazione ma è molto concreta perché se quello che succede spesso quando si fa un progetto che non che non dura un mese dura dieci venti anni è che ogni tanto ci si dà per scontato e ci si dimentica il motivo per cui si fanno certe cose.
Enrico Mattiazzi (00:44:26) - E credo che la cosa che abbiamo fatto bene è ricordarci e chiederci con costanza il motivo per cui stiamo prendendo alcune decisioni, anche con la consapevolezza del fatto che facendoti quella domanda poi decidi di cambiare drammaticamente quello che stai facendo verso un'altra direzione, perché avevi imboccato la strada sbagliata e non te ne sei accorto emotivamente uno sbatti è molto faticoso perché fa sì che, soprattutto adesso che siamo in tanti, le persone debbano convivere con una situazione, con un contesto che cambia e si aggiorna. Dall'altra parte credo che questa nostra abilità di farci le domande di business e e ripeterci e ripercorrere il motivo per cui stiamo dando una certa risposta ci ha permesso di tenere la barra dritta e seguire la nostra strategia in maniera fedele ed efficace. Credo che in assoluto questo sia la cosa che se vuoi c'è, cioè ha fatto la differenza per noi.
Inés Makula (00:45:21) - Imprenditori con cui abbiamo parlato. Dicono che la parte una delle parti più difficili di una startup è proprio costruire un team forte perché alla fine diciamo le persone sono poi quello che effettivamente fanno fanno l'azienda no.
Inés Makula (00:45:33) - Voi come avete approcciato questa sfida siete adesso 200 cosa penso che avete fatto bene lezioni magari imparate da errori che non rifaresti più che insomma hai provato sulla tua pelle.
Enrico Mattiazzi (00:45:45) - La cosa che abbiamo fatto è licenziare le persone giuste. In questo modo abbiamo creato un team forte. E il costo di avere a bordo nel team una persona che non è allineata alla mission dell'azienda e che di conseguenza non riesce a dare un contributo, è più alto di qualsiasi altro costo che si possa concretizzare monetizzare. Quindi credo genuinamente che noi oggi abbiamo un team fortissimo. Ve lo dicevo prima, io ne vado super orgoglioso. Abbiamo un sacco di persone in gamba che si fanno in quattro per riuscire a cambiare la vita di chi ha la partita iva e la. Ci siamo riusciti solo prendendo decisioni difficili, quella di licenziare persone. E se può sembrare controintuitivo penso forse ieri vidi che ad un certo punto diceva come posso migliorare il mio per il mio processo di recruiting? Lui rispondeva Devi convivere col fatto che la tua capacità di giudizio sbaglia, quindi assumerai persone sbagliate.
Enrico Mattiazzi (00:46:50) - Devi essere semplicemente umile a sufficienza da accorgertene in tempo e fare marcia indietro. Credo che questa sia la scelta più difficile che ci ha permesso però oggi di avere un team incredibile che fa la differenza.
Inés Makula (00:47:02) - Sì, perché uno non si rende conto quanto, soprattutto i team piccoli no? Quando sei in una mega corp. Perché non è mai positivo avere una una persona che non è giusta in un team quando c'è un'azienda di 40.000 diciamo che è un po non è quella persona che cambierà un po l'azienda, a meno che sia il CEO. Una figura chiave chiave però, in un in una startup dove all'inizio se si è pochi una persona conta tantissimo. Quindi bisogna, come dici tu, licenziare le persone sbagliate e rapidamente. Invece se non ci sono stati dei momenti particolarmente difficili dove magari avete pensato che sarebbe saltato tutto, oppure altre sfide che secondo te vanno un po discusse. Se hai qualche aneddoto da raccontarci di un momento che hai superato sarebbe molto, sempre molto inspirational questa parte qua.
Enrico Mattiazzi (00:47:46) - Secondo me la cosa più difficile in assoluto è tenere insieme tutti i pezzi.
Enrico Mattiazzi (00:47:52) - Fare l'imprenditore, per usare un termine americano, vuol dire essere un Jack Oval Trades, cioè ne devi sapere un po di tutto. Ci sono 1000 progetti, 1000 iniziative che vanno avanti all'interno della tua startup, per piccola che possa essere. E lo sbatti più grande. La cosa più difficile in assoluto è fare in modo che tutto quanto fili e vada avanti. Credo che questa in assoluto sia la cosa più difficile. Poi drama moment no momenti di di di disperazione per eventuali. C'è stato un momento quando abbiamo fatto il secondo round di investimento abbiamo raccolto da un fondo europeo che si chiama Keen Venture partner che è un fondo olandese. Devo dire che lì abbiamo avuto un momento in cui ci eravamo un po preoccupati perché fiscozen era ed è attivo solo in Italia e parlando con venture capital europei, il problema che stavamo affrontando era che quando gli dicevamo che eravamo Italy only ci dicevano sorry, ma non è pane per i nostri denti. Quindi lì c'è stato un momento in cui con Vito ci siamo guardati in faccia abbiamo detto e qua mo cosa facciamo dobbiamo rivedere il piano se non riusciamo a raccogliere questo round e cercare di capire cosa fare di diverso perché se tutti quanti ci chiudono la porta dicendo no voi siete Italy only abbiamo un bel problema e per fortuna poi non è andata così.
Enrico Mattiazzi (00:49:15) - E e quindi eccoci qua.
Inés Makula (00:49:17) - Domanda interessante perché praticamente sempre si sente dire no internazionalizzazione fin da subito ecco diciamo che tutte le start up ma uno lo diciamo anche sul podcast bisogna pensare almeno europeo bisogna uscire l'Italia chiaramente tu cioè tu fisco diciamo e anche per esempio già che abbiamo avuto sul podcast recentemente invece non è non avete questa stessa visione che è un po una contrarian view al mondo del business perché ci puoi raccontare un pochino più dettaglio perché questa Italy only e come poi hai convinto quindi fondi stranieri che che fosse la cosa giusta.
Enrico Mattiazzi (00:49:51) - Io credo genuinamente che questa scorciatoia di dire che una startup diventa grande soltanto se diventa internazionale sia un corto circuito cioè si associa il l'andare internazionali con il pensare in grande cosa che è profondamente sbagliata dal mio punto di vista perché se il tuo business il tuo mercato è abbastanza grande in una Paese solo pensare in grande non vuol dire necessariamente avere più di un Paese, ma vuol dire, per esempio, diventare l'incumbent, il player principale del mercato del tuo paese. l'Europa, quando si parla soprattutto di internet, è un mercato che solo tutta unita insieme diventa grande come gli Stati Uniti.
Enrico Mattiazzi (00:50:33) - Quindi spesso e volentieri il ragionamento andare internazionali per essere grandi è legato proprio il fatto che la se vuoi la narrativa e la conversazione che c'è nel mondo del venture capital deriva ed ereditiamo interamente dagli Stati Uniti quindi credo che di base questo tesi molto forte nasca da un grande equivoco di partenza poi ci sono tutti i vari caveat ovviamente se il business il mercato non è grande a sufficienza se va sans dire che è necessario andare più di un Paese perché altrimenti l'investitore non trova un investimento che ha il potenziale di diventare grosso a sufficienza per avere dei ritorni. Quindi c'è una combo di mercato e di conversazione che in linea di massima fa giungere alla conclusione che tu vuoi un progetto che vada internazionale. Nel nostro caso il mercato in cui lavoriamo noi lavora anche Marco sono mercati in cui solo l'Italia per esempio nel mondo della consulenza fiscale spende più di 7 miliardi ogni anno. Non hai bisogno di andare internazionali per fare un unicorno non è minimamente necessario perché il mercato italiano è abbastanza grande per darti spazi di crescita e creare un'azienda. Di successo anche facendo solo l'Italia e secondo me questa è una cosa che spesso ci dimentichiamo andare internazionali è un grado di complessità che fa tipo dieci per in più rispetto a far molto bene un Paese a parte che diventare incumbent di un Paese ma al netto di quello andare internazionale è altrettanto difficile.
Enrico Mattiazzi (00:52:02) - Non è che come dire è un trade off no brand sono due partite molto difficili noi abbiamo deciso di giocarci la partita di diventare il player di riferimento per le partite IVA in Italia. Voglio dire, poi questo è un po la visione, se vuoi imprenditoriale e siamo molto contenti perché c'è qualcuno che aveva esperienza nel mondo del B2B, software come Keen, che ha creduto la nostra tesi e ha detto Sì, è vero, crediamo profondamente che si possono fare aziende fighissime anche rimanendo in un'altra isola.
Camilla Scassellati Sforzolini (00:52:31) - E hai citato Marco che sarebbe Marco Ogliengo, founder di Jet HR e devo dire che effettivamente è la seconda volta. Marco forse è stata la prima una dei primi a dirci esattamente la cosa che sta dicendo tu e mi sembra di capire che è importante scegliere o capire il proprio mercato, scegliere il mercato giusto. Ci sono dei mercati in cui essere incumbent in Italia può dare a venture capital i ritorni che servono. Ci sono mercati in cui ovviamente è necessario uscire dall'Italia, però l'importante e magari saperlo a monte e organizzarsi o comunque credere nella tesi perché appunto anche quando ricevete no da investitori avete deciso di credere nella vostra tesi e rimanere ancorati saldi all'idea che ce l'avrebbe potuta fare.
Camilla Scassellati Sforzolini (00:53:13) - E adesso citeremo una cosa che dà manforte al fatto che ce l'ha tutto ma che che era la tesi giusta invece di dire ok nessuno investe su di noi quindi lancio la Francia e poi farlo senza lanciare la Francia sembra una cosa facile ma vuol dire un altro team un altro country manager delle regole del gioco che non conosci quindi ovviamente può essere poi la cosa che ti ammazza fare il country sbagliato. Quindi forse quello che hai citato anche nelle lezioni più importanti, è credere nel proprio business plan, nella propria tesi e rimanerci. E appunto, dicevamo, menzioniamo questa cosa che avete da poco annunciato che Disma, che è un gruppo norvegese di software per aziende, ha deciso di fare un investimento strategico in fisco Zen che ha permesso a i vostri investitori tra i vostri primi investitori tra cui United Ventures anche di fare una exit da parte loro quindi anche di dare ritorni ai vostri investitori. E immagino anche confermare la vostra tesi che anche un player internazionale norvegese che fa questo di mestiere ha creduto nell'idea che fiscozen può crescere rimanendo in Italia.
Camilla Scassellati Sforzolini (00:54:13) - Ma ci puoi raccontare un po come vi approcciato e come avete deciso che sarebbero stati i partner giusti? Perché ovviamente è un po diverso che raccogliere fondi da un fondo di venture capital, immagino. O no? Forse no, diccelo tu.
Enrico Mattiazzi (00:54:25) - Da quando abbiamo fatto un round con l'investitore internazionale. Io settimanalmente ricevevo, senza nessun tipo di sollecitazione da parte mia, un sacco di mail, di fondi e di investitori che facevano ricevute per vedere se noi eravamo intenzionato a fare un'altra raccolta, eccetera eccetera. Perché? Perché banalmente gli investitori hanno capito che fiscozen aveva una maturità e aveva raggiunto una soglia tale per cui poteva essere un target interessante anche per altri investitori e solitamente quello che facevo io era no rispondere con la solita mail dove dicevo grazie per l'interesse. Che figata, Al momento non stiamo raccogliendo, ma se passate da Milano perché no? Ci prendiamo un caffè e questa era la mia risposta standard. Ne avrò mandate un centinaio e una divisione intera la mail di Visma, dove però loro mi hanno risposto dicendomi ok, prendiamo l'aereo, fra una settimana ci vediamo, ho detto ops, mi hanno fregato, ma adesso devo trovare qualcosa da raccontargli quando vengono a trovarmi e quando abbiamo scoperto, quando abbiamo parlato con Disma non avevamo bisogno di soldi e però abbiamo scoperto un investitore che aveva fatto della nostra tesi la loro tesi.
Enrico Mattiazzi (00:55:35) - Dieci per Perché quello che fa Visma è investire solo ed esclusivamente in aziende che danno servizi prodotti software cloud alle aziende quindi B2B come noi. Loro hanno la tesi che in ogni paese ci sarà un'azienda che riuscirà ad essere il campione di quel paese specifico, perché credono che integrare e unificare, mettere a sistema le cose sia al contrario molto controproducente perché va a snaturare le cose che hanno funzionato bene, che stanno funzionando bene e che in generale l'imprenditore localmente sta facendo con successo. Ecco quindi che con loro quando ci siamo seduti al tavolo ci hanno detto guardate, noi vogliamo investire. Il ragionamento che hanno fatto esattamente come quello di un fondo di venture capital solo che loro subentrano in una fase dove diciamo i numeri del business devono essere più grandi devono essere più importanti di conseguenza se vuoi hanno fatto un percorso di di diligence di approfondimento più approfondito rispetto a quello che fanno solitamente e di fatto hanno deciso di investire in fisco dicendo noi crediamo che voi. State facendo quello che state facendo nel migliore dei modi. Anzi, pensiamo che in Italia siete i più bravi a fare questa cosa e di conseguenza noi vediamo.
Enrico Mattiazzi (00:56:50) - Facciamo questo investimento, facciamo uscire i vostri investitori finanziari così sono felici, hanno un ritorno di sull'investimento che hanno fatto e noi vi accompagniamo nei prossimi fasi della vostra crescita, facendoci fare quello che avete sempre fatto, sostenendoli nelle iniziative e nei progetti nuovi che avete in mente di fare per fare quello che state facendo. Quindi, se vuoi è stato proprio no. Il timbro che, perlomeno nel nostro settore, nel nostro business che è quello del software per le imprese, che quindi ha delle specificità locali da considerare sia l'approccio giusto tant'è che loro sono presenti praticamente in tutti i Paesi europei mancava solo l'Italia che hanno aperto con investimenti in queste zone quindi a maggior ragione ci siamo guardati e abbiam detto che l'avevamo indovinata questa no non era soltanto il nostro credo ma c'era qualcun altro che ci fa un'azione. È facile avere le tesi no? Poi un altro film è l'azione che segue la tesi loro hanno fatto l'investimento e quindi oserei dire che un punto esclamativo importante e quale.
Camilla Scassellati Sforzolini (00:57:49) - Pensi che sia invece la prossima grande sfida che dovrai affrontare come Ceo di fiscozen.
Enrico Mattiazzi (00:57:54) - Allora. Scalare la cultura internamente all'azienda come dicevi tu prima no è un'azienda che cresce rapidamente con un team che cresce rapidamente è una piccola tribù dove ognuno ognuno quando arriva porta un pezzettino della propria cultura dei propri modi di fare delle proprie cose e noi adesso siamo 200 ed è una ed inizia ad essere un una tribù che è quasi un villaggio intero no un po più grande si sta ingrandendo. La mia sfida personale è quella di riuscire a mantenere lo spirito e il modo di lavorare secondo dei principi e non secondo delle regole, nonostante il numero di persone coinvolte sia diventato grande. In generale, noi combattiamo la burocrazia ogni giorno per i nostri clienti. Lungi da me voler mettere burocrazia all'interno dell'azienda. Al contrario, pochi principi chiari che guidano tutte le decisioni. Sai scalare con un team così grande questo tipo di modo di lavorare, se vuoi, è un'innovazione culturale forse più grande dell'innovazione di prodotto che in realtà stiamo facendo con la nostra tecnologia. E quindi sai questo, questo disegno e questa sfida è un po quella che mi prenderà la maggior parte del tempo, credo, per i prossimi anni.
Enrico Mattiazzi (00:59:06) - Non penso di metterci qualche mese, i prossimi anni.
Camilla Scassellati Sforzolini (00:59:08) - Sì, nelle scale up sentiamo spesso che è la sfida più grande Dopo, dopo le lotte iniziali per sopravvivere. Quando uno inizia a crescere, cambiano anche i tipi di sfide che uno ha. E questo è forse il periodo più difficile tra l'essere una start up e una scale up, poi una diciamo quando poi uno graduate essere una corporate c'è tanta questa è una sfida una delle sfide più importanti e invece hai un motto nella vita qualcosa che ti ricordi quando ti svegli la mattina e vai a lavorare.
Enrico Mattiazzi (00:59:39) - Penso lo rubo a uno dei miei idoli personali che è casinista ed è Do More. Fai di più perché mi rendo conto che di nuovo, nel momento in cui crei un team così grande, crei un'azienda che ormai è punto di riferimento di tantissimi clienti. Ti viene un pochino di di di di di paura di fare cose scomode di fare magari delle azioni o dire delle cose che possono creare tensione e questo ti rallenta perché ovviamente tirare tutti a bordo e avere sempre tutti quanti sulla stessa pagina costa tempo costa un sacco di conversazioni.
Enrico Mattiazzi (01:00:20) - Se devo dirti una cosa che penso al mattino quando mi sveglio è oggi devo fare un sacco di cose devo devo fare di più e quindi probabilmente questo è quello, è un po la cosa che però magari potrei essere più creativo. Però se devo essere onesto fino in fondo e il mio cruccio e la mia urgenza, il mio senso di urgenza derivano da questa cosa qua.
Camilla Scassellati Sforzolini (01:00:38) - Siamo arrivati all'ultima domanda che è sempre la stessa e quindi ti vogliamo chiedere in che modo pensi che la tua italianità ti abbia aiutato nel tuo percorso imprenditoriale?
Enrico Mattiazzi (01:00:47) - E anche vedendo gli altri, ascoltando gli altri podcast o vedendo un po gli spezzoni delle interviste che fate, me l'ero già chiesto. Credo che nel nostro caso specifico sia vedere un'opportunità dove gli altri vedono una rottura di scatole e nello specifico quando si parla di burocrazia. Probabilmente un norvegese si sarebbe riferimento casuale ci sarebbe seduto a fare i compiti in ordine dicendo beh, hanno detto di fare così e invece quello che stiamo provando di fare provando a fare noi è fare tutto quanto in ordine, ma in un modo diverso da come viene fatto oggi.
Enrico Mattiazzi (01:01:27) - E quindi credo che questo piglio questo pizzico di pazzia se vuoi nel nel mettere in discussione lo status quo in una cosa come la burocrazia sia un po la sicurezza che che da italiano che stiamo mettendo in questo tipo di di.
Camilla Scassellati Sforzolini (01:01:43) - E anche forse questo è meno italiano. Passare, fare il passaggio da lamentarsi ad un something bored? No, perché siamo tutti bravi a fare la burocrazia in Italia fa schifo. Però poi nessuno. Appunto. Bello vedere che ci sono delle persone che da quella lamentela stanno cercando di trarne un'opportunità.
Enrico Mattiazzi (01:02:00) - Guarda, tutta la nostra narrativa è legata a liberare il talento delle persone che c'è in Italia da questo fardello. In generale, se tu vuoi fare una cosa, se tu vuoi dedicarti ad un progetto come ad un podcast. Il nostro sogno è riuscire ad essere il partner che ti toglie tutta questa zavorra di torno e ti dà il boost per dire ok, lo posso fare.
Camilla Scassellati Sforzolini (01:02:23) - io l'ho già trovata e si chiama Inès.
Inés Makula (01:02:27) - guarda sei fortunata che la nostra azienda è basata in UK perché se no mi sarei licenziata da questo ruolo.
Inés Makula (01:02:34) - Admin però devo dire che facendo, facendo, gestendo comunque chiaramente l'admin della nostra azienda podcast che è registrata in UK e aiutando mia sorella con invece l'azienda la S.r.l. italiana ogni quotidianamente vi faccio con il nostro bellissimo contabile inglese che ci con cui parliamo una volta al mese però diciamo che gestire l'azienda è molto più snello e semplice tutto tutto si capisce cioè ci capiamo arrivano le mail della commercialista italiana che io dico ma io non capisco quello che mi sta chiedendo cioè non riesco a capire cosa vuole perché è veramente un delirio quindi ci servono assolutamente persone e aziende come.
Camilla Scassellati Sforzolini (01:03:24) - Va bene Grazie mille Enrico, è stato divertente scoprire la tua storia, chiacchierare con te, quindi speriamo che sia d'ispirazione per molti.
Enrico Mattiazzi (01:03:34) - Grazie a voi.
Inés Makula (01:03:38) - Questo episodio è stato sponsorizzato dall'agenzia che aiuta le aziende a muoversi nel complesso mondo dei marketplace e in particolare su Amazon. Per le aziende gestire la propria reputazione e credibilità in questo mondo si fa quindi sempre più importante.
Camilla Scassellati Sforzolini (01:03:52) - Da qui nasce l'idea di Turnover, di andare a supportare i venditori in questa nuova frontiera di gestione del business.
Camilla Scassellati Sforzolini (01:03:57) - Turnover risponde al meglio a questa esigenza e lo sta dimostrando con i risultati raggiunti dai suoi clienti.
Inés Makula (01:04:08) - Grazie mille di averci ascoltato. Mi raccomando non dimenticate di iscrivervi al nostro podcast ovunque ci ascoltiate per non perdere nessuna puntata. Se ci volete dare una mano a crescere, lasciateci cinque stelle su Spotify o scriveteci una recensione su Apple Podcast. Ci mettete davvero pochissimi secondi, ma è un prezioso aiuto per far scoprire il podcast a noi ascoltatori e continuate a condividere mail con tutte le persone che conoscete.
Camilla Scassellati Sforzolini (01:04:28) - Vi potete seguire su Instagram a MadeIT Podcast o su LinkedIn cercando MadeIT podcast dove condividiamo tanti contenuti esclusivi. Quindi andateci a seguire. Vogliamo ringraziare Mirko Marcattili, il nostro sound editor, Mattia Cittadino, per il suo aiuto nella creazione dei contenuti social e GRS Entertainment per aver composto le nostre musiche.